Altri 50 migranti africani sono arrivati ad Alessandria nel week end, e sono ospitati nell’Ostello di Santa Maria di Castello.
Come già per altre 40 persone arrivate a fine marzo, si tratta della prima tappa di un percorso, che porterà poi questi uomini e queste donne ad essere ‘smistati’ in altre strutture della provincia. E, naturalmente, tutto ciò ha già scatenato (e scatenerà: siamo anche in campagna elettorale!) commenti e prese di posizione di ogni tipo. Ed è giusto che sia così, e che la questione venga affrontata e dibattuta senza reticenze, perchè destinata ad avere (nella sua dimensione nazionale, non in quella alessandrina) un impatto significativa sul futuro dell’Italia nei prossimi anni.
Lo abbiamo già detto e scritto, ma giova ribadirlo:
1) è chiaro che chi decide di rischiare la vita su barconi di fortuna, e scommette su un percorso ignoto, senza nessuna certezza sul proprio domani, lo fa perché è disperato. Probabilmente neanche noi riusciamo ad immaginare da quali scenari di morte certa arrivino queste persone: altrimenti non sfiderebbero la sorte con la sola forza della disperazione.
2) ciò dato per scontato (e un po’ sconfortati sulla specie umana quando leggiamo nei loro confronti frasi piene di livore per una serie di supposti ‘benefit’ da villeggianti di cui questi poveretti sarebbero beneficiari: dai, siamo seri!), qui comincia il problema vero di uno Stato, come l’Italia, in cui un mix devastante di ipocrisia e cialtronaggine finto progressista (in realtà è speculazione di pochi, fondata sulla credulità e magari anche sui sensi di colpa di tanti) rischia di spingere il Paese verso una deriva nord africana, tanto più grave perchè pianificata ma non dichiarata al popolo sovrano (e qui, se qualuno sta sorridendo, è consentito!).
Insomma, lo diciamo da mesi e ne siamo sempre più convinti. Il progetto (sciagurato? Insostenibile? Semplicemente da Paese che accetta il suo declino storico? Fate voi…) all’orizzonte ci pare evidente.
In questi mesi all’Unione Europea stiamo mandando un messaggio chiarissimo: ‘voi ci mantenete in vita, noi diventiamo la ‘camera di compensazione’ tra l’Africa e l’Europa vera”.
Non a caso il Viminale diffonde dati sul ‘boom’ dei nuovi arrivi dall’Africa (11mila approdi solo da gennaio a marzo, sette volte in più che nel 2013. 600 mila nuovi arrivi previsti entro fine anno, secondo voci non si sa quanto attentibili, ma riportate dai vari media) dandoli per inevitabili, come uno tzunami o un terremoto.
Ma facciamo un passo indietro.
L’Italia rischia un default di dimensioni tragiche, e questo chi comanda lo sa bene. Da diversi anni si cerca di svuotare l’acqua che entra nella stiva con un secchiello, ricorrendo a mezzucci e palliativi di nessuna rilevanza. Ultimi di una lunga serie, i ridicoli sgravi fiscali ‘renziani’: patetico gioco delle tre carte sul ponte del Titanic che affonda, con l’orchestrina dei giornali di regime (quasi tutti, in verità: ma ora che Berlusconi è addomesticato e integrato delle classifiche internazionali sulla libertà di stampa chi si ricorda più?) che ci dà dentro a tenerci allegri. E ad illuderci rispetto ad una ripresa semplicemente impossibile: perché mancano i presupposti strutturali perchè ripresa (vera) ci sia.
Del resto: un Paese che si sta avviando ad essere post industriale (nel senso di dismissione dell’industria, grande media e piccola), non produce più nulla ma ha un welfare state e una spesa pubblica enormente costosi, da qualche parte le risorse deve trovarle.
E se i nostri vecchi ironizzavano già nel dopoguerra su De Gasperi (e i suoi vari epigoni) in arrivo dagli States con le valigette piene di dollari, come convincere oggi l’Unione Europea ad offrirci un nuovo piano Marshall? Che dare in cambio, se non ancora e sempre la nostra straordinaria collocazione stategica, sul fronte geografico? Solo che oggi strategici non lo siamo più verso est, ma verso sud.
Analisi paradossale? Esagerata? Non ci pare, e comunque osserveremo i prossimi passi. Badate bene: può trattarsi di una scelta anche lungimirante, e se ben gestita capace di generare anche valore aggiunto economico. Nel senso che milioni di giovani uomini e donne da formare da zero, sul piano della conoscenza delle lingue, delle regole, della formazione professionale e quant’altro potrebbero essere, per i prossimi decenni, anche una straordinaria leva di sviluppo.
Semplicemente, un Paese maturo e civile lo dichiarerebbe, e pianificherebbe un percorso chiaro. La nostra impressione è che invece, in questa fase, prevalga il non detto, e l’esigenza da un lato di ‘forzare la mano’ all’Europa, dall’altra di ‘intortare’ gli italiani (la cui cultura dell’accoglienza in effetti non è inesistente, ma ‘a macchia di leopardo), ancora e sempre sottovalutandoli, e trattandoli come un gregge di pecore, che può essere condotto ovunque: basta non dirgli dove si sta andando. Ne riparleremo: il tema è davvero enorme, forse il più interessante in assoluto oggi sul tappeto.
Foto tratta da Radiogold