Renzi si alza la mattina presto e twitta: “mi metto al lavoro sui dossier”. Al ministro della Cultura (per merito, avendo scritto un paio di romanzi illeggibili? Io ci ho provato, ma o si ride o ci si addormenta) Dario Franceschini, colpito da malore si spera soft, ritwitta “ti abbraccio”. E queste sono, secondo i nostri media, le notizie che interessano agli italiani.
Lasciamo stare Mussolini/Renzolini, per carità. Però Renzi ha di fronte a sé (e, più che altro, a noi) scelte e scenari da far tremare i polsi. Deve assolutamente uscire dalla dimensione dei proclami, degli slogan, delle battute. Non è più il ‘giampieretti’ che contesta gli adulti del partito, per scalzarli. E’ il premier di questo Paese, e come tale ci aspettiamo che si comporti, nei prossimi mesi.
Fare, enunciando con chiarezza obiettivi e strumenti, non significa twittare stupidaggini ogni mezz’ora (prontamente emulato da altri politici di mezza tacca). E la politica dei proclami, se non supportata da fatti concreti, ha di questi tempi un respiro cortissimo. Così come Renzi e altri big hanno una responsabilità estetica seria: presentarsi in pubblico, a convegni conferenze stampa o altro, con in mano l’i-pad, e distrarsi con lo stesso mentre gli interlocutori ti stanno parlando, non è moderno, ma semplicemente cafone. E poiché il fenomeno sta dilagando, sarebbe meglio darci un taglio dall’alto.
Attendiamo, comunque fiduciosi, i prossimi passi del premier. E i primi risultati concreti.