Volevo scrivere un post leggero con qualche tocco di ironia sulla mia prima da giornalista accreditato con tanto di tesserino al «Moccagatta», anche un po’ per accontentare il titolare della testata che sono cinque-sei anni che mi chiede di parlare dell’Alessandria. Volevo, ma come sempre accade qualcosa che ti fa cambiare idea all’ultimo minuto e non è l’agghiacciante 0-3 subito in casa dai ragazzi di D’Angelo, ma piuttosto la cronaca spicciola di quello che è successo su un campetto di provincia, categoria Giovanissimi regionali.
Parafrasando l’autore dell’articolo, è ovvio che a questi livelli i derby non si giochino solo in campo ma anche a scuola, nelle uscite serali, nelle partitelle all’oratorio fra amici: lo vedi anche salendo di età e di livello quando negli Juniores Nazionali si gioca un Novese-Derthona o un Derthona-Voghera e i giocatori fra loro – e con l’arbitro, purtroppo – si rinfacciano bevute insieme, tradimenti amorosi e compiti in classe non passati che sono costati un debito formativo. E’ il contorno che rende più appetibile ogni partita dove alla sana tensione agonistica si aggiungono i sentimenti campanilistici che in Italia attecchiscono benissimo come potrà confermare ogni tifoso di una squadra costretta a dividere le attenzioni della città con un’altra formazione di pari categoria, dai dilettanti alla serie A. E’ però buona norma, che quello che succede in campo resti in campo, ideale Las Vegas alla portata di tutti e che dopo il fischio finale si ritorni tutti amici.
Quello che è successo sabato va però decisamente oltre, con un dirigente locale prima espulso per intemperanze che nell’intervallo fra il primo ed il secondo tempo intimidisce l’arbitro a sufficienza da fargli sospendere la partita e viene trattenuto a fatica da un gruppo di genitori dei compagni del figlio – che peraltro aveva anche segnato il gol del pareggio per la propria squadra – mentre insulta un ragazzo che suo figlio anagraficamente avrebbe anche potuto esserlo e che aveva l’unica colpa di avere scelto di fare l’arbitro anzichè il giocatore; metafora curiosa di una società dove a volte se non scegli il lato da cui stare ma preferisci valutare senza partigianerie puoi essere ghettizzato da entrambi gli schieramenti. Ora si attende lo 0-3 a tavolino e le squalifiche per campo e dirigente, che non potranno però cancellare quello che è successo né restituire a molti di questi ragazzi che forse l’anno prossimo giocheranno in categorie differenti la gioia dell’ultimo derby insieme da «ragazzi», quando non hai ancora le pressioni della vita da adulto ad interferire con le passioni della vita da ragazzo e una partita può – ed in un certo senso deve – essere la priorità più importante della stagione. I problemi e le preoccupazioni concrete, molto più di quattro ore di down dei server di Whatsapp, come un mutuo da pagare, un lavoro da trovare, una casa da costruire ed una famiglia da metterci dentro arriveranno a far passare i risultati della squadra dove giochi in secondo piano, ma – e qui parlo per meravigliosa, splendida esperienza vissuta – i momenti belli dell’adolescenza si legheranno indissolubilmente ai risultati sportivi del periodo, e rileggere un almanacco del calcio di quegli anni sarà la madeleine privata di ognuno di noi per staccare un attimo e perderci nei ricordi.
– ha collaborato Daniele Zanardi.