La notizia è esplosa la settimana scorsa, con l’effetto di una bomba, e l’immediata presa di posizione di politici come il segretario del Pd di Alessandria, Massimo Brina, e dei sindaci di Alessandria, Rita Rossa e di Casale Monferrato, Titti Palazzetti. Ma davvero è immaginabile che l’Arpa possa, nel corso del prossimo triennio, ‘smobilitare’ da Alessandria e provincia, lasciando qui soltanto un laboratorio per attività analitiche primarie (ossia i prelievi, o poco più), e concentrando i laboratori veri, ossia quelli per analisi strumentali specialistiche, a Grugliasco e Novara? Alla notizia di questa ‘riorganizzazione interna’ annunciata dai vertici torinesi dell’Agenzia Regionale per l’Ambiente, la levata di scudi è stata pressoché unanime, e l’Rsu interna ha immediatamente diffidato l’Ente dal procedere in questa direzione, denunciando come la decisione non sia stata frutto di un confronto e percorso condiviso, ma del tutto ‘calata dall’alto’.
Non meno dura la reazione sul fronte locale, dove Giuseppina Pavese, direttore vicario di Arpa e responsabile dei laboratori, è perentoria: “Personalmente potrei anche evitare di farmi coinvolgere in prima persona, essendo prossima alla pensione: ma mi sembra una tale follia, una totale insensatezza, che zitta proprio non ci sto: anche perché, parliamoci chiaro, si tratta dell’atto finale di un percorso di impoverimento progressivo dei nostri laboratori, che stiamo subendo da ormai dieci anni”. Eppure i laboratori, non è difficile intuirlo anche per i non addetti ai lavori, dovrebbero essere il cuore e l’anima di un ente tecnico come Arpa, che ha il compito (particolarmente gravoso in una provincia come la nostra, satura di emergenze ambientali di ogni tipo) di monitorare costantemente sulle criticità legate a acqua, aria e suolo, effettuando controlli costanti, e che spesso devono essere effettuati ‘in battuta’, senza minimi tempi morti.
Ma basta buttare un occhio ai dati generali di un organico complessivo assai abbondante e ‘generoso’, per rendersi conto che i laboratori sono nei fatti sempre più marginali: “Su 1.004 dipendenti di Arpa Piemonte – afferma Giuseppina Pavese – i tecnici sono complessivamente 157. Il resto del personale fa carta”. Un’espressione efficace e perentoria, dettata certamente anche dall’amarezza del momento. Ma i numeri sono più che eloquenti, e dovrebbero far riflettere su come, inesorabilmente, tante realtà pubbliche si sono andate strutturando nel tempo: con la finalità primaria di riprodurre se stesse sul fronte burocratico, anziché di svolgere i compiti (in alcuni casi anche essenziali, come è il caso di Arpa) per i quali esistono.
Ma davvero un territorio che ‘urla’ costantemente il proprio disagio ambientale, con casi anche giudiziari clamorosi come l’Eternit di Casale Monferrato, e il processo in corso ad Alessandria relativo ai danni ambientali causati dal polo chimico di Spinetta, potrebbe perdere anche la ‘sentinella’ ambientale pubblica a cui spettano compiti di costante monitoraggio e verifica della qualità di acqua, aria e terreno? “Siamo anche noi in attesa di chiarimenti – aggiunge Giuseppina Pavese – e ci auguriamo che, da parte dei politici alessandrini, a cominciare dai sindaci, ci sia un’azione ferma e compatta, perché davvero questa riorganizzazione che sa di smobilitazione ci metterebbe in condizione di non poter più svolgere il nostro mestiere con tempismo, efficacia e qualità. Senza contare gli effetti collaterali: costi a parte, che non è compito mio analizzare ma neanche mi sembrano elemento irrilevante in termini complessivi, chi garantirebbe la qualità del trasporto dei campioni verso Grugliasco o Novara, e la rapidità di determinati riscontri, in cui davvero a volte sono importanti anche i minuti, e non solo le ore?”. Non manca di evidenziare, il direttore vicario dell’Arpa di Alessandria, che già oggi i laboratori di via Gasparolo e di Spalto Marengo lavorano in condizioni di notevole stress, e con risorse sempre più risicate: “abbiamo complessivamente una ventina di tecnici, tra chimici e biologi, che danno assolutamente il massimo, e spesso in condizioni esasperanti, con strumenti che invecchiano, e dovendo razionare ogni singola provetta. Le faccio un solo esempio: i reagenti, che per noi sono strumento basilare, di uso quotidiano: ad un certo punto ci hanno detto che il nostro budget annuale passava da 20 a 15 mila euro, e che dovevamo arrangiarci. Lo abbiamo fatto, stringendo i denti. Ma quando, poco tempo fa, dalla sede centrale mi hanno chiamata per dirmi che il budget sarebbe passato da 15 a 2 mila euro cosa potevo fare, se non esplodere? E ora salta fuori questa riorganizzazione semplicemente folle, al termine della quale probabilmente buona parte delle persone che oggi lavorano ad Alessandria, nell’ambito del trasferimento d’ufficio entro i 100 chilometri dalla vecchia sede di lavoro, potrebbero essere spedite a Grugliasco o Novara. Oppure ‘snaturate’ nelle propria professionalità, e adibite a semplici prelievi sul campo. E pensare che, in base ad una direttiva del nostro direttore generale di soli pochi mesi, Alessandria sarebbe dovuta diventare il punto di riferimento di tutta la Regione sul fronte delle analisi del suolo”. Da eccellenza regionale a periferia in dismissione, insomma, nel giro di pochi mesi?
La situazione ad oggi è a dir poco incandescente: e se le attività di laboratorio sono il vero ‘motore’ dell’Arpa, il rischio è che ad andare in panne sia non solo l’intera Agenzia, ma l’ambiente di casa nostra con tutte le sue criticità.
Ettore Grassano