Ci accoglie con un sorriso, di prima mattina nella bella struttura della Chiesa Cristiana Evangelica di via San Giovanni Bosco, ad Alessandria. Il professor Roberto Frache (ma si pronuncia con sc finale, alla francese), “alessandrino di adozione, tramite mia moglie, ma anch’io comunque di famiglia piemontese, originaria di Torre Pellice”, è un esempio di straordinario di come scienza e fede possano non solo convivere, ma rappresentare i due punti di riferimento del percorso di vita di uno stesso uomo. Ordinario di chimica presso il Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Genova (“ma in pensione da quattro anni: a 71 mi hanno cacciato!”), il prof, Frache ha rappresentato, per diverse generazioni di studenti e ricercatori del settore, un autentico punto di riferimento, non solo in Italia.
E a Genova, in particolare, ha costruito nel corso del tempo un team di ricercatori impegnati in prima linea negli studi di ‘elementi e composti in tracce’ nell’ambiente marino che ha operato e opera non solo a casa nostra (Mar Ligure e Adriatico), ma nei mari di mezzo mondo, Antartide compresa. Al contempo, Roberto Frache è sempre stato un uomo di fede profonda (“ma non senza tentennamenti giovanili: la fede è una ricerca, e un percorso”), e una delle ‘anime’ delle Chiese Evangeliche dell’alessandrino. Incontrarlo, dunque, significa spaziare a tutto campo all’interno di una vita ricca di esperienze su fronti anche molto diversi.
Prof. Frache, partiamo dal suo percorso accademico, che è di quelli di vera eccellenza: lei è considerato un capostipite nello studio della chimica, non solo a Genova dove ha studiato e lavorato, ma a livello italiano, e internazionale….
La chimica è la disciplina scientifica a cui ho dedicato la mia vita di studi, e che ancora coltivo naturalmente. Appena laureato, nel 1964, entrai all’Università, e ci sono rimasto fino a 4 anni fa, quando mi hanno mandato in pensione. Diciamo che quando sono entrato io il percorso era netto: o dentro o fuori, e se eri dentro potevi subito cominciare a fare ricerca e studiare, sul serio. Oggi vedo una tale precarietà nella ricerca italiana, con persone di grande preparazione magari più di quarantenni che ancora attendono di essere stabilizzate. E poi è l’unico settore in cui si è costretti a cercare da soli i finanziamenti, se si vuole fare ricerca. Ma questo a dire il vero succedeva anche ai tempi miei….
Lei, ad un certo punto, ha dato vita, all’interno del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Genova, ad un team di ricerca specificamente dedicato allo studio degli ambienti marini, non solo di casa nostra, ma addirittura nel Mare di Ross, in Antartide. Come è andata?
(sorride, ndr) Semplicemente è passato il treno giusto, anzi la nave, e siamo saliti. Nello specifico, fu il Cnr ad avviare un progetto di ricerche oceanografiche, che coinvolse una vasta serie di professionalità, tra cui naturalmente i chimici. Costituimmo una squadra ricca di entusiasmo e di competenze, che procede nel suo percorso anche oggi che io sono un pensionato. L’altra esperienza essenziale nel mio percorso professionale fu quella in America Latina, e in Cile in particolare, nel trienno 89-91 e poi anche successivamente. Ho conservato con quei luoghi un rapporto molto stretto, che grazie ad Internet posso continuare a coltivare anche a distanza!
Lei, professor Frache, è un pensionato solo sulla carta, e ha in realtà una vita piena di impegni e di interessi, non solo di studio. Ci spiega innanzitutto a cosa deve il suo legame con Alessandria?
Ah, molto semplicemente ho sposato un’alessandrina, quindi il rapporto con la città c’è da tantissimi anni. In una prima fase è stata lei a seguire me a Genova, e abbiamo vissuto là a lungo. Poi, ormai più di vent’anni fa direi, ci siamo trasferiti qui, tra Tanaro e Bormida.
E l’impegno religioso con la Chiesa Evangelica, come nasce?
In realtà già la mia famiglia è di tradizione protestante, ma questo naturalmente non significa nulla, nel senso che ogni individuo è poi chiamato ad una scelta individuale. Comunque il mio impegno religioso c’è sempre stato, e anche con mia moglie ci siamo conosciuti in questo ambito. Certo, da quando però da quando sono in pensione ho più tempo da dedicare alla congregazione.
Come funziona la realtà delle Chiese Evangeliche in Italia?
Ci sono circa 250 comunità, e complessivamente saremo più o meno l’1% della popolazione. La nostra dottrina fa riferimento a Lutero, e il testo sacro di riferimento è la Bibbia. Qui ad Alessandria, questa nuova struttura in cui ci troviamo ora, in via San Giovanni Bosco, è stata costruita soltanto qualche anno fa, su un terreno ottenuto in ‘diritto di superficie oneroso’ dal comune. E grazie all’interessamento e alla collaborazione, lo sottolineo volentieri, del nostro amico Gianni Ivaldi, all’epoca consigliere comunale, e successivamente anche assessore. Ma quel che probabilmente molti non sanno è che il movimento Evangelico, in Italia, si costituì nell’Ottocento proprio a partire da Alessandria, ad opera di un esule mazziniano, l’abruzzese Teodorico Pietrocola Rossetti. Fu lui che, nel 1868, istituì un incontro di tutti i credenti evangelici della zona a Spinetta Marengo, in via Maruera. Poi venne la ramificazione un po’ in tutta Italia.
La vostra organizzazione non è ‘verticistica’, è così? Insomma, non esiste un ‘papa’ della Chiesa Evangelica….
No, infatti, la nostra è una struttura ‘congrezionalista’, diciamo di tipo orizzontale: ci sono tante comunità, ognuna della quale si autogestisce sia sul piano del culto, che amministrativo. In comune abbia solo un Ente Morale, che si chiama Opera delle Chiese Cristiane dei Fratelli, che serve per la rappresentanza legale e amministrativa, compresa l’intestazione di luoghi di culto o altri immobili.
Qui ad Alessandria quanti siete, e come funzionano gli incontri?
Qui in via S. Giovanni Bosco siamo un centinaio di fedeli, compresi alcuni rumeni, che sono ad Alessandria e ci frequentano da diversi anni, ed erano già Evangelici in patria. Ci ritroviamo qui soprattutto la domenica mattina, per pregare, riflettere, cantare. Ma anche quel momento è gestito in maniera collegiale, o a rotazione. Non abbiamo neppure un pastore insomma, che in altre comunità invece esiste. E poi, sempre qui, organizziamo incontri per i ragazzi, e anche con i loro genitori: un confronto aperto con tutti insomma, e non soltanto interno alla congregazione.
Da questo osservatorio, professor Frache, come vede la crisi che sta attraversando il Paese, e Alessandria in particolare? Aumentano le persone che cercano aiuto, in qualche modo?
Sì, è così. Ma non mi fraintenda: non intendo aiuto materiale, che non saremmo neppure attrezzati a fornire, al di là di casi individuali che ognuno può prendere a cuore, come pure è successo. Mi riferisco ad un numero crescente di persone che ha bisogno di Dio, di una fede più forte e genuina per affrontare anche difficoltà di vita crescenti.
Come congregazione gestite anche una casa di riposo a Casorzo, nell’astigiano. Come mai là?
E’ il frutto di una donazione di un privato, in una zona in cui la tradizione evangelica è molto forte e radicata. La struttura, che naturalmente non ha fini di lucro, può ospitare fino a 35 persone, e attualmente è a pieno regime. Abbiamo 12 dipendenti, ed io stesso due o tre volte alla settimana svolgo là attività di volontariato. Preciso che, sia tra i dipendenti che tra gli ospiti, le persone di fede evangelica sono un’esigua minoranza. E’una casa di riposo aperta a tutti coloro che ne hanno bisogno, insomma.
Professor Frache, lei è uomo di scienza, e di fede. Un binomio per molti inconciliabile: invece?
Invece io non ho mai ritenuto e non ritengo che i due piani siano inconciliabili. Come chimico ho sempre studiato e ricercato applicando la mia razionalità, basandomi sulle conoscenze della comunità scientifica. Questo non comporta però la negazione di Dio, così come naturalmente non la dimostra. La fede è un percorso diverso, e personale. Che ha accompagnato, anche con qualche dubbio e titubanza giovanile, tutto il mio tragitto di uomo.
Ettore Grassano