Democratellum

Cavalchini nuovaPier Luigi Cavalchini
www.cittafutura.al.it

Una proposta su cui discutere o un cuneo per dividere?
L’accelerazione data alla discussione politica nazionale necessita di un momento di riflessione, anche se, come afferma il Presidente del Consiglio  “Mettiamoci al lavoro, la settimana è decisiva”.  In questo modo dichiara di “voler andare a vedere” la proposta grillina apparentemente senza pregiudizi, in realtà ben sapendo cosa c’è dietro.

Ma prima di passare alle conclusioni, facciamo una breve cronistoria. Inizia Beppe Grillo sul suo cliccatissimo “blog” (ormai una forma di “Tribuna Elettorale” permanente) richiedendo un confronto aperto sulle riforme, in particolare su quella elettorale (e questo non più di 48 ore fa). Al segnale rispondono (circa  36 ore or sono) i parlamentari del M5s con una lettera aperta al presidente Renzi. Il titolo è significativo: “Fissiamo un incontro sul Democratellum”. E proprio alla conferenza stampa di presentazione dell’operazione, come sempre seguitissima e curata nei minimi particolari, ad una precisa domanda, il capogruppo alla Camera dei Cinque Stelle Di Maio ammette: “Fallito l’attacco al governo, usciamo dal limbo”.

Il tutto infarcito da una serie di valutazioni sui segnali ricevuti dal voto europeoRenzi Grillo (proporzionale) e dalla considerazione dei “tempi sbagliati del cambiamento” che, per il momento, penalizzano i pentastellati e premiano Renzi. A ciò, il giovane avvocato campano pare adeguarsi  …. . Sempre nell’arco della giornata si registra un veloce confronto fra Renzi ed il Presidente Napolitano che, dati gli eventi, ribadisce: “Sulle  leggi costituzionali ci dev’essere  il più ampio coinvolgimento”. Non passano trenta minuti dalla nota del Colle che Grillo ribadisce (sul solito blog) “Cari italiani, noi facciamo sul serio”. E sempre in un avvinghiarsi di comunicati, di conferenze stampe, di mail e di tweet si arriva alla definitiva presentazione del Democratellum che può essere definito un “proporzionale corretto”, così come spiegato nel pomeriggio (di lunedì, quindi solo poche ore fa… alla faccia della “pigrizia italica”) da una rappresentanza di parlamentari del M5s nel corso di una conferenza stampa.

La motivazione della richiesta di intervento della Stampa sta tutta nella concomitante lettera inviata alla Presidenza del Consiglio, di cui già si è accennato. In essa, nella parte relativa alla riforma elettorale, viene sottolineata dai grillini “l’incostituzionalità” dell’Italicum: “Lei – dicono i parlamentari Cinque Stelle rivolti a Renzi – ha concordato con Forza Italia una proposta di riforma, l’Italicum, che ripropone i profili di incostituzionalità del Porcellum: premio di maggioranza abnorme e impossibilità per i cittadini di esprimere la propria preferenza”. Pertanto la soluzione è il “Democratellum” : “Il movimento 5 stelle nei giorni scorsi ha depositato alla Camera e al Senato la propria proposta di legge elettorale, che per semplicità riferiremo come ‘Democratellum’.

Si tratta di un sistema proporzionale in circoscrizioni di dimensioni intermedie che, pur essendo sensibilmente selettivo, grazie alla formula del divisore corretta, consente l’accesso al Parlamento anche alle forze politiche piccole. Inoltre, prevede la possibilità per gli elettori non solo di esprimere un voto di preferenza, ma anche di penalizzare i candidati sgraditi, favorendo in questo modo una più diretta responsabilità degli eletti nei confronti degli elettori”. A fronte di alcune domande dei giornalisti presenti non hanno problemi a riassumerne gli aspetti fondamentali. “Non si tratta infatti di un proporzionale puro, bensì di un sistema che consente a una forza politica che ottenga attorno al 40% dei consensi di avere oltre il 50% dei seggi”.
“Il suo impianto – concludono i pentastellati- limita la frammentazione dei partiti e avvantaggia le forze politiche maggiori. Il sistema non richiede coalizioni preelettorali e così evita che i partiti debbano annacquare la propria proposta elettorale a causa di alleanze tattiche obbligate”. E, su una richiesta relativa all’attuale proposta di legge in discussione, frutto di una lunga e controversa trattativa da “grosse koalition” sperando che un pezzo di centro destra non naufraghi dietro il “morto zavorrato di piombo” Berlusconi, mantenendo un’attenzione speciale ai numeri delle Camere (finchè ce ne saranno due). Ribadiscono infatti: “noi proponiamo una legge alternativa al moribondo, forse già morto, Italicum” fornendo agli italiani  un bel prodotto, fresco, frutto di una collaborazione orizzontale come vuole il Movimento 5 Stelle. In questo modo faremo  entrare i cittadini nelle decisioni dei palazzi della politica”. L’idea, ribadiscono i Cinque Stelle, è di partire con un “confronto collaborativo e costruttivo” con il Pd, in quanto forza di maggioranza.

E proprio qui sta la spiegazione di tutta quanta l’operazione. L’obiettivo, comprensibilissimo (ma per me non condivisibile) dei Cinque Stelle è stato – prima delle Elezioni – quello di rompere gli equilibri presenti nella maggioranza di governo, con un risultato solo parzialmente raggiunto. Oggi si cambia strategia per riproporre sostanzialmente lo stesso disegno:  rinfocolare le tensioni all’interno delle forze  disponibili ad un percorso (come ribadito dal Presidente Napolitano) di “riforme ampie e condivise”, ben sapendo qual è la costituzione intima dell’Italia. Itinerario che dovrebbe portare in breve tempo ad un “governo del cambiamento” formato da PD (presumibilmente tutto) da SEL, Cinque Stelle e poco altro. La stessa Scelta Civica potrebbe trovare fior di oppositori nel caso volesse affiancarsi nell’opera di rigenerazione della Nazione con le motivazioni più varie “ha pochi voti”, “non conta niente”, “con Monti ci ha portato in rovina” e, soprattutto, “non ci serve una zavorra tra il democristiano e il padronale”… Purtroppo il livello è questo e se vogliamo che ci sia una qualche possibilità di rinnovamento, con tempi e modalità da definire in modo responsabile, non ci può essere spazio per avventure e per scorciatoie.

Percorsi non comprensibili  proprio perché non basati sull’insieme dei dati economici, sociali, politici (del tutto insufficienti) e, soprattutto,  risultanti più da forzature e ricatti che da un sincero confronto democratico.