Giuseppe Ravetti (Beppe per gli amici), classe 1977, è sposato con Simona e vive a Castellazzo Bormida. Dopo 15 anni di lavoro in fabbrica ha lasciato una strada sicura e si è letteralmente reinventato la vita. Si è licenziato, ha studiato da Operatore Socio Sanitario e si è messo a inseguire il sogno, coltivato da sempre, di fare qualcosa di utile e positivo per gli altri. La sua fantasia e il suo spirito di intraprendenza lo hanno portato a creare forme innovative ed efficaci di aiuto ai disabili. E pare che molto altro stia bollendo in pentola… Buona lettura!
1) Beppe, dicci qualcosa di te… dove lavori attualmente?
Lavoro al Centro Diurno “Lo Zainetto” di Ovada, un luogo molto stimolante dove mi sono venute in mente alcune idee un po’ fuori dagli schemi. Nel 2006, per esempio, mi è venuta l’idea di un programma radiofonico fatto da e per ragazzi disabili. Ho proposto il progetto ai servizi sociali e all’Asl… all’inizio c’è stata qualche perplessità, ma alla fine la cosa è stata fatta alla Radio San Paolo di Castellazzo Bormida. Ed è letteralmente esplosa.
2) Che cosa è successo?
Nessuno si aspettava che i ragazzi disabili coinvolti nel progetto fossero così entusiasti e partecipi. E’ venuta fuori la loro personalità, insieme alla consapevolezza di poter fare (ed esprimere) cose impensabili. Nel 2007 siamo stati invitati a Roma dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, proprio grazie a questo progetto. E nel 2008 siamo andati anche da papa Benedetto XVI.
3) Dopo questa esperienza hai fondato Andeira. Di che cosa si tratta?
Esatto… nel 2010 ho fondato Andeira, una associazione con sede a Castellazzo che raccoglie ragazzi disabili da diverse parti della nostra provincia. Ho trovato dodici persone del mio settore disposte a seguirmi, e così siamo partiti. Il gruppo si è ampliato in questi anni, e adesso siamo una quarantina. Realizziamo un giornale mensile, sia online che cartaceo, in cui i ragazzi scrivono articoli su diversi argomenti di loro interesse. Alcuni pezzi, te lo confesso, sono veramente impressionanti…
4) A luglio hai messo in piedi addirittura un campus calcistico per ragazzi disabili. Come ti è venuto in mente?
L’anno scorso ho realizzato un sogno, ho preso con molta testardaggine il patentino da allenatore Uefa B. Allora ho proposto all’Associazione Italiana Allenatori Calcio (AIAC) della nostra provincia il progetto del campus per disabili, e a loro l’idea è piaciuta molto. C’era però il problema dei costi… poi un giorno, a Coverciano, ho incontrato casualmente il vice presidente nazionale dell’AIAC, Luca Perdomi, che si è entusiasmato per il progetto. Da lì si è aperta una porta, e le cose sono andate avanti… Una grossa mano dal punto di vista organizzativo me l’ha data anche il mister Giancarlo Camolese. Alla fine l’Associazione Allenatori mi ha sostenuto in tutto e per tutto, anche economicamente.
5) Ultima domanda. Che cosa ti spinge a fare quello che fai?
Sai una cosa? Sinceramente non lo so. Posso dirti che il desiderio di essere utile agli altri è sempre stato nella mia indole. Ogni giorno mi vengono in mente idee nuove, per aiutare chi non è stato fortunato come me. Vedi, i ragazzi disabili danno il massimo in tutto quello che fanno. Credo che anche noi “normodotati” dovremmo fare come loro: dare il massimo, e avere coraggio. Il resto viene da sè.