Ha un ‘piglio’ energico e dinamico, che ne tradisce subito le radici milanesi. E anche una ‘prima vita’, come giocatrice di basket professionista, che meriterebbe da sola un’intervista approfondita.
Ma Alice Pedrazzi la incontriamo nella sua veste di neo direttore dell’Ascom di Alessandria, dove peraltro lavora dal 2005 a stretto contatto con il presidente dell’Associazione Commercianti, Luigi Boano, e con il direttore ‘storico’ Roberto Cava. Ed è stato proprio Cava (che durante la nostra chiacchierata fa una piacevole comparsa nella stanza, con un divertente aneddoto sui titoli dei giornali, spesso involontariamente imbarazzanti) a ‘passare il testimone’ ad Alice Pedrazzi, pur conservando la presidenza di Ascomfidi, settore sicuramente strategico, soprattutto di questi tempi.
Con il nuovo direttore proviamo allora a fare il punto sulla situazione certamente delicata del commercio, alessandrino e non. E a capire se e come oggi un’associazione come Ascom può affiancare i suoi associati, e aiutarli a progettare un futuro che, questo è certo, richiederà nuovi strumenti, una diversa visione e capacità di adattamento continuo da parte dei commercianti.
Dottoressa Pedrazzi, ad Alessandria la conoscono in tanti, commercianti e non, anche per i suoi trascorsi sportivi di eccellenza. Ne parleremo nel dettaglio magari un’altra volta: ci dica solo però se è grazie al basket che una milanese doc come lei ha messo radici ad Alessandria….
Assolutamente sì, è andata proprio così: era il 2002, e arrivai ad Alessandria da La Spezia, dove avevo giocato tre campionati molto intensi. Fui ingaggiata dalla Copra, con progetti ambiziosi: e qui ho messo radici, anche extrasportive. mio marito (che è anche l’attuale sindaco di Cuccaro Monferrato, ndr) ha in realtà pure lui trascorsi da giocatore di basket, mentre i nostri bambini, che hanno 6 e 9 anni, per ora preferiscono il calcio: ma sono piccoli, non dispero di farli rinsavire!
In Ascom lei approdò nel 2005-2006, alla fine della sua carriera sportiva professionistica, e per anni si è occupata della comunicazione dell’Associazione, affiancando però il presidente Boano e il direttore Cava anche su una serie di problematiche gestionali. Oggi un direttore donna e giovane alla guida dell’Associazione del commercio assume un significato anche simbolico?
(sorride, ndr) Eviterei qualsiasi enfasi di genere, francamente. Così come vorrei fosse chiaro che il rinnovamento in Ascom è cominciato da diversi anni, grazie alla guida lungimirante di Boano e Cava: e non sono parole di circostanza. Però in questo nuovo ruolo ci metterò entusiasmo ed energia, questo è certo: perché sono una persona che ama l’innovazione, e che crede che il commercio abbia un grande futuro. Naturalmente a certe condizioni.
Quali?
Primo, guardare sempre avanti e mai indietro. Quella che abbiamo vissuto in questi anni non è una crisi, ossia uno stato di emergenza, a cui seguirà un ritorno al passato. Questo vale per il commercio, come per tanti altri comparti, e per la società in generale. I commercianti, in particolare, devono sapere interpretare il nuovo tempo, la nuova realtà, come hanno sempre fatto. Poi, certo, il commercio non è un monolite, e che ci sono anche storie anagrafiche e aziendali di cui tener conto. Qui noi di Ascom dobbiamo essere davvero bravi.
Come intendete fare per stare davvero al fianco dei commercianti? E chi sono i vostri associati?
Abbiamo a livello provinciale fra i 4 e i 5 mila associati, e siamo presenti capillarmente in tutti i centri zona, anche se la sede centrale è questa di Alessandria. I nostri associati sono quanto di più eterogeneo il panorama del commercio possa offrire: sia sul piano dimensionale, che di categorie merceologiche, che a livello anagrafico. Per cui certamente, al di là del supporto tecnico legislativo e normativo che pure è essenziale, ci sono poi esigenze che variano da caso a caso, e che vanno intercettate, e soddisfatte.
Il commerciante tradizionale che rapporto ha con le nuove tecnologie, e in termini più estesi con l’innovazione?
Il commercio ha l’innovazione nel suo dna, perché deve intercettare le esigenze del consumatore, che evolvono per tanti fattori socio economici che non dipendono da noi. Per questo bisogna saper giocare d’anticipo, e non in difesa, arroccandoci solo in difesa del passato. Anche al commerciante più tradizionale, e magari non giovane, noi dobbiamo far capire, ad esempio, l’importanza del web, e dei socialnetwork: non solo in termini di vendita di prodotti e servizi (e attenzione: l’e-commerce è uno dei pochissimi indicatori con il segno +), ma anche di immagine, di brand reputation. E, dall’autunno, lo faremo in modo anche più deciso e strutturato.
Continueranno i Business Happy Hour organizzati dal vostro Gruppo Giovani, guidato da Fabio Bianchi?
Assolutamente sì, gli incontri anche informali, sia con chi è già associato, sia con chi si sta avvicinando ora professionalmente al mondo del commercio sono occasioni importanti di confronto, e di scambio di idee. Quel che constatiamo costantemente è che persone, per lo più giovani naturalmente, con progetti innovativi e che hanno delle potenzialità ne emergono continuamente. Il compito di una realtà come Ascom è fornire tutta la consulenza e il supporto perché questi progetti possano diventare realtà concrete, reggere e crescere sul mercato. Al di là della tradizione famigliare, non esistono in realtà scuole o corsi di studio per diventare commercianti: è un’attività che si impara sul campo, ed è assolutamente necessario muoversi con accortezza su tanti fronti, perché un’intuizione felice possa trasformarsi in un’attività economica redditizia, senza incappare in una serie di errori di percorso.
C’è naturalmente per chi comincia, ma non solo, il problema serio dell’accesso al credito…
Attraverso Ascomfidi, presieduto da Roberto Cava, cerchiamo di fare la nostra parte, e di agevolare il più possibile il percorso di chi, naturalmente, ha anche bisogno di risorse finanziarie per cominciare, o per innovare. Ma il problema vero non sono mai i soldi da investire: quel che più conta è dare alla propria attività un’identità forte, e prodotti/servizi che la clientela deve percepire come davvero qualitative.
Ad Alessandria, dottoressa Pedrazzi, il commercio sembra vivere una stagione ancora più infelice rispetto ad altre zone della provincia: le iniziative messe in pista dal Comune, dalla Primavera Alessandrina alla Sera in Blu di queste ore, servono a qualcosa?
Certo che servono, è la direzione giusta. La Sera in Blu, in particolare, è l’esempio di come si può sfruttare un evento socio-professionale (che tra l’altro si ripete più volte nel corso dell’anno) come il giuramento degli allievi della Scuola di Polizia, che porta in città e nei dintorni migliaia di persone, sia per fare business in maniera diretta, sia per promuovere l’immagine della città e del territorio: che elementi ‘attrattivi’ ne hanno davvero tanti, si tratta di saperli valorizzare al meglio.
Sul dibattito, anche recente, in merito alle chiusure domenicali, e festive in genere, la vostra posizione è apparsa meno radicale di altre….
Non è così: noi abbiamo semplicemente sottolineato che le battaglie contro i mulini a vento non portano da nessuna parte, e possono anzi essere controproducenti. Mi spiego meglio: pensare che oggi si possa tornare ad una realtà in cui tutte le attività commerciali sono chiuse la domenica è anacronistico. Ben venga invece il progetto per alcune chiusure definite in maniera chiara, e con regole che valgono per tutti: il problema è, sia nel caso delle chiusure che in quello delle aperture per eventi festivi e iniziative promozionali, fare in modo che ci siano regole certe, a cui tutti si attengono.
E gli Outlet? E’ giusto che godano di una sorta di immunità, e che possano fare sostanzialmente tutto ciò che vogliono? Qualcuno ci ha segnalato di recente che esiste in Piemonte una normativa regionale sul comparto, in vigore dal dicembre 2012: assai rigorosa e precisa in verità, ma anche applicata da pochi, senza che nessuno si scandalizzi, o prenda provvedimenti……
Le leggi vanno applicate, e fino in fondo. Il problema spesso è semmai stabilire a chi si applicano, e se esiste un conflitto tra norme regionale e norme nazionali. E’ un ginepraio, ma questo naturalmente non significa che gli Outlet non debbano sottostare alle normative di legge, anzi. Però io rimango convinta che, in tutti i comparti del commercio, la differenza la deve fare il commerciante stesso, con la qualità della sua proposta, l’attenzione al cliente e alle sue esigenze, i servizi personalizzati. E’ questa la strada da seguire per il commercio dei prossimi anni, a casa nostra come altrove.
Ettore Grassano