di Cristina Antoni
(parte prima)
E’ una bella occasione quella offerta dalla città di Novara al pubblico: poter visitare gratuitamente all’Arengo del Broletto, in pieno centro storico, una gran bella mostra dove spicca oltre ad una superba pala d’altare di Simone Peterzano (l’Annunciazione), riscoperta ed attribuita al maestro di Caravaggio proprio nel percorso di preparazione della mostra, anche un’importantissima opera proprio del grande maestro Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, proveniente da Genova, l’Ecce Homo, che già da sola vale un viaggio a piedi per poterla ammirare.
Ma non è solo questa la grande occasione, soprattutto per il pubblico alessandrino: lungo il percorso della mostra che si dipana tra artisti che nell’ambito della scuola novarese si sono ispirati al Caravaggio, insieme ai dipinti di Antonio d’Enrico detto Tanzio da Varallo si possono ammirare le opere di un pittore alessandrino a dire il vero (purtroppo) non molto conosciuto, sulla cui vita le informazioni sono piuttosto frammentarie: Giuseppe Vermiglio (Alessandria 1585 circa, Asti 1635 circa).
L’influenza del caravaggismo nel territorio novarese costituisce un momento di grande interesse per la cultura figurativa locale del Primo Seicento.
La mostra, promossa dal Ministero per i Beni culturali, la Diocesi di Novara e il Progetto ‘Itinerari d’arte e devozione sulle vie storiche del Novarese’ si intitola Capolavori caraveggeschi a Novara: Pittura di Realtà a Novara e nel suo territorio, ed è dedicata alla memoria di Sir Denis Mahon e all’interesse e agli studi su Caravaggio ed il Seicento cui egli dedicò gran parte della sua vita con passione e generosità.
Vi sono in particolare due interessanti tele del Vermiglio presenti in mostra, ‘San Dionigi’ e ‘Santa Giustina’, dipinte per la chiesa novarese del Monserrato, che sono state riportate all’attenzione da Francesco Gonzales, curatore della mostra.
Il San Dionigi è stato ispirato dalla Scuola dei Battuti e dei Disciplini, detta anche ‘di San Dionigi’, con sede nella Chiesa del Monserrato. Il primo Vescovo di Parigi, martire sotto Diocleziano è ritratto mentre, come da leggenda, dopo la decapitazione, reca il proprio capo da Montmartre alla Basilica appunto di Sant Denis. ‘E’ un’icona astratta e senza tempo, un fantasma amletico’. Il sangue e la testa staccata con i vasi recisi ricordano l’atroce supplizio e la meraviglia del prodigio. La Santa Giustina mostra modi invece affabili e composti da gentildonna con il velo. In questa tela l’evidenza realistica del metodo caravaggesco si fa quasi surreale e sembra perdere gli accenti drammatici. Del Vermiglio vi sono anche Natività e Adorazione dei pastori del 1622, appartenente alla Pinacoteca di Brera, tela monumentale esposta in occasione del Seicento lombardo a Brera – ‘Coronazione di spine’.
Attivo a Roma dal 1604 nell’ambito della corrente luministico-naturalistica del Caravaggio, Giuseppe Vermiglio lavora per i grandi committenti romani (ad esempio Virginio Giustiniani) ed è lui stesso mercante d’arte per conto dell’ambasciatore del Granducato di Toscana. Durante il periodo romano egli si avvicina tantissimo all’opera del Caravaggio. Tra tutte le sue realizzazioni quella di chiara e maggior impronta caravaggesca è ‘L’apparizione di Gesù a San Tommaso’, nella Chiesa di San Tommaso ai Cenci.
Da Roma si sposta a Milano dove inizia una serie di prestigiose commissioni per i Domenicani di Novara e i Canonici Lateranensi di Novara e di Tortona, per i quali esegue opere nella Chiesa di Santa Maria della Passione di Milano. Bellissima qui l’opera dedicata a Santa Monica, la madre di Sant’Agostino, dove la santa indossa l’abito nero delle suore agostiniane Realizza importanti lavori anche per i certosini di Pavia intorno al 1627. Sfuggito alla terribile peste del 1630 ne perdiamo le tracce nell’astigiano intorno al 1635. Le sue opere più legate alla cultura lombarda si trovano a Brera, alla Galleria Sabauda di Torino, nel Duomo di Pavia, nel Duomo di Tortona e nel Museo di Sant’Eustorgio a Milano.
La prossima settimana l’appuntamento sarà, nell’ambito della stessa mostra, con il dipinto di Caravaggio ‘Ecce Homo’ che merita uno spazio specifico, e con i misteri dell’artista maledetto che a più di 400 anni dalla morte continua ad incantarci con le sue meravigliose opere.