«Devo fermarlo, ci sono duemila compagni davanti alla scuola»
Aitazaz Hassan Bangash, 6 gennaio 2014
Aveva a quanto pare 17 anni, e non 14, lo studente pachistano Aitazaz Hassan Bangash che lunedì 6 gennaio, nostro giorno dell’Epifania, è morto per fermare un attentatore suicida che stava per farsi esplodere davanti ad una scuola.
«Gli altri studenti sono indietreggiati – ha raccontato alla Cnn il cugino di Aitazaz, Musadiq, che era con lui – ma Aitazaz ha sfidato il terrorista. Nella colluttazione che ne è seguita, l’attentatore è stato colto dal panico e ha fatto esplodere la bomba». Aitazaz e l’attentatore sono morti sul colpo. «Devo fermarlo – avrebbe detto il ragazzo poco prima di lanciarsi sull’uomo per fermarlo – ci sono duemila compagni davanti alla scuola».
Ecco, il gesto di questo ragazzo, a cui potremmo appiccicare l’etichetta di “eroe” (essere unico e pressochè irripetibile) per tenerlo ben distante dalla nostra portata, mi ha fatto tornare alla mente una frase che avevo letto diverso tempo fa, e che mi era rimasta in testa senza che ne cogliessi più di tanto il significato: “Le forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo”.
Aitazaz Hassan Bangash, un diciassettenne che ha dato la vita per i suoi amici, mi ha dimostrato che la storia invece può essere cambiata dal cuore generoso e profondo di un essere umano. Da padre di famiglia, penso che i suoi genitori lo abbiano educato ad essere “grande”, in ogni situazione.
Vorrei che i miei figli imparassero questo, da Aitazaz: che nella vita ci vuole coraggio, e che la storia (o la Storia) non è ineluttabile, frutto del vento o di chissà quali meccanismi. Un cuore grande può cambiarla e renderla più vera e più vivibile. Per tutti.