Se un leader è ‘carisma più competenza’, l’altra sera ad Alessandria Claudio Martelli ha dimostrato di possedere ancora integre entrambe le qualità. La sala della ex Tagliera del Pelo, ad Alessandria, era piena come nelle grandi occasioni, e per più di due ore non è ‘volata una mosca’, tanta era l’attenzione dei presenti. Socialisti? In gran parte probabilmente sì, ma in fondo ha poca importanza. Certamente tutte persone che hanno apprezzato (qualcuna anche con commozione) la capacità oratoria, e la ‘densità’ di riflessione politica dell’ex vice segretario del Psi, a lungo parlamentare, nonché ministro di Grazia e Giustizia (secondo la vecchia, e corretta, dizione evocata dall’avvocato Claudio Simonelli) all’inizio degli anni Novanta, e successivamente anche europarlamentare. Certamente una delle figure politicamente più rilevanti della prima repubblica, conclusasi ingloriosamente ma oggi meritevole di una rilettura più distaccata e meno ingenerosa, anche e forse soprattutto alla luce di quel che è venuto dopo.
Martelli era ad Alessandria (e qualche ora prima, nel pomeriggio, a Volpedo, in un altro luogo ‘simbolo’ del socialismo alessandrino) in veste di scrittore, a presentare la sua autobiografia, Ricordati di vivere. Un libro di 600 pagine che chiunque voglia capire un po’ meglio cosa fu davvero l’Italia dagli anni Sessanta agli anni Ottanta (e non solo per quanto attiene alla storia del Partito Socialista) deve leggere assolutamente. Facendolo, ci si trova di fronte soprattutto ad un intenso percorso di vita. In cui la politica recita un ruolo di primo piano, ma non è sola protagonista: c’è anche il Martelli privato, la passione per lo studio, i non pochi e mai nascosti amori (anche lì, in un dualismo culturale con Bettino Craxi, più legato ad una visione maschilista e ‘pre sessantottina’ della famiglia).
La serata alessandrina, però, è stata in gran parte ‘giocata’ sul filo dei sentimenti politici, e dell’orgoglio di appartenenza socialista: Martelli sa toccare le corde giuste, e parla ‘dell’epopea laico socialista che ci ha visti protagonisti per trent’anni, capaci di modernizzare questo Paese: per cui dobbiamo ribellarci a chi vorrebbe edulcorare la realtà, e far coincidere la nostra storia, lunga e gloriosa, con la fine della storia, il suo ultimo capitolo”. Tangentopoli pesa insomma, e ‘brucia’ ancora nell’animo dei socialisti, più che mai convinti di essere stati ‘stritolati’, vittime sacrificali di un sistema che aveva bisogno di un ‘capro espiatorio’, tutto sommato, per assolvere se stesso senza fare i conti con ciò che era stato. E che probabilmente continuò ad essere: e Martelli cita esplicitamente alcuni esempi della seconda repubblica, dal caso Parmalat alla vicenda Monte Paschi, in cui furono ‘bruciati’ capitali dei cittadini italiani in misura enormemente maggiore rispetto all’entità del sistema delle ‘tangenti’ (da Enimont in giù) che travolse il Psi, ma anche la Democrazia Cristiana, risparmiando sostanzialmente il Pci. E vent’anni non sono bastati per ‘stemperare’ certe tensioni a sinistra: “Ho visto il film di Veltroni, Quando c’era Berlinguer, e mi piacerebbe organizzare un dibattito pubblico tra me e lo stesso Veltroni, sul diverso approccio con cui, ancora oggi, io sono solito analizzare la figura di Craxi, e lui quella di Berlinguer. Pur avendo molto amato Bettino, e ritenendolo il grande statista che tutti abbiamo conosciuto, per me, per noi è impossibile non riflettere, a distanza, anche sugli errori, sui limiti. Se guardate il film di Veltroni invece ci trovate fiumi di retorica, e poco altro”. Insomma: lo spirito laico, critico e anche autocritico, contro la ‘chiesa’, l’ortodossia che non ammette revisionismo di sorta.
Appassionante, e illuminante, anche la narrazione di Claudio Martelli sulla sua esperienza come ministro di Grazia e Giustizia, tutta centrata sulla lotta a ‘Cosa Nostra’, e sul rapporto prima di forte stima, poi di amicizia con Giovanni Falcone: oggi ‘icona’ trasversale ma, ai tempi, oggetto soprattutto a sinistra di attacchi feroci, che Martelli ben inquadra con una serie di aneddoti, e con la ricostruzione di alcuni ‘passaggi’ storici epocali, fino alla stagione delle stragi, con l’eliminazione fisica dello stesso Falcone (e di Paolo Borsellino), e con tanta parte della politica e delle istituzioni che “si inginocchiarono di fronte a Cosa Nostra”.
Caustici poi i giudizi sui protagonisti della seconda repubblica: da Berlusconi (“bravissimo nelle campagne elettorali, quando c’è da vendere un prodotto è il migliore. Però fare politica è un’altra cosa, e non è proprio portato”), ai due premier di scarsissima personalità e consistenza che hanno preceduto Renzi: Mario Monti (“nominato senatore a vita in due ore, come il cavallo di Caligola”), e Enrico Letta (“un ectoplasma”). Sul nuovo segretario del Pd invece il giudizio di Martelli è più articolato e generoso: “Renzi rappresenta comunque il ritorno della politica, dopo una lunga predominanza di tecnocrazia e populismo. Naturalmente ora deve dimostrare con i fatti di poter e voler davvero cambiare questo Paese, e al momento i suoi principali problemi mi sembra averli dentro il Partito Democratico, dove la partita con gli ex comunisti è ancora aperta. E francamente stia attento Renzi a non essere indifferente alle sorti del suo partito: è un errore politico che fece anche Bettino, e ci costò molto caro”. Perentorio anche il giudizio su Grillo e i 5 Stelle: “Quando la politica diventa comica, ovvio che siano i comici a fare politica. Grillo è imbattibile sul piano delle battute, e noi socialisti lo abbiamo spesso sperimentato. Ma i 5 Stelle non sono un partito: solo la protesi web di due capi, che perseguono un loro disegno. Alle loro primarie, o come le chiamano, votano 20 mila persone. Meno degli iscritti al Partito Socialista di Nencini: che non è neppure quello certo un partito di massa…”.
Durante la serata anche un piacevole ‘botta e risposta’ con Felice Borgoglio, su alcuni ‘passaggi’ politici significativi del Psi (in particolare la conferenza di Rimini del 1982) e sul ruolo dei partiti come soggetti collettivi, ma anche espressione di leader carismatici. E, fra il pubblico, in prima fila il sindaco di Alessandria Rita Rossa ascolta interessata la conferenza fino alla sua conclusione, e poi con Martelli si scambia saluti, abbracci e numeri di telefono.
L’intervista con CorriereAl
Dopo la presentazione di Ricordati di vivere Claudio Martelli, sia pur esausto per la ‘performance’ oratoria, non si è sottratto ad una conversazione ‘quasi notturna’, che ci ha consentito di approfondire alcuni temi, di ieri ma soprattutto di oggi, e forse di domani.
On. Martelli, partiamo da oggi: cosa fa lei, nel 2014, oltre a presentare il suo libro in giro per l’Italia?
Beh, innanzitutto ho già alle spalle 50 tappe in altrettante città, in qualche mese. Ritmi serrati, e soprattutto la straordinaria opportunità di scoprire, come stasera ad Alessandria, che il popolo socialista c’è ancora, e ricorda con orgoglio la propria storia. In realtà però sto facendo diverse altre cose: negli ultimi anni ho dato vita ad una web tv, che si chiama Lookout, e racconta la vita, le storie, le ambizioni degli stranieri che vivono in Italia. Direttamente attraverso la loro voce, con redazioni a Milano e Roma. L’idea mi venne dopo l’indecente presa di posizione della Lega sul respingimento dei barconi in arrivo verso le nostre coste. Altra esperienza a cui credo molto è Resto al sud, progetto web che vede coinvolti numerosi blogger, e che ha l’intento di valorizzare l’enorme patrimonio di intelligenza, competenza e passione che c’è nel meridione del nostro Paese. Cerchiamo di aiutare i ragazzi e le ragazze, ma anche le persone di età più avanzata, a trovare strade e percorsi che consentano loro di lavorare e realizzarsi nella loro terra, contribuendo a farla crescere. Ma le pare possibile che le regioni del sud non siano in grado di presentare bandi adeguati all’Unione Europea, per avere accesso a bandi e finanziamenti a cui quei territori hanno diritto? Eppure spesso è così: e se non lo fanno loro, lo faremo noi.
Lei nel 1993, alla fine della prima repubblica, abbandonò la politica attiva a 49 anni. Perché? Orgoglio o che altro? E si è pentito?
Naturalmente i progetti di cui ho appena accennato sono politica, eccome. Ma capisco il senso della domanda, e non mi sottraggo: l’orgoglio c’entra, sicuramente. L’orgoglio di essere stato parte attiva di un progetto, di un’epopea laica e socialista, come l’ho definita anche stasera, che ha cambiato in meglio questo Paese, e che ha tenuto a lungo in scacco le due ‘chiese’, quella democristiana e quella comunista. Non pochi dirigenti del Partito Socialista nel corso della seconda repubblica hanno fatto scelte diverse, accasandosi nel centro destra, o nel centro sinistra. Ognuno naturalmente risponde per sé, alla propria coscienza: io non avrei potuto, non me la sono sentita. Anche se, in realtà, verso la fine degli anni Novanta, e fino al 2001, ci ho provato, eccome, a superare ogni diaspora e divisione, e a rimettere in piedi il Psi.
E cosa non ha funzionato?
Abbiamo commesso un errore fondamentale, di metodo: cercare di ripartire dalla classe dirigente, e non dalla base. E non ci siamo riusciti. Anche perché, quando nel gennaio 2000 dal palco di piazza Navona abbiamo fatto una promessa alle migliaia di socialisti che avevamo di fronte a noi, forse io ero l’unico che ci credeva veramente. Ma questo l’ho capito soltanto dopo.
Nel 2014, in uno scenario politico in costante evoluzione, ci potreste riprovare, o è tardi?
(riflette a lungo, ndr)
Attraversando l’Italia, città dopo città, mi rendo conto che il popolo socialista c’è ancora, con i suoi valori di laicità e di modernità, e con il suo orgoglio di appartenenza. Sono attivi circoli, comitati, associazioni. Per ripartire davvero ci vuole però un progetto grande, ambizioso. Ho già detto altre volte ‘no grazie’ ai diversi partitini che si sono formati dopo la nostra fine, non mi interessano. E per progetto ambizioso intendo non necessariamente un partito da 20% dei consensi, ma certamente capace di incidere nella società italiana, di interpretare questa nuova fase, difficilissima, della vita del Paese, e di dare risposte. Le cito due casi: il partito repubblicano di La Malfa, sul fronte economico, e il partito radicale di Pannella, su quello dei diritti civili. Quelli furono sempre partiti piccoli, in termini di consenso. Eppure capaci di incidere sul presente e sul futuro dell’Italia. Ecco, penso a qualcosa di simile e sì, diciamo pure che sto lavorando ad un ‘socialismo largo’, come disse una volta Rino Formica: solo che poi lui avrebbe voluto affidarne la realizzazione a Tremonti, ma lasciamo stare…
Cos’è oggi la politica, onorevole Martelli?
E’ quello che è sempre stata: il politico è nelle società moderne l’equivalente del guerriero, e capovolgendo la massima di Carl von Clausewitz (“La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi”), io dico, appoggiandomi ad una linea di pensiero che va da Eraclito fino ad Hegel e allo stesso Marx, che in realtà è la politica ad essere la continuazione della guerra con altri mezzi.
Ettore Grassano