Qual è l’origine della nostra cucina? Come sono arrivate, ad esempio, le acciughe in una zona come la nostra che non ha il mare?
La risposta sta nella via del sale, il tratto che si snoda tra Liguria e Pianura Padana, costruita dai romani due mila anni fa.
Era una strada “commerciale”, costruita appositamente per tessere scambi di merci, soprattutto sale, importantissimo per la conservazione degli alimenti.
E così il sale ha viaggiato per anni: dalla Liguria arrivava fino ad Acqui Terme, Asti, Casale Monferrato Alessandria, e via fino alla terra del riso, Vercelli.
Storicamente frammentato per cultura, storia e tradizioni, il territorio alessandrino è poliedrico, offre opportunità uniche, inventa, rivisita, modernizza.
È la commistione e convivenza di più influenze, sapori e gusti.
Tutto ciò ha fatto sì che la nostra zona maturasse identità proprie che si snodano, appunto, lungo la via del sale.
Percorrendo la via del sale non è possibile trovare una tradizione unica: c’è sapore di salsedine, lungo quel percorso, profumo di uve e di spezie.
Ed ecco, quindi, che ad Acqui, abbiamo una tradizione di pesce, più precisamente di acciughe alla marinara, non propriamente un piatto di terra, frittelle di baccalà e filetti di sardine conditi con foglie di basilico.
A Casale Monferrato, invece, un tocco di mare c’è nella crema di zucca, che accompagna lo stoccafisso e il gambero di acqua dolce. Quanti territorio in questo piatto!
Il territorio alessandrino è certamente ricco di possibilità e produzioni.
Grazie a un terreno fertile, circondato da fiumi, l’agricoltura è florida e questo incide anche sulle nostre tradizioni culinarie.
Al di là delle influenze dei territori vicini, come la Liguria, la nostra tradizione è fatta di prodotti della terra.
I rabaton, fatti con erbette di campo e ricotta, le molteplici versioni del pollo alla marengo, la polenta di marengo, fatta con la farina di mais.
E come possiamo non menzionare sua maestà il tartufo? E il vino?
La via del sale passa attraverso filari di vigneti, terreni umidi e lavorati, terreni argillosi, scrigni che ci regalano meravigliosi gioielli: dal tartufo al grignolino e la barbera, dalle rape rosse di Castellazzo Bormida, alla nocciola tonda e gentile delle Langhe.
La gastronomia alessandrina di oggi identifica una tradizione e una storia e rappresenta anche flussi e contaminazioni che sono passati sulla via del sale.
È difficile trovare un collegamento tra territori limitrofi e zona dell’alessandrino. Il comune denominatore è, perciò, la via del sale che unisce territori diversi, con tradizioni e conformazioni territoriali e climatiche differenti.
Come sempre, la tradizione passa dalla storia, dalle contaminazioni, che si ripropongono anche nell’enogastronomia.
La via del sale che unisce la pianura padana alla Liguria era una rete commerciale antica, mentre oggi via internet si vendono e si scambiano prodotti, anche culinari.
Anticamente, la via commerciali e comunicativa era questo antico percorso, che arrivava fino al mare per recuperare ciò che all’epoca era più prezioso ed essenziale, il sale.
La nostra via del sale percorreva la val Staffora, si addentrava, poi, nella Val Borbera, scivolava nella val Trebbia e, da lì, raggiungeva, infine il mare.
Oggi, percorrere le vie del sale, non è solo rivivere una fetta della nostra storia, ma è anche un buon tour enogastronomico, passo dopo passo, bicchiere dopo bicchiere, piatto dopo piatto.