Finora vi abbiamo raccontato di persone che hanno scelto di puntare su Alessandria, ragazzi e ragazze che stanno inseguendo il loro sogno qui in città.
Ma se ciò non fosse possibile? Se la realtà dei fatti fosse tale da impedirlo? Se per inseguire i nostri sogni fossimo costretti ad andarcene?
Questa è la storia di Giorgia Beltrami, giovane alessandrina classe ’94, che da ottobre 2013 vive a Londra per realizzare il suo sogno.
Dopo essersi diplomata al Liceo Artistico Carlo Carrà di Valenza nel 2012, data la sua passione per il video editing e per qualsiasi cosa riguardasse il mondo del 3d, ha deciso di trasferirsi a Roma per frequentare il Master in “3D digital production” presso la Rainbow Academy.
Una volta concluso il corso, Giorgia ha fatto uno stage di due mesi, in un’azienda di Alessandria, mentre cercava una possibile università che le sembrasse “giusta” e idonea per i suoi progetti…
Ed ecco che inizia a definirsi l’idea di andare via. L’idea di andare in un posto dove sarà, forse, più semplice per una ragazza di 20 anni trovare un lavoro nel campo del digitale e dell’editing.
La decisione è stata presa nei primi giorni di settembre 2013 e le regole del gioco erano chiare: se non si fosse trovata ben sarebbe tornata subito a casa, nel giro di poche settimane.
Ma folgorata dalla novità e dal fascino di Londra, e dal momento che non c’era nulla da perdere, si è lanciata all’avventura, mandando il suo curriculum a diverse aziende, ma anche a vari ristoranti, giusto per iniziare a lavorare.
“Sono stata assunta dopo appena 2 settimane e mezzo in un ristorante-pizzeria italiano ormai abbastanza noto qui a Londra. Ma nel frattempo, ero demoralizzata: le aziende mi continuavano a dare risposte negative del tipo ‹non si necessita di nuove assunzioni›. Ho passato i successivi cinque mesi a lavorare nel ristorante italiano, passando sopra le svariate critiche che molti miei amici mi facevano, ritenendo stupido lavorare in un ristorante italiano all’estero; al contrario, lavorando con giovani ragazzi italiani come me, posso dire che non avrei potuto trovare, in quella fase iniziale della mia esperienza, miglior conforto e grinta”.
Giorgia risponde alle domande tramite mail, su Facebook; strumento che la tiene in contatto con tutto ciò che ha lasciato qui in Italia.
Mettere tutto da parte, e partire all’avventura, come è facile immaginare, non è semplice: “È stata una scelta difficile, ma penso che avrei trovato molto più problematico scegliere una facoltà universitaria, che mi avrebbe portato via tre o più anni della mia vita, senza darmi nessuna conferma nel mondo del lavoro. Si dice che chi scappa ha più paura di quelli che rimangono, beh se è così allora io devo essere stata proprio terrorizzata per il mio futuro, per scegliere una fuga del genere”.
Dopo qualche colloquio, e due settimane di prova, Giorgia è stata poi inserita come stagista in un’azienda pubblicitaria, che si occupa anche di post produzione, con la possibilità di essere assunta in futuro come “junior”. Sebbene abbia trovato un lavoro, però la giovane alessandrina ha provato lo stesso il test di ammissione alla Westminster University (corso di “Multimedia and Animation”) … superandolo, e aprendo, quindi, nuove porte davanti a sé.
“In realtà per potermi iscrivere in questa università, dovrò passare il test d’inglese prima. Ma non so ancora esattamente cosa farò. Certo, molto dipenderà dal risultato del test… ma anche molto dal mio umore. Alla fine frequenterei un’università utile per poi svolgere il lavoro che già sto facendo…
In più, non penso neppure che Londra sia il mio capolinea. È un buon inizio, ma poi dovrò cercare di trovare il mio posto nel mondo, o almeno provarci.”
Alessandria è una realtà che ormai a molti è diventata stretta; come Giorgia, ci sono moltissimi altri ragazzi che non trovando possibilità e le giuste occasioni qui in Italia, sono costretti a fare i bagagli.
Certo, ci vuole un gran coraggio a lasciare i propri genitori, i propri amici, la propria vita alle spalle, per iniziarne una nuova, da capo; ma se la nostra realtà ci spinge a tanto, forse non ci sono altre possibilità.
La domanda da porsi è la seguente: “non ci pentiremo un giorno di aver indotto ad andarsene tanti giovani che stiamo mandando via a suon di ‹non c’è posto per voi›?”