“Non ho mai lavorato tanto, e con tanta passione, come in questi ultimi tempi. E quando mi chiedono come sia possibile, dopo cinquant’anni anni di avvocatura, rispondo che probabilmente dipende dal fatto che in realtà, per una lunga parentesi temporale, ho fatto altro: quindi come avvocato sono ancora giovane…”. E noi in realtà incontriamo Claudio Simonelli, ‘principe del foro’ alessandrino che tutti conoscono, proprio per farci raccontare quella lunga parentesi. Ossia il suo lungo e intenso percorso politico che, cominciato ai tempi dell’università con l’Unione Goliardica Italiana (“di cui sono stato anche presidente nazionale per due anni, nel 1959-60”), lo ha poi portato ad una lunga militanza nel Psi, con incarichi importanti in Comune e in Regione, e un rapporto non solo di conoscenza, ma di amicizia con figure come Craxi e Martelli, ma anche al di fuori dal Partito Socialista con l’attuale presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino. L’avvocato Simonelli, grande affabulatore dotato di una memoria di ferro (“e da un po’ di tempo in qua anche di quella puntualità che, confesso, mi è mancata per lunghi decenni: lo sa bene chi partecipava con me alle riunioni politiche anche importanti”), ci guida in una piacevole ‘galoppata’ attraverso alcuni decenni di politica alessandrina, raccontandoci anche qualche aneddoto finora rimasto ‘sottotraccia’.
Avvocato Simonelli, lei socialista lo nacque, o lo è diventato?
Lo sono diventato attraverso un percorso, durato in realtà quasi un decennio, all’interno del Partito Radicale. Non quello di Pannella però, attenzione, ma il suo precursore: ossia un partito di sinistra borghese che, negli anni Cinquanta, tentò per la prima volta, nella allora giovane Repubblica Italiana, di dar voce alla borghesia illuminata e progressista, a cui andava ‘stretto’un Paese compresso tra le due Chiese: quella cattolico-democristiana e quella comunista. Ad Alessandria, mi pare fosse il 1955, partecipai, ed ero un ragazzo di vent’anni, alla fondazione della prima sezione provinciale del Partito Radicale. C’erano figure come l’avvocato Ami e il professor Maranzana, ma anche tanti giovani come me: ricordo Guido Manzone, Carlo Lombardi, Gian Maria Marelli che poi fece pure lui l’avvocato, Aldo Gandolfi che fu poi parlamentare del Partito Repubblicano.
Intanto lei studiava Giurisprudenza…dove?
A Pavia, dopo aver frequentato il liceo classico Plana qui in città. Vivevo al collegio Borromeo, e fu una bella palestra, diciamo prepolitica: ero impegnato attivamente nelle associazioni universitarie di impostazione laica, e sono stato appunto anche presidente dell’Unione Goliardica Italiana (UGI): dove ho conosciuto, tanto per fare qualche nome, figure successivamente di primo piano del mondo politico italiano: Bettino Craxi (che aveva un anno in più di me, faceva già parte del comitato centrale del Psi, e aveva già il piglio del leader, e se vogliamo anche quel piglio aggressivo che poi emerse nei decenni successivi), Achille Occhetto, Giorgio La Malfa, Cicchitto, Signorile e tanti altri.
Insomma, un bel pezzo della classe politica della prima Repubblica: fu allora che da radicale lei divenne socialista?
Non subito: in realtà prima dello scioglimento del Partito Radicale (che poi fu rilanciato da Pannella, ma con un diverso approccio libertario e di attenzione alle battaglie civili) feci in tempo ad entrare, nel 1962, nella direzione nazionale. E prima ancora candidammo due radicali, Landolfi e Lombardi, alle elezioni comunali alessandrine del 1960, nelle liste del Psi. In realtà Ugo La Malfa aveva un progetto: creare una terza forza laica, che aggregasse una serie di forze politiche diciamo minoritarie. Ricordo ancora perfettamente quando, mentre ero militare (ufficiale di aeronautica a Mortara) rientrai ad Alessandria in divisa, appena in tempo per partecipare come oratore ad un comizio al vecchio Teatro Marini. Mi cambiai di corsa nei camerini, indossando abiti civili che mi portò mio fratello. E gli altri relatori erano Pietro Nenni (nella foto) e Amaele Abbiati.
Che fu poi sindaco di Alessandria…
Esatto, ma all’epoca Abbiati (nella foto) era minoranza nel partito, perché il Psi alessandrino era alleato con il Pci, ed erano i comunisti a dettare la linea. Io comunque dopo il militare andai a lavorare a Milano, in una società diretta da Roberto Guiducci, manager di scuola Olivetti: ci occupavamo di studi e consulenze urbanistiche e socio-economiche, e fu lì che ebbi l’opportunità di studiare concetti oggi magari banali,come la programmazione e la pianificazione delle attività di sviluppo territoriale da parte dei comuni.
Fu così che nacquero gli anni del centro sinistra alessandrino, e della programmazione…
Alessandria allora era una città tranquilla ma conservatrice, asfittica, senza slanci, arroccata. Ricordo che la descrissi, nei suoi limiti ma anche in quelle che io ritenevo fossero le potenzialità, in un articolo pubblicato su una rivista che gravitava nell’orbita di Piero Bassetti, all’epoca astro nascente della Dc milanese. E da lì si aprì un salutare dibattito, con Ferrero e Canestri che mi risposero su un’altra rivista. Si consideri che nel 1963 ci fu la scissione del Psi, e alla sua sinistra nacque lo Psiup. Mentre il Partito Socialista, a cui a quel punto aderii, rimase in mano a Nenni.
Lei quando entrò in consiglio comunale?
Nel 1964, quando Abbiati divenne sindaco, mi chiede di fare l’assessore al Bilancio, e ci rimasi fino al 1970: prima con lui, e poi con Magrassi dal 1967, perché Abbiati nel frattempo fu eletto parlamentare. Il progetto, molto ambizioso, era quello di svecchiare Alessandria, di aprirla al futuro, creando le condizioni perché ci fossero nuovi insediamenti industriali. E, in quegli anni, divisi oneri e onori con Luciano Vandone: io ero al Bilancio, che all’epoca era l’assessorato che spendeva…e lui alle Finanze, con il compito di portare nelle casse del comune le risorse necessarie, attraverso le tasse per privati, ma anche per aziende. E fu in quel contesto che portammo ad Alessandria la Michelin, per intenderci……
Fra gli applausi unanimi?
(sorride, ndr) Ma scherza? Fu difficilissimo convincere gli alessandrini che la strada dell’industrializzazione era fondamentale. E a metterci i bastoni tra le ruote c’erano i comunisti, già all’epoca iper conservatori: tutto ciò che era nuovo, e poteva significare perdere il controllo, li spaventava. In più, figuriamoci, l’accordo Psi-Dc li aveva mandati all’opposizione….E non è che gli industriali, d’altra parte, fossero gran che più entusiasti: temevano che nuove fabbriche significassero rottura di certi equilibri, e crescita del costo del lavoro per tutti.
Ma il Pci tornò in giunta dal 1972, con Felice Borgoglio sindaco…
Esatto, ed io nel frattempo, nel 1970, fui eletto consigliere regionale, e lasciai l’assessorato. Anche se naturalmente ho sempre seguito con attenzione la politica comunale, soprattutto in quegli anni: i diversi passaggi sono ben raccontati nel libro di Debora Pessot, Alessandria ieri, un passato ancora presente, che ogni tanto consulto per rinfrescarmi la memoria su qualche dettaglio. Con Felice Borgoglio ci unisce tuttora una profonda amicizia, ma all’epoca anche profonde divergenze. Lui tornò a governare la città con i comunisti, e insieme decisero di ‘virare’ nella direzione degli insediamenti commerciali locali, puntando su aree come la D3 e la D4. Io al contrario avrei puntato su un’ulteriore industrializzazione, soprattutto dell’area di San Michele. All’epoca ce n’erano ancora le condizioni, e la stessa Borsalino, se avesse osato di più, poteva all’epoca diversificare la propria offerta, puntando su un marchio di grande prestigio internazionale, e vivere una nuova stagione espansiva. Come sappiamo, andò diversamente. Ma le giunte a guida Borgoglio hanno avuto invece il grande merito di valorizzare le periferie del territorio comunale, portando servizi e infrastrutture in aree che ne erano del tutto sprovviste.
Lei avvocato Simonelli in Regione ci rimase 15 anni tondi, dal 1970 al 1985. In buona parte, dal 1973 al 1983, anche con compiti di assessore al Bilancio. Le Regioni sono state un’altra istituzione ‘incompiuta’ di questo Paese?
I primi anni furono quelli dell’entusiasmo, in cui tra l’altro come avvocato partecipai anche alla stesura dello Statuto. Certamente l’Ente avrebbe dovuto avere, come mission, compiti legislativi (che in effetti ebbe, in maniera significativa, almeno fino al 1980) e di programmazione e indirizzo. E non gestionali, come poi invece via via è stato: snaturandone gli obiettivi iniziali, e anche ‘gonfiandone’ a dismisura gli organici, società collegate comprese. Ma io fui tra gli antesignani anche su un altro fronte, come sa: nel 1983 ci arrestarono tutti, o comunque in tanti, complessivamente una quarantina di persone mi pare…E cadde la giunta, naturalmente.
Andò in carcere? E con quali accuse?
Si, feci 68 giorni di carcere: prima in una caserma dei carabinieri, e poi nel carcere all’interno del castello di Acqui Terme: in un clima detentivo piuttosto rigido tra l’altro, con 2 ore d’aria e 22 di cella, perché c’era stato da poco un tentativo di evasione, e avevano dato il classico ‘giro di vite’. Le accuse erano tante, anche perché ne avevano bisogno per arrestarci in massa: c’era peculato, corruzione, abuso d’ufficio. In sede di condanna rimase però in piedi soltanto la corruzione impropria: che significava aver accettato promesse di denaro, in cambio di azioni illegittime. In pratica era un po’ il reato antesignano del finanziamento illecito ai partiti, che poi dilagò…
Lasciata la Regione Piemonte nel 1985, tornò come consigliere comunale ad Alessandria nel 1990: gli ultimi fuochi della prima Repubblica….
Sì, ma questo lo scoprimmo a posteriori: nel 1990 in realtà il Psi ad Alessandria fece ‘il botto’, superò il 30% e per la prima volta fu il primo partito, davanti ai comunisti: eleggendo mi pare 17 consiglieri. Il classico canto del cigno, ma allora non lo sapevamo mica. In realtà il sindaco Mirabelli (nella foto), in vena di spending review ante litteram, decise che lo statuto comunale ce lo saremmo fatti in casa, senza ricorrere a consulenti esterni come facevano da altri parti. E lo affidò a me per il Psi, a Ezio Guerci per il Pci e a Renato Balduzzi per la Dc. E quello io feci, in quegli anni.
Però si narra anche, a proposito di Guerci, che lei avvocato ebbe un ruolo decisivo nel dire no, all’inizio del ’93, ad una giunta Pci-Psi a guida comunista, per salvare il salvabile…
(sorride divertito, ndr) Credo che Guerci (nella foto), che pure è un amico, quella vicenda sotto sotto non me la perdonerà mai: anche se francamente lo rifarei, e in fondo ho salvato anche lui da un’esperienza che sarebbe stata comunque fallimentare. Andò così comunque: dopo le dimissioni da sindaco di Mirabelli a fine 1991, Priano fu sindaco per pochi mesi, e così dopo di lui Veronesi. In realtà socialisti e comunisti erano ormai in disaccordo su tutto, e a livello nazionale cominciava a soffiare l’aria di Tangentopoli. Io arrivai, come sempre in clamoroso ritardo, alla riunione del Psi alessandrino che doveva avallare l’appoggio ad una sorta di ‘governo di salute pubblica’, guidato appunto da Guerci. Che, bontà sua, ci avrebbe dato due assessori, che in realtà aveva già individuato nella giovane Rita Rossa, e nell’architetto Dieni. Il Psi era diviso, e io feci quel famoso discorso, in cui dissi in sostanza che un regalo simile ai comunisti non potevamo proprio farlo, e che in fin dei conti il commissariamento (già si sapeva che l’incarico sarebbe andato nel caso al vice prefetto Macrì, ottima persona, e competente) non era la fine del mondo: sarebbe durato pochi mesi, e poi gli alessandrini, alle urne, avrebbero detto la loro. E mi lanciai nella famosa frase: ‘preferite dunque Cristo, o Barabba?’. E per una volta la spuntai: non succedeva quasi mai…
In verità, avvocato, di lì a poco gli alessandrini scelsero la terza via, ed elessero in maniera quasi plebiscitaria Francesca Calvo…..
Lo so, fu la fine di un’epoca: ma rimango convinto che allora il Psi, scegliendo di fatto il commissariamento, fece la scelta giusta, e in fondo l’unica possibile.
Lei nella seconda repubblica si è dedicato completamente alla sua attività professionale…e dal 2006 ha anche nuovamente un importante incarico in Regione Piemonte: presidente della Commissione di Garanzia. Ma in politica per chi ha votato, e per chi vota?
Negli ultimi vent’anni, da orfano in politica, ho votato sia per il centro destra, che per il centro sinistra. Valutando di volta in volta in base alle circostanze, e anche scegliendo le persone. Nel 1993 ricordo che al ballottaggio votai per l’avvocato Ferrari: ma credo di essere stato l’unico socialista a farlo, e solo per amicizia personale, considerato come trattarono l’elettorato del Psi in campagna elettorale. Ho poi votato Fabbio sia nel 2007 che nel 2012. Ma anche a livello nazionale Forza Italia, Sel e prima ancora Rifondazione.
Avvocato, qualche mese fa Claudio Martelli, in una affollata ed emozionante serata alessandrina, ha lasciato capire che negli anni scorsi ce l’ha messa tutta per ridare voce e gambe al Psi, e che uno spazio ci sarebbe ancora: lei che ne pensa?
Quella sera c’ero, naturalmente, e Claudio è un amico, oltre che un politico di grande intelligenza e preparazione. Ma personalmente credo che siamo fuori tempo massimo: il mondo è cambiato, ed è Renzi il nuovo volto del riformismo. In fondo è curioso: un ragazzo di cultura cattolica, che con l’appoggio (magari obtorto collo) degli ex comunisti si sta facendo portatore di un programma che ha non pochi tratti in comune, in termini di innovazione e modernizzazione, con le posizioni che furono del Psi. Ma è semplicemente la storia del Paese che va avanti. Alle recenti elezioni europee e regionali ho sostenuto Renzi e Chiamparino, convintamente. Oltretutto, Chiamparino lo conobbi tanti anni fa in Regione, quando ero assessore: era già allora un ragazzo serio, e credo si sia dimostrato nel tempo un bravo amministratore, e al contempo una persona normale, come noi: e non sono poi tanti oggi, in politica, ad avere queste caratteristiche.
Ettore Grassano
Per alcune foto pubblicate in questa intervista grazie a Mario Coscarella e a Beatrice Simonelli