Milano, come sempre cuore pulsante della cultura e non solo nel nostro Paese, propone in questa stagione primaverile una serie di grandi mostre e inziative artistiche.
Mentre nel weekend in diversi angoli della metropoli, anche non comuni (stazioni, parchi, biblioteche e medioteche) si svolgono concerti nell’ambito della bella iniziativa Pianocity, la coda per visitare la mostra di Gustav Klimt a Palazzo Reale (con una pluriofferta di mostre che non scherza: oltre a Klimt, Luini e Van Dyck) non si arresta.
E’ indubbiamente una grande mostra dedicata ad un artista mitico. Le riproduzioni delle sue opere sono universalmente conosciute e riprodotte.. Egli è il testimone ed anche l’artefice di un’arte di rottura che passa dallo Storicismo imperante a Vienna a fine Ottocento ad un nuovo modo di fare arte attraverso la Secessione Viennese, regalando al tempo stesso con le sue opere un sogno di bellezza che non smette mai di attrarre.
Figlio di un’orafo e di una musicista Gustav Klimt nasce a Baumgarten nel 1862, secondogenito di sette fratelli. Egli frequenta a prezzo di grandi sacrifici l’Istituto di Arte applicata, che gli dà una formazione importante anche riguardo alle arti decorative, che saranno fondamentali per trovare la sua cifra stilistica ideale. Insieme al fratello Ernst (che morirà precocemente) ed a Franz Matsch Gustav fonda la Compagnia degli Artisti, che per dieci anni collaborerà per realizzare palazzi, ville, teatri e musei a Vienna e nel territorio circostante.
E’ il momento storico in cui Sigmund Freud pubblica le sue opere sulla psicanalisi, ed anche l’arte è alla ricerca di nuove forme espressive.
Nel 1897 Gustav diviene la guida indiscussa della Secessione Viennese. E’ il periodo dei grandi scandali artistici che culmina nel 1900 con gli affreschi realizzati per l’Università di Vienna (Fakultatbilder). Importante segnale della nuova strada intrapresa è anche la presentazione de’ il Fregio di Beethoven (la cui copia è presente in mostra), opera su tre pareti di grandi dimensioni di grande impatto emotivo dedicata alla Nona sinfonia ed in particolare all’Inno alla Gioia del celebre musicista, dove predomina l’ornamento e l’impiego dell’oro.
Questo periodo è denominato ‘aureo’, e vedrà nascere i più importanti capolavori klimtiani, con indiscussa protagonista la figura femminile della Femme Fatale. (1900-1908)
Emilie Floge, proprietaria di un atelier di moda, sarà un riferimento sentimentale importante per tutta la vita dell’artista, e la sua sensibilità lo indirizzerà verso il tema del paesaggio. Bellissimo, in mostra oltre alla serie dei paesaggi (realizzati dal pittore focalizzando un dettaglio e dilatandolo, ad orizzonte alto, quasi a voler fermare il tempo), il famoso ‘Girasole’(1907-8): piedistallo vegetale disseminato di fiori variopinti, da cui si erge un unico girasole. Collocato come se fosse su un trono il fiore spicca sul mosaico di foglie ed acquisisce quasi l’individualità di una figura umana.
Klimt non si sposerà mai, ma avrà numerose amanti e figli da donne diverse. La famiglia, le sorelle, resteranno per lui un riferimento costante della vita.
Muore per un colpo apoplettico nel 1918: nel suo atelier resta il dipinto non terminato ‘Adamo ed Eva’. Si presume facesse parte di una nuova ricerca: un’ulteriore evoluzione di stile, più fiorito e dove la figura femminile che sovrasta sempre quella maschile ha forme più morbide e materne. L’opera in questione chiude la bella mostra milanese.
Il riflettore durante il percorso della mostra resta comunque puntato sulla femme fatale, dalle dita nervose e dai polsi ingioiellati mentre tiene per i capelli il San Giovanni Battista. E’ la celeberrima ‘Salomé’ indiscussa femme fatale che distrugge l’uomo, figura centrale e immancabile dello stile aureo di Klimt.. Egli ritrae molte donne: bellezze aristocratiche dalle forme delicate e conturbanti con visi languidi e torbidamente sensuali. Donne fatali che assumono valenze simboliche eh hanno riferimenti onirici, alla morte e all’inquietudine. L’ideale icona klimtiana ha pelle bianchissima, capelli corvini o chiome rossastre contornata di oro. Bella, affascinante, bramata ed odiata, è l’emblema della donna carnale e distruttiva, della passione e dell’istinto.
Anche ne L’interpretazione dei Sogni di Freud la donna spesso è riferimento di una cultura sessuofobica, in cui rappresenta il pericolo, la perdita della razionalità, dove incarna il disordine naturale ed è custode di segreti ancestrali. Natura infida in cui si fondono piacere estetico e negatività – L’età della Secessione viennese è proprio un’epoca di donne fatali, dove le dominatrici peccatrici non sono piu additate al pubblico e commiserate dalla società, ma divengono invece simbolo della nuova cultura, più libera e allo stesso tempo schiava delle sue grandi passioni in un’Europa che cambia volto. Le donne di Klimt sono uniche ed irresistibili: Giuditta, Salomé, le Ondine di ‘Acqua in Movimento’ o le fate fluttuanti nell’oscurità del cielo estivo di ‘Fuochi Fatui’ hanno un loro potere, una magia incantatrice che le eleva ad assolute protagoniste.