“Ma cos’è secondo te la logistica, per gli alessandrini?”. La domanda, a bruciapelo e con un retrogusto polemico, me l’ha fatta l’altro giorno un acuto osservatore delle cose di casa nostra, che sostiene di non poterne più di slogan inconcludenti della nostra classe dirigente (attenzione: non necessariamente di razza politica, o comunque non solo).
In effetti, di logistica ci siamo spessi riempiti la bocca, in questi anni: da un lato vagheggiando quella del futuro (legata in buona parte a quel calvario/eldorado che è il Terzo Valico), dall’altra esplorando quella del presente, ricca di esperienze eccellenti, da Casale a Tortona.
Ma, proprio guardando all’area di Tortona-Rivalta Scrivia, al nostro commentatore sorgono alcune domande, che ci porge con un sorriso.
“Non è che gli alessandrini si sono convinti del fatto che per fare logistica basta avere spazi ampi, e capannoni in quantità? Qualcuno lo avrà spiegato, in primis agli amministratori pubblici, che creare le condizioni per la logistica significa, al minimo, costruire strade ampie e soprattutto perfettamente asfaltate, ben illuminate anche la notte?
E, in effetti, se provate ad avvicinarvi alla famosa ‘città della logistica’, da qualsiasi parte la prendiate, vi troverete a cimentarvi con un bel ‘buca, buca con acqua” di tognazziana memoria. Magari i tir ce la fanno, ma per le auto che si trovano a frequentare la zona diventa una sorta di mission impossible, e se portate a casa gomme e copertoni ritenetevi fortunati, ma non provateci una seconda volta.
Pari e patta, in pratica, con il disastro del capoluogo alessandrino. E allora, che si fa? Anche qui non resta che alzare gli occhi al cielo, ed esclamare “San Matteo, aiutaci tu”, o vogliamo provare a far finta di crederci davvero, alla logistica del presente prima che a quella del futuro?