Poeta, letterato, tennista, alpino, e molto altro. Sandro Gastaldi è uno di quegli alessandrini schivi, vecchia maniera, e a parlare di sé sembra all’inizio quasi a disagio, come se volesse sottintendere “ma sì, la mia storia è come quella di tanti altri”. Ma basta farlo partire nel racconto per rendersi conto che tanto ‘ordinario’ il suo percorso non lo è stato, perché ha frequentato professionalmente il ‘fior fiore’ delle eccellenze della linguistica italiana, con ‘virate’ che rendono il viaggio ancora più interessante: dai campi da tennis in terra rossa della sua gioventù, fino alla passione per i cantautori, e un ‘fil rouge’ che (insieme all’amico di una vita, l’indimenticabile Giancarlo Bertolino) lo vide assai vicino al ‘mitico’ inventore del Club Tenco, Amilcare Rambaldi.
Dottor Gastaldi, tra le tante ‘etichette’ con cui potremmo presentarla, forse quella di ‘studioso della lingua’ è la più pertinente. Come cominciò la sua passione, e poi mestiere?
Non sono dottore (sorride, ndr), prima di tutto. Ho studiato lettere moderne, ma senza laurearmi, proprio perché, tra passione per la lingua che emerse già nei primi anni dell’Università, e tennis, alla fine feci scelte diverse. Comunque sì, è indubbio che lo studio della lingua italiana è stata e ancora è la ‘cifra’ essenziale della mia vita. Cominciai a collaborare con il Battaglia (il grande dizionario Utet di cui sono usciti 23 volumi dal 1958 al 2009) da studente universitario, e sono andato in pensione, qualche anno fa, come capo della redazione. Ho lavorato personalmente a 16 dei 23 volumi.
Alt: spieghi a noi profani cosa sono ‘gli spogli’…
Gli spogli sono gli esempi, ricavati da una serie di testi analizzati, che i collaboratori del dizionario sottoponevano alla redazione. Consideri che il Battaglia contiene complessivamente 5 milioni di esempi, e altrettanti sono stati scartati, ma comunque conservati in archivio. Un patrimonio culturale immenso, affidato negli anni scorsi all’Archivio di Stato, che ha in custodia tutta la documentazione a Torino, negli uffici di via Piave.
Ad un certo punto la Utet, gloriosa casa editrice del dizionario Battaglia, ha chiuso i battenti?
Nel 2006 in realtà il gruppo è stato ceduto alla De Agostini, che ha fatto lo ‘spezzatino’, vendendo a sua volta, a pezzi, e con notevole vantaggio finanziario. Alla Utet lavoravano complessivamente 350 persone, di cui 50/60 nelle redazioni: e per alcuni si è aperta una fase non facile. Fortunatamente io avevo maturato l’anzianità pensionistica, e mi sono potuto ritirare.
Probabilmente il web ha dato al comparto dizionari, come a quello delle enciclopedie, una ‘botta’ non propriamente positiva….
Sicuramente, anche se il Battaglia è un’opera che, per le sue caratteristiche e la sua qualità, non è paragonabile ai prodotti che si trovano in rete, né è trasferibile sul web. E consideri che gli ultimi volumi stavano ancora sopra le 100 mila copie di venduto. Numeri importanti…
Lei ha conosciuto da vicino i più prestigiosi nomi della nostra linguistica, e Torino è sempre stata una piazza di assoluto valore: chi ricorda in particolare?
Ho lavorato a strettissimo contatto con Giorgio Barberi Squarotti, che alla morte di Salvatore Battaglia divenne direttore editoriale del dizionario. Ma citiamo senz’altro anche Gianluigi Beccaria (nella foto), altro amico e insigne figura nell’ambito della linguistica. Poi tanti altri meno noti al pubblico, ma studiosi di assoluto valore. Il dizionario Battaglia ha indubbiamente segnato in maniera determinante la mia vita, e il mio percorso culturale. E si figuri che anche mia figlia (per sua iniziativa, io non c’entro nulla) scelse a sua volta di laurearsi con una tesi sul Battaglia.
Barberi Squarotti e Beccaria parteciparono anche, nel 1981, alla nascita di un progetto, quello della Biennale di Poesia di Alessandria, che la vide tra i promotori e fondatori…
Sì, e ne vado molto orgoglioso, perché fu un progetto davvero di valore, e innovativo: ed è giusto qui ricordare la figura di Giancarlo Bertolino (nella foto di Mario Coscarella: fu anche assessore alla pubblica istruzione del Comune, negli anni Ottanta), mio grande amico fin dagli anni del ginnasio, e a cui credo Alessandria sia debitrice di una serie di belle iniziative, da non dimenticare. Posso anche dire che Bertolino ed io ci allontanammo poi dal progetto Biennale quando lo stesso fu di fatto preso in mano da una serie di personaggi di spessore discutibile, con i quali peraltro l’iniziativa è andata via via spegnendosi, divenendo ben poca cosa.
Chi scrive partecipò, da studente degli anni Ottanta, ad interessanti pomeriggi e serate in cui poesia e musica d’autore si mescolavano, con effetti ‘alti’. Se lo ricorda Lucio Quarantotto?
(sorride, ndr) E come no, Lucio lo scoprimmo, Bertolino ed io, al Club Tenco, grazie ai nostri amici Amilcare Rambaldi e “Bigi” (Renzo Barbieri, farmacista di Dolceacqua, ndr), fondatori dell’iniziativa sanremese. Era un poeta vero, raffinatissimo. Ha prodotto alcuni lp straordinari, anche se conosciuti da pochissimi. Ed è stato poi autore di grandi successi di Andrea Bocelli, fino alla fine tragica di due anni fa. Ma alla Biennale di Alessandria parteciparono, nelle varie edizioni, tanti nomi della canzone d’autore: da Vecchioni, a Paolo Conte, a Guccini, a tanti altri meno noti. E poi, naturalmente, il meglio della poesia italiana: persino Caproni e Zanzotto ci mandarono loro contributi.
E qui è doveroso aprire una parentesi sul poeta Sandro Gastaldi: quando cominciò a scrivere poesie?
Da giovanissimo, e non ho mai smesso. Ancora l’altro giorno, guardi, mi sono appuntato questi versi chiedendo in prestito un foglietto in un bar (ce lo mostra, estraendolo dal portafoglio, ndr): di solito vado in giro attrezzato con carta e penna, ma può capitare di scordarseli…
Lei ha pubblicato negli anni Ottanta, e con case editrici specializzate di riconosciuto valore, tre raccolte: La parola più bella (1981), In Dipendenza dal male (1985), Stanco dolore (1986): perché poi ha smesso?
Ho smesso di pubblicare in realtà, anche per qualche problema di rapporti personali con alcuni personaggi del sottobosco poetico torinese: ma mai di scrivere. Anzi, ho una produzione molto vasta legata agli ultimi anni, e tuttora in evoluzione. Chissà se vedrà mai la luce, ossia la stampa: vedremo.
E su scala alessandrina, ha avuto contatti con poeti e autori?
Onestamente pochi: posso citare Giovanni Rapetti, poeta dialettale scomparso da poco, originario (come me, tra l’altro) di Villa del Foro. A Torino, invece, mi fa piacere citare Giorgio Luzzi, poeta notevole, probabilmente non abbastanza apprezzato e divulgato. Alessandria comunque, sfatiamo un mito, non è periferia culturale: anzi, è al centro di un triangolo di grandi città come Torino, Milano e Genova, raggiungibili con grande facilità. Per cui si può tranquillamente scegliere di vivere qui, e avere frequentazioni culturali di ottimo livello, certo con un minimo di mobilità. Ma lo stesso, del resto, vale ormai per chi ha determinate ambizioni professionali: io stesso ho vissuto una intensa vita di pendolare. E ne ho tutto sommato un ricordo molto positivo: il treno era occasione di socializzazione, e anche di scoperte stimolanti, di confronto….
Non possiamo però non parlare del tennista Sandro Gastaldi: c’è chi sostiene che lei, sul campo in terra rossa, era micidiale, e che avrebbe potuto fare una bella carriera da professionista…..
Ma no, gli amici esagerano sempre, mi creda. Il tennis è stato una bella passione di gioventù, non lo nego: mi piaceva, e ho giocato a buoni livelli. Anche qui, legandomi ad un club di Torino, girando l’Italia, e vincendo anche diversi tornei e competizioni. Ma ho smesso a 24 anni, quando appunto sono subentrati altri interessi. E per diversi anni non ho proprio più giocato, zero assoluto. Per poi tornare a prendere in mano la racchetta in età più adulta: ma per puro divertimento!
Ettore Grassano