Decrescita infelice all’alessandrina: come se ne esce?

Tiberti 5I numeri sulla débâcle occupazionale del territorio forniti ieri da Silvana Tiberti (nella foto), segretaria provinciale della Camera del Lavoro di Alessandria, sono eloquenti e lasciano poco spazio ad ottimistici voli pindarici.

Sono almeno 56 mila i lavoratori a vario titolo coinvolti dalla crisi, e solo un ricorso ‘massiccio’ agli ammortizzatori sociali ha consentito nell’ultimo anno di rendere meno tragico il tracollo. Ma è ovvio che la cassa integrazione non può essere un rimedio stabile e strutturale. E lo scenario di oggi è costituito da occupati sempre più precari, instabili, e con salari spesso da pura sopravvivenza. Comunque, un clima che fa pensare ad un territorio in caduta libera, in cui esiste ancora un benessere diffuso, è vero, ma garantito soprattutto dalle pensioni e dai risparmi delle generazioni più anziane. La prospettiva è dunque quella di una decrescita infelice (già in corso), tutt’altro che indolore per un numero crescente di persone.

Ma, posto che non ci si voglia e non ci si debba rassegnare, quali sono gli elementi da cui si può provare a ripartire?

L’analisi di Silvana Tiberti alcuni spunti li ha forniti: naturalmente dal punto di vista del sindacato, quindi non necessariamente esaustivi. Però va reso merito alla Cgil se non altro di esserci, e di provare a riflettere e a stimolare, mentre altrove esiste forse, nel corpo sociale, professionale e politico locale, una certa tendenza a prenderla come viene, rimanendo in balìa degli eventi.

Allora, in estrema sintesi:

1) su questo territorio poco o nulla è stato fatto per reagire davvero alla crisi, da parte delle istituzioni in primis (e Tiberti lo fa capire senza reticenze), e probabilmente anche da parte
della famosa controparte imprenditoriale, nelle sue varie articolazioni (questo lo deduciamo noi, la segretaria della Camera del Lavoro sul tema è più ‘sfumata’). Paradossalmente, ciò significa che, se davvero poco o nulla è stato fatto, può esserci margine di miglioramento: a patto naturalmente che ci si creda davvero, e che si rimbocchi le maniche. La partenza del Governo Renzi potrà aiutare? Lo scopriremo.

2) Direttamente collegato, c’è il tema degli investimenti. E qui casca l’asino. Il fronte pubblico è sostanzialmente immobile: “al progetto Terzo Valico stanno lavorando non più di 60 persone”, precisa Tiberti. Mentre il territorio provinciale, a partire dalle strade, offre uno scenario da terzo mondo, senza minimi segnali di ripresa e investimenti, aggiungiamo noi.

E i privati? Che denari sul territorio ce ne siano, eccome, nelle tasche di una minoranza è fuor di dubbio. Basta verificare la situazione aggregata dei depositi bancari, fra le più floride del Paese. Ma a queste condizioni di instabilità, in pochissimi scelgono la strada di nuovi investimenti produttivi. Meglio le rendite, e stare alla finestra. A ciò, va aggiunto che un sistema bancario che sostanzialmente non rischia più, e non investe sul mondo produttivo, porta le aziende ad una sorta di corto circuito, per cui la tendenza generale è tirare il freno a mano, liberarsi del personale non essenziale, quando non addirittura dismettere l’attività. E le realtà produttive ‘perse’, come sottolineano alla Camera del Lavoro, rarissimamente tornano a vivere. In genere sono perdute per sempre, con posti di lavoro annessi.

3) Crisi nella crisi, c’è il mondo ‘martoriato’ delle cooperative sociali che lavorano per il pubblico, soprattutto nel capoluogo. Fa notizia, oramai, il pagamento di una tranche (naturalmente relativa a prestazioni professionali erogate almeno un anno prima) di debiti ai suoi fornitori da parte del Cissaca, il Consorzio Socio Assistenziale dell’Alessandrino. Ma che chi lavora per lo Stato, nelle sue varie articolazioni locali, venga pagato regolarmente dovrebbe essere la norma, non l’eccezione che diventa notizia. Nel mondo capovolto di Alessandria e dintorni, da qualche anno, questo succede.

E allora come se ne esce? Certamente segnali importanti dovranno arrivare dal nuovo Governo Renzi. “Ma nessuna ripartenza vera può prescindere da una sostanziale restituzione ai salari del loro potere di acquisto, e ai lavoratori di posti di lavoro stabili: solo chi ha una minima serenità rispetto al futuro può permettersi di spendere, e quindi di far ripartire i consumi interni”, sottolinea Silvana Tiberti. Perché, non dimentichiamocelo, a ‘reggere’ l’urto della crisi, nell’alessandrino, è ancora e sempre l’export (“nonostante il costo dell’energia sia due o tre volte quello di altri Paesi europei, e a dimostrazione del fatto che il problema italiano non è certamente il costo del lavoro, anzi…”). Mentre occorre ridare fiato e gambe all’economia del territorio, guardando anche ad una innovazione, ‘di processo e di prodotto’, che guardi davvero al domani.

Insomma, non solo barricate per difendere le vecchie trincee, ma innovazione, coraggio e fiducia nel domani è quel che la Camera del Lavoro sembra chiedere ad imprenditori e classe politica.
E il tema del lavoro (precario) e dei salari (sempre più ‘eròsi’) sarà certamente al centro del congresso provinciale Cgil in programma per il 6 e 7 marzo nella sede dell’Università Avogadro, agli Orti. Parteciperanno 230 delegati, risultato di circa 500 assemblee territoriali, con 19 mila votanti complessivi. E Silvana Tiberti ri/candidata (unica, almeno per il momento) alla segreteria.

E. G.