Sono un’appassionata di sport sia perché lo pratico sia per tradizione familiare.
Mio padre è stato uno dei cronometristi a bordo vasca alle Olimpiadi del 1960, io ho praticato tennis agnostico e sono stata cronometrista e mio fratello è stato un nazionale di nuoto.
Per me e per chi mi ha educato lo sport è una cosa seria che fa crescere e modella il carattere.
Adoro guardare tutti gli sport ma il calcio non mi ha mai particolarmente entusiasmato specie per le” regole “ e le modalità con cui viene praticato.
Ieri la mia opinione è stata confermata ma è stata accompagnata da vergogna e rabbia.
Prima di tutto vergogna.
Vergogna per un Paese dove le cosa vanno alla rovescia (dove, parafrasando il titolo di un libro, “il mare è in verticale”) in cui le istituzioni che devono prendere delle decisioni dialogano e, quindi, danno riconoscimento, a chi dovrebbe non dovrebbe nemmeno essere autorizzato ad essere lì, a cui chiedono se una partita si debba giocare o no.
Ma quale fiducia posso avere (non solo io ma la gente comune che chiede il rispetto delle regole) nei confronti di chi, palesemente, tratta per prendere una decisione che riguarda l’ordine pubblico con chi spudoratamente, dopo plurimi atti delittuosi durante eventi sportivi, è ancora lì e continua a entrare e uscire da uno stadio?
Il vilipendio della bandiera e delle istituzioni costituzionali (reato di chi offende pubblicamente istituzioni che rappresentano valori tutelati per legge) è anche fatto da chi con una maglietta visibile a milioni di persone chiede la libertà per chi ha ucciso chi stava facendo il suo dovere e rappresentava le Istituzioni (la maiuscola non è casuale)
In certi frangenti per prendere decisioni ci vuole la capacità e il coraggio che ieri è mancato.
E rabbia.
Come donna per un’altra donna che è stata offesa attraverso l’insulto al marito morto.
Rabbia perché il Presidente del Consiglio è rimasto lì seduto a vedere lo spettacolo.
Carlotta Sartorio – Alessandria