“Ha letto l’ultimo articolo di Giuseppe De Rita sul Corriere della Sera? Un’analisi severa sulla situazione del Paese, che in larga parte condivido. Oggi agli italiani, soprattutto ai più giovani, manca completamente la dimensione della speranza in un domani migliore. E temo che per non pochi di loro nei prossimi mesi la mancanza di speranza possa trasformarsi in disperazione”. Se a parlare così non è un uomo qualunque, ma Nerio Nesi, banchiere (e uomo politico: due volte parlamentare, e ministro dei Lavori Pubblici dal 2000 al 2001, nel governo Amato) tra i più lucidi che questo Paese abbia avuto, certamente vale la pena ‘alzare le antenne’, e capire meglio quali sono i fondamenti della sua analisi. Nerio Nesi ha un curriculum vitae di eccellenza, e appartiene a quella generazione di ‘ragazzi della guerra e del dopoguerra’ (è nato nel 1925), che hanno ricostruito l’Italia, nell’epoca in cui la speranza di migliorare era pressoché infinita, e generalizzata, e un giovane intelligente e di origini proletarie come Nesi poteva, a 32 anni, essere scelto da Adriano Olivetti come direttore finanziario di un gruppo industriale con 25 mila dipendenti. E da lì cominciare una carriera che non si è più fermata. Lo abbiamo incontrato negli uffici della Fondazione Pittatore, di cui è presidente da pochi mesi, per parlare di un’Italia in cui un 32enne laureato (non necessariamente eccellente però, va detto) è quasi sempre disoccupato o precario, demotivato e scoraggiato.
Presidente Nesi, cosa la spaventa di più dell’Italia di oggi?
Le dico quel che mi rattrista: ed è percepire che, a quanto dicono le statistiche, ma anche il sentire comune, molti giovani neanche provano più a cercare un lavoro adeguato alle loro competenze, tanto sono demotivati e privi di speranza. E questo è terribile….
In tanti, soprattutto nell’Italia che conta, sembrano scommettere su Renzi come ultima spiaggia. Sarà l’attuale premier a guidarci fuori dal guado, verso la terra promessa?
(sorride, ndr) Io sono iscritto al Pd, ma non sono renziano, non lo sono mai stato. Alle primarie ho votato Cuperlo, persona culturalmente solida e affascinante. Per certi versi mi ricorda due grandi figure della sinistra, come Riccardo Lombardi e Antonio Giolitti. Ma Cuperlo non è un leader popolare, Renzi sì. E, sia chiaro, gli auguro naturalmente di avere successo, per il bene dell’Italia. Ma spero che la smetta di denigrare e insultare i suoi avversari interni: non lo faceva neanche Craxi…che era Craxi!
Ma le tante riforme annunciate da Renzi la convincono o no?
Poco. Trovo che ci sia molta demagogia nell’insistere solo sull’aspetto dei costi, senza chiedersi invece a cosa serve un’istituzione o un ente, e come farli funzionare meglio. Insomma: sostenere che chi ha un’idea diversa da lui sul Senato lo fa solo per garantirsi una rendita personale è svilente, e falso. Conosco diversi dei senatori che si oppongono al progetto di Renzi: non sono persone che hanno mai ragionato così, e neppure ne hanno bisogno. Mi faccia essere paradossale: anche la Camera dei deputati ha un costo, e rilevante. Non è che prima o poi aboliamo anche quella?
Qual è allora la strada per far ripartire il Paese?
La riduzione degli sprechi, e la messa a punto di una macchina pubblica più efficiente e produttiva sono elementi sacrosanti, anche se appunto sulle modalità che si stanno seguendo ho forti perplessità. Ma l’altra leva fondamentale è la lotta non solo all’evasione, ma all’elusione fiscale completa: e si parla secondo le statistiche di qualcosa come 300 miliardi di euro l’anno. Finché non interverremo seriamente lì, non cambierà nulla.
Nel suo percorso di vita, presidente Nesi, esperienze come manager d’impresa e politica si sono più volte intrecciate: quali sono state le figure per lei determinanti, nei due settori?
Nel mondo del lavoro, e d’impresa, sicuramente Adriano Olivetti, che mi scelse per affidarmi, poco più che trentenne, un ruolo di enorme responsabilità, che poi mi aprì altre porte. In politica non posso che citare Riccardo Lombardi (nella foto): fu per me un padre, un vero punto di riferimento. Ed io per lui come un figlio. Quando andavo a trovarlo nella sua casa a Roma, arrivando dai grandi saloni delle banche dove lavoravo, mi colpiva l’essenzialità di Lombardi, la sua capacità di vivere in maniera comune, lontano da ogni tentazione, da qualsiasi lusso.
Lei è stato per 11 anni presidente della Bnl, all’epoca la più grande banca del Paese. Oggi, lo sa bene, le banche vengono spesso indicate come il nemico pubblico numero 1 del popolo, dei risparmiatori, delle imprese. Cos’è successo, perché siamo arrivati a questo punto?
Su questo punto è la politica a dover recitare il mea culpa. Chi ha voluto che il sistema bancario diventasse completamente privato, e quindi finalizzato al solo utile e profitto, dovrebbe sentirsi responsabile della situazione attuale. Personalmente, quando ero in Parlamento, ho segnalato più volte i rischi legati a questa situazione: e penso anche al sistema assicurativo, dove ci troviamo nella situazione assurda, e a mio avviso anticostituzionale, di obblighi assicurativi imposta per legge, ma con soggetti privati che stabiliscono il prezzo. Ebbene, all’epoca mi davano del ‘passatista’, ed eccoci qui. Oggi indietro non si torna, nel senso che pensare di riportare grandi banche sotto il controllo pubblico è impossibile. Però la politica deve saper riconquistare un ruolo di indirizzo strategico, in collaborazione con la Banca d’Italia e in stretta sinergia con la Banca Centrale Europea.
Parliamo di casa nostra on. Nesi: la Fondazione Pittatore, che lei presiede, ha presentato pochi giorni fa un progetto ‘ponte’ tra le imprese e i giovani ‘talenti’ del territorio. Ma cosa serve davvero per invertire la tendenza, all’alessandrino come al Piemonte?
L’iniziativa a cui lei fa riferimento è un progetto piccolo, ma importante: se davvero riusciremo a dare una possibilità a 10 laureati o laureandi capaci e con voglia di fare, avremo raggiunto un traguardo di cui essere orgogliosi. Nelle scorse settimane ne ho anche parlato con Chiamparino, e con l’assessore regionale al Lavoro Pentenero, e l’idea è quella di declinare il progetto anche in altre province e territori, naturalmente col sostegno di altre Fondazioni bancarie o private. Chiunque, oggi, ricopra ruoli istituzionali o sociali di un certo tipo ha il dovere di fare fino in fondo la propria parte.
Ma lei che legame ha con l’alessandrino, e con il Piemonte?
Con Gianfranco Pittatore avevo un rapporto di amicizia vera, e per questo ho accettato con piacere la presidenza della Fondazione a lui intitolata. Il Piemonte poi è casa mia, da tanti anni. Ed è anche la regione che ha dato al Paese statisti del peso di Cavour, Giolitti ed Einaudi, non scordiamocelo mai. Anche se la mia Emilia, naturalmente, è la patria di Giuseppe Verdi…
Ettore Grassano