Dario Caruso, amico prezioso e “flessibile” di CorriereAl, nasce e vive a Savona. A 22 anni abbandona la Facoltà di Scienze Geologiche (Università degli Studi di Genova) per dedicarsi interamente alla musica. Si diploma in Chitarra presso il Conservatorio di Torino sotto la guida del M° Giulio Vallerga, quindi intraprende la sua attività senza trascurare i molteplici aspetti del “fare musica”. Fonda e organizza il Concorso Chitarristico Internazionale di Savona che vive per tredici edizioni e poi svanisce per mancanza di sensibilità della politica locale. Crede nei giovani e nella cultura come investimento per il futuro. Buona lettura!
1) Dario, si è appena conclusa la settima edizione della Festa dell’Inquietudine, la prima con te come Presidente del Circolo degli Inquieti. Come è andata in generale, e come hai vissuto tu, personalmente, la Festa?
Direi che la Festa è andata secondo le aspettative, con un livello di relatori ed eventi estremamente elevato ed una partecipazione di pubblico numerosa e di qualità. Personalmente ho cercato di non trascurare i rapporti umani; la Festa è un crogiolo di persone e di sensibilità differenti… spero di non aver fatto troppi danni.
2) Come ti sei scoperto inquieto? E che cosa è veramente l’inquietudine?
Il merito della mia indole inquieta è dei miei genitori, i quali non mi hanno parlato di politica fino al giorno prima il compimento del diciottesimo anno di età. Allora mi dissero: “Vota come ritieni, ma ricordati che siamo operai”. Quindi diciotto anni fa Elio Ferraris (ideatore del Circolo degli Inquieti) mi ha reso consapevole della mia inquietudine. L’inquietudine è un concetto astratto che si concretizza solamente con il desiderio di agire mentre tutto intorno è fermo, è la ricerca fuori e dentro di sé.
3) Nelle tue note personali ti definisci “chitarrista, compositore e didatta”. Di queste tre voci, quale senti più tua?
Non ne prevale una tra esse, sono tre gambe di un tavolino che altrimenti non starebbe in piedi. E poi quando suono eseguo spesso cose mie ed ho la presunzione di riuscire a trasmettere il messaggio a qualcuno che ascolta.
4) Torniamo alla Festa. Quest’anno avete premiato come “Inquieto dell’Anno” l’eccezionale pianista iraniano Ramin Bahrami. Come siete arrivati a fare questa scelta?
A settembre abbiamo individuato il tema conduttore “Inquietudine e Fuga”, ci siamo chiusi in una sorta di conclave per effettuare un brainstorming. Il nome di Bahrami è stato uno dei primi a saltare fuori: Bahrami rappresenta la fuga dalla terra d’origine (l’Iran) ed è uno dei massimi esecutori di Bach, un tipo antico che di fughe ne sapeva. Sono lieto che abbia accettato l’invito.
5) L’ultima domanda, forse la più impegnativa… Quale contributo credi possa dare la Festa dell’Inquietudine alla difficile situazione del nostro Paese?
Può fare molto, lo dimostrano i messaggi e le mail che riceviamo quasi quotidianamente da molte parti d’Italia. Il Paese ha bisogno di regole certe e di direzioni molteplici ma possibili; il nostro è un invito a non stare fermi, a combattere le frasi fatte, a guardare il bello, a vivere senza preconcetti. Mogol e Battisti cantano “Seguir con gli occhi un airone sopra il fiume e poi… ritrovarsi a volare”; mi piace pensare che la Festa e il Circolo degli Inquieti siano quell’airone. E mi piace sperare che sempre più inquieti si ritrovino a volare al suo fianco.