“Nostro padre non ha avuto in sorte il figlio maschio che forse avrebbe voluto, ma credo che l’azienda sia comunque finita in buone mani: e con eredi che garantiscono in prospettiva un’ottima successione”. Michela Marenco gestisce, con il marito Giovanni Costa e le sorelle Doretta e Patrizia, la cantina di famiglia a Strevi Alto, borgo di grande bellezza nel cuore del Monferrato acquese. E il suo racconto trasmette amore vigoroso e autentico per le vigne e il vino, ‘ambasciatore’ e lievito per tutto il territorio.
Signora Marenco, la vostra è una storia più che secolare ormai. Ma l’entusiasmo sembra intatto…
L’entusiasmo è totale, perché crediamo in quel che facciamo. La nostra storia nel mondo del vino comincia ai primi del Novecento, con le prime vigne impiantate da nostro nonno. Poi nostro padre ha fatto crescere l’azienda, e l’ha certamente professionalizzata. Le mie sorelle ed io siamo ‘donne del vino’, nei fatti: la Marenco fa parte del Movimento Turismo del Vino, e personalmente ho presieduto l’Enoteca Regionale di Acqui Terme. E sono fermamente convinta che questa parte del Monferrato sia splendida, e produca vini di vera eccellenza. Con ampi spazi di crescita: dipende da tutti noi, dalla visione che riusciremo a sviluppare, e da quanto sapremo essere ambiziosi.
Le vostre ‘punte di diamante’ sono certamente il Moscato e il Brachetto: vini che possono ambire a mercati anche internazionali?
Assolutamente sì: sono vini unici, straordinari. Aggiungerei anche l’Albarossa, che potrà dare enormi soddisfazioni. Ma insisto sul concetto di turismo enologico, e anche enogastronomico. Spesso ospitiamo turisti stranieri: tedeschi, inglesi, russi, cinesi, americani. Tutti rimangono meravigliati, si innamorano del nostro vino, delle colline, dell’accoglienza. E, naturalmente, dipende anche dalla qualità di chi si riesce a coinvolgere: non molto tempo fa, abbiamo ricevuto la visita dei rappresentanti delle maggiori aziende francesi produttrici di Champagne: che in Italia hanno fatto pochissime tappe. Una è stata la Casa Vinicola Marenco!
Il Marengo d’Oro quest’anno lo avete vinto con un Moscato denominato Scrapona: è un termine dialettale?
Scrapona è il nome di uno dei nostri migliori vigneti, in Valle Bagnario qui a Strevi: e scrapare nel nostro dialetto significa arrampicarsi. Quindi il nome sta a significare un terreno impervio, faticoso, e in questo caso anche straordinariamente qualitativo. Da cui ricaviamo anche il nostro famoso Strevi Passito. Mi fa piacere sottolineare un altro aspetto, che è la naturalità: noi non siamo azienda a marchio biologico, ma per nostra scelta in questi anni ci siamo sempre più accostati a modalità naturali di produzione, a partire dai campi, dalle vigne. La sostenibilità è parte integrante della nostra cultura da sempre.
Quanto è grande la vostra tenuta, complessivamente, e quante bottiglie producete?
Siamo intorno ai 100 ettari complessivi, di cui 80-85 in costante produzione: fra questi 37 ettari a Moscato, 13 a Brachetto, e poi una trentina tra Barbera e Dolcetto, ma anche Albarossa e altri vini. La produzione attuale è di circa 350 mila bottiglie, di cui il 60% finiscono all’estero. I nostri mercati sono Stati Uniti, Giappone, Canada, e naturalmente l’intera Europa: ma ultimamente stiamo guardando con crescente interesse, e con una serie di contatti che si stanno concretizzando, ai mercati asiatici, che hanno potenzialità notevoli. Penso alla Cina, ma non solo. Abbiamo la fortuna di vivere in un territorio meraviglioso, e alla Marenco tutti ne siamo consapevoli. Il nostro amore per la terra e per la vite, la convinzione che solo dalla terra si possono ottenere grandi vini ci spinge alla continua ricerca dell’eccellenza.