Dal film “Disconnect”, da qualche giorno in programmazione in Italia, arriva un duro ed efficace atto d’accusa contro le degenerazioni del web e della tecnologia, oltre che sul rapporto fra privacy, potere e libertà individuale.
Il tema è quello – purtroppo attuale – della invadenza e pervasività dei nuovi mezzi di comunicazione, che rischiano di relegare in secondo piano il ruolo fondamentale che rivestono, per la diffusione della conoscenza e la capacità di generare promozione sociale e civile.
In un mondo in cui realtà virtuale e reale si confondono, fatto di persone sole che cercano un contatto umano usando i cellulari, i tablets e i social network, in cui la differenza generazionale ormai si misura con la dimestichezza con la rete e diventa più importante la rappresentazione di sé che risulta da Facebook piuttosto che il rapporto fra persone che si confrontano nella vita reale, le nuove tecnologie rappresentano in effetti per i più giovani un richiamo irresistibile.
E proprio i giovani sono i più vulnerabili, in un sistema di cui si trovano ad essere, nel bene e nel male, inconsapevoli protagonisti.
Ecco perché “scollegatevi e tornate a vivere” è l’invito-provocazione del regista.
La smania di essere perennemente in contatto con qualcuno che per lo più neppure si conosce, di “postare” riflessioni o commenti che neppure ci sogneremmo di esplicitare di persona, evidenzia come sia forte oggi la tendenza ad affidare, con preoccupante leggerezza, le nostre vite e i nostri dati personali – che è quanto di più prezioso possediamo – a soggetti che nel migliore dei casi ne approfittano per lucrare, nel peggiore per carpire segreti, confidenze e immagini, che diventano strumenti di un gioco perverso in cui i più sprovveduti si perdono, sono vittime di bullismo e furto di indentità, e talora giungono addirittura al suicidio.
Quello che colpisce, senza indulgere a semplicistiche rievocazioni del bel tempo andato, è la ancora non molto diffusa consapevolezza dei rischi, oltre che delle opportunità che l’uso dei nuovi media comporta. Il che significa lasciarci alle spalle l’entusiasmo acritico che fino a qualche tempo fa individuava in Internet la soluzione di tutti i problemi per adottare un approccio di cyber-realismo, che ci porti a fare i conti anche con il “lato oscuro della rete” (come indica Evgeny Morozov, l’intellettuale bielorusso esperto di tecnologie e di Internet), che pullula purtroppo di messaggi violenti e fondamentalisti, subdoli e falsamente accattivanti.
Se l’anno 2014 è destinato a diventare l’anno della privacy e dei dati personali, non foss’altro perché verranno probabilmente approvate nuove importanti norme a livello comunitario e internazionale, destinate a stabilire un quadro di riferimento aggiornato e – si spera – adeguato al progresso tecnologico degli ultimi anni, occorre al tempo stesso e in parallelo compiere passi avanti sul terreno dell’educazione e della responsabilità, così da poter fornire tutela e protezione anche e soprattutto ai più giovani.
Regole migliori sono infatti importanti ma non sono sufficienti, in un mondo in cui i dati sono diventati ormai merce di scambio.
Qualche giorno fa è stato presentato il Codice di autoregolamentazione contro il Cyberbullismo, che costituisce un passo importante verso una migliore tutela dei minori riguardo ai contenuti presenti nella Rete ed i comportamenti da essi stessi adottati nell’utilizzarla.
Occorre peraltro essere consapevoli che nell’era digitale le nostre vite rischiano di non essere più del tutto nostre, in quanto lasciamo continuamente tracce digitali non solo quando siano connessi in Internet, e i nostri dati personali progressivamente si accumulano negli archivi di coloro con i quali interagiamo (gestori telefonici, motori di ricerca, banche, poste, autostrade, ecc.).
Questo consente una “profilazione” scientifica delle nostri comportamenti, dei nostri gusti e dei nostri orientamenti, al punto da poter ricostruire la nostra identità. Sul punto occorre una riflessione collettiva, perché dall’analisi dei dati raccolti è possibile non soltanto controllare ogni individuo ma individuare contatti, tendenze, comportamenti, orientamenti politici.
La realtà è che privacy, quanto meno come l’abbiamo concepita finora, rischia di diventare una semplice illusione, e la sua violazione compromette la nostra libertà.
Ecco perché nel mondo dei nuovi media serve, oltre naturalmente a norme aggiornate che prevedano sanzioni rapide ed efficaci per i trasgressori, un sistema educativo adeguato ad una “società della conoscenza” in rapida evoluzione, con genitori e insegnanti attrezzati e in prima linea per fornire ai ragazzi strumenti che li rendano consapevoli del valore delle loro scelte e della necessità di diventare responsabili cittadini di domani.
Colpiscono e feriscono la sensibilità di un minore la banalizzazione degli affetti e dell’espressività sessuale, l’assuefazione alla violenza, l’ostentazione della privacy, la spettacolarizzazione del male, la confusione tra reale e virtuale, il relativismo nichilista per cui ogni valore è indistintamente uguale a un altro. Spesso nei giovani si nota un atteggiamento “adultizzato”, ma senza la consapevolezza del significato di certi comportamenti e delle possibili conseguenze. Così i minori vengono catapultati in un mondo adulto, talora rappresentato in modo irreale e paradossale, senza che elaborino le tappe necessarie per una crescita graduale, equilibrata e consapevole. Per questo accompagnare i più giovani all’utilizzo dei mass media e delle nuove tecnologie risulta indispensabile. In tal senso la “libertà” (di manifestazione del pensiero, di espressione, di impresa) deve accompagnarsi alla “responsabilità” dei vari attori del sistema (emittenti radiotelevisive, operatori della rete, giornalisti, ecc.)
Il Comitato Media e Minori, che ha il compito di vigilare affinchè i media siano rispettosi dei diritti dei ragazzi, ha scelto appunto di fare dell’educazione uno degli elementi qualificanti della sua azione. Sta infatti avviando una serie di iniziative insieme e con il supporto delle istituzioni scolastiche, a livello nazionale e locale, per informare i giovani delle straordinarie potenzialità dei media e al tempo stesso attrezzarli a fronteggiarne i pericoli.
Come ci ricorda Jerome Lanier nel suo recente libro “Who owns the future?”, non può essere la tecnologia a prendere in mano il nostro futuro, siamo noi a doverlo guidare, con consapevolezza e responsabilità, nel rispetto degli altri e con il dialogo, sulla base di valori solidi e condivisi.
*Presidente Comitato Media e Minori
Ministero della Sviluppo Economico