Le ultime festività natalizie hanno portato sulla mia tavola – tra l’altro – un arrosto di maiale in crosta con funghi e contorno di patate al forno e cotechino con lenticchie.
Il maiale ha una storia lunga e un suo fascino.
Quando nella notte dei tempi si sacrificava un animale alla divinità di turno, spesso la scelta ricadeva sul porco.
Il motivo per cui ciò accadeva era dovuto al fatto che da sempre questo animale “rappresenta una bestia monda e innocente”, giusta quindi per rappresentare espiazione dei peccati dell’uomo di fronte agli dèi.
Con l’avvento del Medioevo e della Cristianità, il maiale cadde in disgrazia.
Divenne una creatura negativa, legata ai riti del Paganesimo e metafora della lussuria.
Nell’Inferno della Divina Commedia, Dante punisce i falsari che si azzannano a vicenda come maiali (“mordendo correvan di quel modo / che ‘l porco quando del porcil si schiude”.
Nel 1945 George Orwell prende ad esempio i maiali di una fattoria (“La Fattoria degli animali”) per tratteggiare una delle opere più evocative, complesse ed entusiasmanti della storia della letteratura.
L’intelligenza dei suini passa attraverso il disegno del Vecchio Maggiore (verro saggio e idealista), le gesta di Palla di Neve (studioso di storia e coraggioso in battaglia) e la figura di Napoleon (scaltro, bugiardo e doppiogiochista).
Oggi offendiamo il nostro peggior nemico dandogli del maiale, ma ne gustiamo tutte le qualità della carne (non del nemico, s’intende).
Finalmente, a suggellare la vera trasformazione antropomorfa del porcus maialis, è giunta sugli schermi piccoli e grandi una figura tenera e rassicurante: Peppa Pig.
Ancora una volta (così come per Orwell) un prodotto suino direttamente dalla Gran Bretagna, una sorta di risposta edulcorata ai Simpson americani.
Peppa è una maialina diligente e gentile con tutti, primogenita quattrenne di una famigliola normale che come in una qualsiasi sitcom vive vicende del quotidiano.
I bambini e gli adulti fanno follie per poter vedere le nuove avventure, stanno già arrivando i primi gadget che a breve invaderanno il mercato (magliette rosa, penne profumate, cappellini, gonnelline, scarpette,…)
Tutto ciò fa bene, poiché ci fa vedere con occhio più indulgente le brutture quotidiane.
Ci assomigliamo un po’ tutti.
Siamo tutti un po’ maiali e siamo tutti un po’ umani.
Un attimo prima guidiamo l’auto, subito dopo ci rotoliamo nel fango.
Chiamiamola “flessibilità del genere”.
E io ci sto.
L’unica cosa che chiedo a vegani e vegetariani: lasciatemi godere dei piaceri della carne senza farmi sentire in colpa.
Fate come credete.
Lo stesso farò io.
Senza infrangere la legge, of course…
Del resto: quattro gambe buono, due gambe cattivo!