La Sanità è un fattore rilevante per lo sviluppo economico, ed una componente essenziale per il benessere sociale di un Paese. In Italia è la prima voce di spesa delle Regioni, pesando tra il 60 ed il 70 % dei bilanci regionali, è il secondo datore di lavoro nell’impiego pubblico con circa 700.000 lavoratori, ed è il primo volano dell’ economia se si considera la spesa complessiva per la Salute, oltre il 9 % del Prodotto Interno Lordo (PIL), e l’indotto collegato come l’industria farmaceutica, i servizi di supporto, la costruzione di infrastrutture.
Purtroppo il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) sta attraversando un momento molto difficile, in quanto la sua sostenibilità è ormai messa in dubbio in relazione alla crisi che ha colpito in larga parte i Paesi Industrializzali. In sostanza il decremento del PIL rende difficoltoso l’attuale finanziamento della Sanità italiana, in una dinamica crescente di spesa per il progresso tecnologico, l’invecchiamento della popolazione e l’aumento delle cronicità.
A questa congiuntura sfavorevole si aggiunga, quale ulteriore criticità, che la Regione Piemonte è sottoposta al Piano di Rientro del disavanzo accumulato: non a caso le risorse assegnate al Territorio ed agli Ospedali sono sempre minori.
In questi mesi secondo le indicazioni dell’ Assessorato alla Sanità tutte le Aziende Sanitarie si sono riorganizzate con lo strumento degli Atti Aziendali, secondo un modello che si può tranquillamente definire “dirigista”, cioè calato dall’alto, o dal punto di vista tecnico “modello per budget centrale e a prevalente centralità della Regione”, quindi con un forte controllo sull’assegnazione delle risorse.
Da medico che lavora in un Ospedale pubblico il 26 marzo dello scorso anno su “Lo Spiffero“ così scrivevo: “Alla luce della riorganizzazione della Rete Ospedaliera della nostra Regione mi siano consentite alcune considerazioni, comprensibili agli “addetti ai lavori”, ma forse meno a tutti gli altri, che sono poi comunque la maggior parte dei nostri Concittadini, fruitori delle prestazioni del Servizio Sanitario. La riorganizzazione della Rete Ospedaliera Piemontese è inizialmente contenuta nel così detto “Addendum 2011” che in parte anticipa una Bozza di Decreto elaborata lo scorso anno dal Ministero della Salute. Orbene, in questa sono riportati “gli standard minimi e massimi di struttura per singola disciplina”, in base ai quali si stabiliscono ad esempio le necessità dei Reparti Ospedalieri Degenziali in conformità a “bacini di utenza”, generalmente estremamente variabili, legati prevalentemente alla “numerosità” della popolazione. Questo “parametro” a mio avviso non è sufficiente da solo. Ovvia considerazione, a tutti invece comprensibile, è che in Italia, ma anche in Piemonte, amplissime sono le differenze territoriali in termini di caratteristiche demografiche ed epidemiologiche degli abitanti, conformazionali ed infrastrutturali dei luoghi e presenza di Presidi Ospedalieri e loro integrazione con le Strutture “lungodegenziali”. Senza tener conto poi di alcune specificità per alcune Specialità come l’Oncologia e le Malattie Infettive, come il mesotelioma nel casalese e la necessità di una capillare presenza di una rete infettivologica pubblica per la prevenzione e cura di alcune patologie come l’AIDS in costante lieve aumento, le meningiti e la tubercolosi, riemersa ai livelli degli anni cinquanta dello scorso secolo, quando però in Italia esistevano i dispensari ed i sanatori“.
Non so quanto queste ovvie considerazioni si ritrovino all’interno della riformulazione della Rete Ospedaliera e comunque quanto questa debba essere resa operativa, mediante gli atti aziendali, con le imminenti elezioni. Ora che in Piemonte si ritornerà a votare da cittadino, e quindi da potenziale paziente più che da medico, mi auguro che si comprenda che la Sanità è di tutti e che nessuno deve arrogarsi la ricetta per riorganizzarla senza preventivamente conoscere l’opinione dei piemontesi: dai malati fino ai volontari. Soprattutto durante la campagna elettorale i candidati non tacciano, più o meno consapevolmente, sull’idea di salute nella nostra Regione: i piemontesi vogliono vedere chiaro sul bene più prezioso che hanno, la salute appunto, e quindi non penso siano più disposti a consegnare deleghe in bianco a chicchessia, pena di ritrovarci come in Grecia ove l’ aspettativa di vita si è ridotta, non ci si cura più per i tumori e sono ricomparse la malaria e la tubercolosi.
*Medico e sindacalista