La campagna elettorale è ormai alle battute finali.
A questo giro sono rimasto fermo, al di là di qualche consiglio en passant di qua e di là: per chi come me è abituato da diversi anni a dare una mano nel backstage di queste partite elettorali, scatta automatico osservare, analizzare e valutare i comportamenti, le parole, le immagini (anche e soprattutto quelle evocative) scelte dai protagonisti di questa sceneggiatura sincopata e, diciamocelo, un po’ tanto improvvisata.
Mi guardo bene dal giudicare i singoli candidati e le loro campagne: non sarebbe corretto e, comunque, per entrare nel merito delle attività di un singolo candidato, il mettersi a lato consente una visione troppo parziale. Detto questo, alcune considerazioni generali si possono fare.
Da dove partire? Beh, un primo tassello riguarda la grande assente dal dibattito: si vota (anche) per le Europee e non si è parlato quasi per nulla di…Europa! Inutile sottolinearlo, le elezioni di domenica si sono trasformate, per l’ennesima volta, in un referendum sui leader politici nazionali: questa volta dalla roulette mediatica è saltato via Berlusconi e la sfida vede in campo il Premier Renzi e Beppe Grillo.
Intendiamoci, non sono mai stato un fan della comunicazione elettorale basata sui programmi: troppo simili l’uno con l’altro, finiscono per diventare documenti pieni di parole “svuotate” di significato. Per fare solo qualche esempio: chi è che non si dice impegnato a garantire più trasparenza alla vita delle istituzioni e della politica? L’aveva detto anche il tesoriere della Margherita, Lusi…Chi è che non si dice a favore dello sviluppo sostenibile? Lo diceva anche Forza Italia mentre costruiva la new town de L’Aquila…Chi è che non si dice impegnato a utilizzare meglio (e ci mancherebbe altro!) i fondi europei…Lo sostenevano anche quei Sindaci e Presidenti di Regione poi indagati proprio sull’uso di quei fondi.
Ma allora cosa manca alla comunicazione e all’agire politico in campagna elettorale? Manca evidentemente la consapevolezza rispetto al fatto che i comportamenti valgono più delle affermazioni.
In questi tempi (così complicati e sfidanti) bisognerebbe davvero lavorare di più – anche in campagna elettorale – sulla dimostrazione tangibile di chi si è veramente, di cosa si sta facendo, di tradurre in comportamenti il proprio pensiero. Assai di più rispetto a “cosa si intende fare”: i programmi non “passano”, non riescono a intercettare il livello minimo di attenzione delle persone, che hanno bisogno di altro per fare uno sforzo e concederti un pezzo di fiducia.
E, allora, non vedo in questa campagna elettorale quasi nulla di ciò che servirebbe:
• Essere autentici, trovare la propria voce e mantenerla
• Partecipare a riunioni o incontri pubblici senza annunciarlo o strombazzarlo nelle agende elettorali, visitare luoghi simbolici e attribuire loro un significato (effetto sorpresa)
• Scrivere lettere e mail in prima persona a gruppi e categorie omogenee (curando e segmentando i database, questi sconosciuti!) su temi d’interesse specifico per gruppi e categorie ben definite
• Anziché fare elenchi di cose da fare, raccontare storie: creano empatia, costringono a usare un linguaggio semplice e strutture comprensibili
• Citare, ringraziare le persone comuni che hanno fornito un suggerimento, una richiesta, una critica
• Abbattere l’autoreferenzialità per condividere, al contrario, significati (far sentire tutti importanti) e mettere in condizione di “fare” al posto nostro (empowerment) i volontari, gli amici, i colleghi.
Insomma, ho l’impressione che, ancora una volta e al di là di qualche eccezione, siamo di fronte ai soliti rituali: i convegni nelle sedi istituzionali, gli slogan simili uno con l’altro, le foto a braccetto con il candidato presidente, con il ministro o con il premier, i giochi di parole, la “riscoperta” di facebook e dei social a un mese dal voto (non capendo che scatta immediatamente il pensiero: “che faccia tosta!”) senza alcun tratto originale di provare nuove strade di ascolto, dialogo e interazione (nei social e nella vita reale).
Ecco perché reputo questa campagna elettorale l’ennesima occasione persa, al di là di chi saranno i vincitori e i vinti. Da domenica sera, poi, ripartirà la giostra sulle leadership e le nomine della “House of Cards” per dirla alla Michael Dobbs. Per ragionare sui database e le targetizzazioni, sul fundraising, su come qualificare, innovare e ripensare i luoghi di contatto con gli elettori e su come costruire significati condivisi…beh, per queste cose, c’è sempre tempo, no?
* Consulente di comunicazione