La lettera che abbiamo pubblicato nei giorni scorsi, scrittaci dal socio lavoratore di una cooperativa sociale alessandrina, lancia un grido d’allarme, l’ennesimo, sullo stato di salute di un comparto che rischia davvero il collasso, pur essendo ‘sovraccarico’ di lavoro, soprattutto sul fronte pubblico.
Ma ciò che più stupisce è che, dopo una fase se non altro di forte pressione mediatica (probabilmente in sè non risolutiva: ma almeno la parte di cittadinanza più attenta era edotta e consapevole della situazione), da un po’ di tempo in qua sembra quasi che siano le stesse cooperative sociali ad essersi rassegnate, o comunque appaiono incapaci di fare ‘sistema’, e di porre la loro situazione al centro della scena, e del dibattito pubblico.
Qualche settimana fa, da noi intervistato, Corrado Parise (presidente della cooperativa Il Gabbiano: ma anche ex politico locale, e quindi forse un po’ più incline degli altri nel settore a comunicare, almeno quando interpellato e stimolato) ha sottolineato che la situazione nel settore è drammatica: certamente non meno dell’anno scorso, anzi in certi casi anche di più. Si vedano alcuni casi alessandrini citati dallo stesso Parise (la ‘storica’ Liberazione, o la più giovane StarAl), costrette ad abbassare ‘la claire’, ma anche tante altre realtà che resistono per spirito di servizio e senso della ‘missione’, e non si sa fino a quando.
Diverse le domande che è lecito porsi:
– E’ mai possibile che lo Stato, nelle sue diverse articolazioni locali (regioni, province, comuni, consorzi: non importa, sempre mano pubblica è) possa permettersi di far lavorare migliaia di persone che svolgono un ruolo essenziale in termini di assistenza a giovani, disabili, anziani, e che non le paghi dopo aver loro affidato compiti e servizi? Perché guardate che, in soldoni, il settore è in crisi solo per questo: c’è un committente pubblico che affida appalti, e non salda le fatture, se non ‘a babbo morto’. Indecente.
– Queste cooperative hanno rappresentanze di categoria degne di questo nome, che siano in grado di dar voce al dramma e di stimolare soluzioni efficaci, o invece tali rappresentanze si limitano a far pagare un agli associati un dazio annuale in forma di iscrizione, tanto per mantenere strutture e personale? Problema comune a tanti contesti professionali di questo Paese, sia chiaro: tra cui anche i giornalisti.
– Più difficile, ci pare di capire, la posizione dei sindacati: perché appunto il sindacato deve tutelare i singoli iscritti, ossia i lavoratori. E se una cooperativa non viene pagata dai committenti (e le banche ad un certo punto le ‘chiudono’ i rubinetti del credito), rallenta i pagamenti degli stipendi e diventa lei stessa ‘l’antagonista’ del sindacato. Guerra tra poveri insomma: da evitare come la peste.
– Su fronte della crisi Alessandria è in linea con il resto del Paese, e del Piemonte, o qui da noi le cooperative sociali ‘soffrono’ particolarmente? E se così è, per quali motivi, e con quali possibili soluzioni? Ci piacerebbe che qualche esponente politico locale ci rispondesse, e prendesse in mano la situazione. Attendiamo fiduciosi, ma torneremo ad occuparcene presto.