Riforma Camere di Commercio: ma chi è d’accordo con Renzi? [Controvento]

Camera di Commercio Alessandriadi Ettore Grassano

C’era una vasta rappresentanza della classe politica del nostro territorio, venerdì in Camera di Commercio ad Alessandria a confrontarsi con i vertici dell’Ente (dal presidente Gian Paolo Coscia, al segretario generale Roberto Livraghi, ad altri rappresentanti di giunta tra cui il vice presidente Adelio Ferrari e il responsabile agricoltura Carlo Ricagni) sulle intenzioni del governo Renzi, e in particolare sull’iter e i contenuti del procedimento legislativo (decreto legge 24 giugno 2014, n. 90) che prevede, dal 2015, la riduzione del 50% del diritto annuale a carico delle imprese.

E si è parlato anche del futuro organizzativo delle Camere, e di un probabile processo di aggregazione inter-provinciale. Ma il piatto è ricco, andiamo con ordine.

Chi c’era, prima di tutto. Fra i parlamentari romani mancavano solo Manuela Repetti (Forza Italia) e Renato Balduzzi, peraltro presidente della Commissione che, alla Camera, si sta occupando del provvedimento: Ma l’ex ministro alessandrino (Scelta Civica, per ora: si dice presto anche lui Pd) ha mandato una lettera, in cui in sostanza si dichiara consapevole del ruolo strategico delle Camere di Commercio sul territorio e, ci è parso di poter desumere, assai perplesso sul loro drastico indebolimento.

Perplessità/contrarietà espressa, pur con una varietà di toni e controproposte, anche dai parlamentari alessandrini del Pd presenti all’incontro: i senatori Daniele Borioli e Federico Fornaro, e la deputata Cristina Bargero. Nonché dall’onorevole Fabio Lavagno, ex Sel, oggi Led-Gruppo Misto (gli osservatori dicono presto anche lui Pd). C’erano poi Tiziana Beghin (europarlamentare 5 Stelle) e i consiglieri regionali Pd Domenico Ravetti e Walter Ottria.

Quel che è emerso, dalla parole dei diversi esponenti della Camera di Commercio, è stato un accorato grido di dolore. Perchè, il presidente Coscia lo ha detto chiaramente, un taglio ‘draconiano’ e immediato del 50% degli introiti significherebbe che, dal prossimo anno, le Camere di Commercio dovrebbero chiudere in  maniera pressochè totale i rubinetti della promozione del territorio (e con Expo 2015 in arrivo: che tempismo, mister Renzi!), e degli aiuti alle imprese sul fronte export e formazione. In sostanza, avrebbero soltanto più le risorse per l’ordinaria gestione burocratica dell’ente, e per pagare gli stipendi.

Considerato che, da più parti, ci segnalano che ad Alessandria proprio la CameraRenzi Padoan sembra aver assunto da alcuni mesi (sul campo, sia pur senza investimenti ufficiali) quel ruolo di “cabina di regia del territorio” di cui si sente assolutamente la mancanza, dopo diversi anni di anarchia/atarassia/rassegnazione, ecco che la mannaia del Governo potrebbe tarpare le ali sul nascere a qualsiasi progettualità.

Ascoltando con silenziosa attenzione tutto il dipanarsi dell’incontro, ci siamo appuntati alcune riflessioni ‘a caldo’ che volentieri condividiamo, sperando possano aprire un piccolo spazio di riflessione.

1) di che partito è Renzi, o meglio quanto i parlamentari del Partito Democratico contano nelle decisioni del Premier? Non stiamo cascando in un regime peronista nel timore del quale, fino a pochi anni con il Berlusca, molti di noi erano pronti ad indossare corazza e speroni, mentre ora cincischiano pensando ad altro?
Perchè, davvero, ad ascoltare gli interventi dei parlamentari di centro sinistra presenti in Camera di Commercio pareva che nessuno di loro sia a favore del provvedimento, e quindi al fianco del Premier. Però, appunto, qualcosa non torna. E l’evidente scelta di Renzi di rapportarsi direttamente al popolo (tranne quando ci sarebbe stato da consultarlo per farsi eleggere, veramente…) demolendo i cosiddetti corpi intermedi (associazioni di categoria, sindacati, fino agli stessi partiti, il suo compreso: che diventano marchi con cui presentarsi alle elezioni, e null’altro) può anche sul breve apparire entusiasmante, ma attenti agli effetti perversi. E non ci riferiamo enfaticamente alle Libertà Democratiche, ma più prosaicamente al fatto che, con un altro paio di operazioni fallimentari come la finta abolizione delle Province, questo Paese sarà morto e sepolto. E il becchino non sarà il defenestrato Caimano, ma lo sbarazzino Telemaco.

2) Si sono fatte durante l’incontro in Camera di Commercio diverse ipotesi interessanti e alternative, soprattutto in termini di  auto-riorganizzazione dell’Ente. Quella (comprese le aggregazioni territoriali: ma con Asti, giacchè Cuneo ci ridurrebbe a succursale periferica) ci sembra la strada giusta, stabilendo equi criteri di pagamento dei servizi da parte delle imprese che ne necessitano.

3) E’ emerso tra gli altri un dato interessante: oggi il diritto camerale annuale, ossia la quota che pagano le imprese oscilla tra i 109 e i 1.000 euro, se abbiamo ben compreso. Ebbene, se per alcune micro imprese 100 euro possono sembrare anche troppi (ma è lo stesso balzello, per dire, che 20 mila giornalisti professionisti e 80 mila sventurati pubblicisti pagano al loro inutile ordine professionale: c’è sempre chi sta peggio, insomma), 1.000 euro per alcune grandi imprese, di casa nostra e non, sono cifra risibile: un sostanzioso ritocchino lì ci starebbe anche, no? O le tasse vogliamo farle pagare solo all’odiato piccolo lavoratore autonomo, notoriamente evasore e tendenzialmente destrorso? Lo ricordava mirabilmente ieri il nostro Andrea rivolgendosi all’esimio Gramellini: forse è ora di mettere le mani nelle tasche anche alle multinazionali, alle banche e istituzioni finanziarie e all’elegante e blasonato padronato finto progressista di questo Paese, che dite? E che dice il Pd, renziano o non renziano che sia?