Habemus Papam

Comune Alessandria 4di Pier Luigi Cavalchini
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Siccome sono convinto che di Bilancio Comunale di Alessandria si discuterà ancora per molto, mi limito – una volta fatti  i complimenti a chi è stato artefice di questo “miracolo” – a riepilogare i fatti, cercando di capire dove si è sbagliato e come ci si dovrà comportare in futuro.

La crisi alessandrina parte da lontano ed è tutta specifica alla realtà mandrogna. Trova le sue prime avvisaglie nel biennio di  “governo forzato” del Commissario Macrì che, per primo, ha cercato – ad inizio anni Novanta – di dare una regolata all’insieme dei conti alessandrini, riuscendo – purtroppo – solo parzialmente nell’  intento. Erano gli anni dei lavori rifatti più volte per una stessa strada o marciapiede o fognatura ecc., giusto per accontentare tre o quattro imprese e non una sola. Erano anche gli anni in cui si era costretti a firmare cambiali in bianco ad architetti ed ingegneri  locali e non, perché il sistema degli incarichi e degli appalti non permetteva di soddisfare tutti gli appetiti. Sembra la preistoria, ma invece era la città di Alessandria di non più di trent’anni fa.

Poi venne la Lega, con il ciclone Francesca Calvo ed una ventata di (quasi) nuovismo che ha attirato voti  e consensi ma, sostanzialmente, non ha scardinato la “macchina” perfettamente funzionante anche se con alcuni “pezzi” in manutenzione (dall’ “affaire” Vincenzo Pasino alle malversazioni segnalate in vari uffici…). Normale (dis)amministrazione, tutto sommato, che ha toccato – negli stessi periodi – un po’ tutte le città grandi più o meno quanto la patria di Gagliaudo.

Ed è proprio qui, però, che cominciano le magagne, quelle vere. Un’improvvisa iniezione di svariati miliardi di vecchie lire nel giro di pochi anni, ha fatto la differenza. Si trattava dei soldi in transito per tappare i danni causati dalla violenta alluvione del 1994 e da tutto quanto ad essa  connesso. Ogni cosa, ogni deliberazione, ogni atto, passò sotto la dizione “condizione di emergenza” trovandosi immediatamente in una corsia preferenziale rispetto a tutti gli altri provvedimenti, sottoposti alle italiche lentezze.

Si poterono così stanziare ingenti somme per ristrutturazioni, per lo più affrettate e non ben armonizzate – come si può vedere in alcuni quartieri fortemente toccati dall’alluvione –, arrivando anche ad ipotizzare interventi risolutivi per intere fasce della città. L’incontro del gennaio 1995, a pochi mesi dall’alluvione, nella sede prefettizia dell’allora dottor Gallitto, è  all’origine – per esempio – del discutibile doppio intervento sui ponti Forlanini e della Cittadella, volendo dare per buona l’opzione di “necessità” per l’altro ponte allora abbattuto: quello della Ferrovia. E’ storia vecchia che, forse, non appassiona… ma che è utile ricordare, visto che con gli stessi soldi spesi per quegli interventi, ora avremmo casse di espansione efficienti a monte della città, con impatto minimo dal punto di vista ambientale e con un maggiore grado di sicurezza idraulica relativa.

Praticamente, al volgere del Millennio, si è continuato ad avere “capitoli di spesa” con numeri e prospettive di impegno ben al di sopra delle possibilità ( e delle necessità) della città di allora e, a cascata, della città di oggi. Ricordo, giusto, per la cronaca, che il Piano Integrato di Sviluppo Urbano trae le sue origini proprio da quel tipo di approccio scorretto, arrivando persino – oggi – a supplire con fondi di altra origine (soprattutto regionali) ciò che non era riuscito con la “blitz krieg” di fine anni Novanta. Non è, infatti, peregrina la tesi secondo cui in condizioni di “calma”, cioè di silenzio e accettazione dell’esistente – così come era avvenuto per il frettoloso intervento sul ponte Forlanini – già nei primi anni del Terzo Millennio avremmo già avuto bell’ e pronto il ponte (per ora definito) Meier.

Bastava che qualcuno non ci mettesse lo zampino, che non si agitasse a Roma qualche parlamentare e che la Sovrintendenza continuasse a guardare altrove, lasciando Alessandria al suo destino… Così non fu e, anche di lì, cominciarono una serie di reazioni più o meno scomposte – sicuramente molto costose e. quindi, di peso per i Bilanci di allora – che culminarono con l’abbattimento forzoso (e dispendioso) dell’antico ponte Cittadella.

Insomma, per più di vent’anni si è mantenuto un tenore di spesa non sostenibile, con feste criticate (ma, allora, sostenute dai più), con strane ed inutili mostre, con una interpretazione della “cultura” e della “promozione” più a fini elettorali che di vera informazione ed elevazione personale. Con la prevedibile  conseguenza – ad un certo punto – di tagli al sociale, di debiti col Cissaca e con le “Partecipate”, per chiudere con debiti a iosa, contratti pure con chi cambiava i vetri ed i rubinetti.

Quindi, benvenuto risanamento, benvenuto – soprattutto – perché, a quanto si legge dall’intervento del rappresentante del Movimento Cinque Stelle, alcune delle considerazioni “non in linea” con il verbo  espresso dalla Giunta di Governo, hanno trovato ascolto, almeno implicitamente. Segno che, almeno nelle segrete stanze, non dovrebbe più prevalere la politica del “muro contro muro” ma quella – molto più utile per la città – del ragionamento prima prendere una qualsiasi decisione. Il comico, se non fosse tragico, “tiramolla” sulle modalità di raccolta differenziata con milioni di euro letteralmente buttati nella spazzatura deve pur insegnare qualcosa…

Pertanto siamo di fronte ad un  momento di passaggio, ad  una vera e propria “cesura” tra il prima e il dopo. E ora che il trampolino è libero non resta che saltare…