Si fidano dello Stato? Direi tranquillamente di no, gli italiani non si fidano dello Stato. E come potrebbe essere diversamente con la storia che hanno alle spalle? Si fidavano dello ‘Stato’ quando questo derivava direttamente da loro, ai tempi dei liberi comuni e delle repubbliche marinare fino ad arrivare, ma solo in pochi casi, alle signorie perché già a quel punto nascevano non ingiustificate diffidenze nei confronti di quei condottieri di ventura che in qualche caso riuscivano a ritagliarsi un potere di dimensioni grossomodo regionali.
Ma da allora in poi le cose sono andate sempre peggio. Cosa dovevano fare gli italiani quando ogni tot di anni le potenze europee giocavano a dadi sullo stivale Cosa dovevano fare? Affidarsi fiduciosi ai francesi, agli spagnoli, agli austriaci o ai papi che da parte loro civettavano con tutte le potenze cattoliche per trovarsi protettori potenti? Dovevano pagare devotamente le tasse, dopo aver subito soprusi, furti, saccheggi e spoliazioni come accade per altro a ogni popolo costretto a vivere con il piede straniero sopra il cuore? Cosa dovevano fare? facevano l’unica cosa che consentiva loro di mantenere un minimo di dignità identitaria.
Si adattavano, chinavano la testa, rendevano i dovuti omaggi, ma, appena possibile si vendicavano. Nell’oscuro del loro cuore sentivano di non essere inferiori a nessuno e allora si rifugiavano nello sberletto, nello sfottò, ma anche nel gusto feroce della frode. E sì, contrabbandavano, evadevano, facevano del delinquere un’arte sopraffina mettendo a frutto immensi patrimoni di scaltrezze e di intelligenti dissimulazioni tesaurizzare nei secoli.
Poi arrivarono i Cavour, i Garibaldi e i Savoia. Gente di montagna questi ultimi, ruvidi, privi di mollezze ma abili nell’approfittare del momento e altrettando abili nel far funzionare una macchina burocratica occhiuta e implacabile, ancorché innervata da onestà e senso del dovere. Ma durò poco. Durò giusto il tempo che, dopo le primitive diffidenze, la piccola e media borghesia meridionale si accorgesse che erano arrivati per durare, e desse origine a una progressiva infiltrazione dei gangli dello Stato che oggi ha compiuto definitivamente i suo compito facendo di Roma quella big mama che ancora oggi non si nega mai ai propri figli.
Poi venne il fascismo, poi la Repubblica, ma dal punto di vista di cui stiamo parlando le cose cambiarono ben poco. Nel senso che da una parte ci sta sempre lo Stato, con i suoi palazzi, le sue retoriche ufficiali, i suoi imperativi morali e dall’altra ci sta il cittadino, maltrattato, succube, suddito, costretto a cercare favori piuttosto che a far valere diritti.
E così gli italiani continuano a non fidarsi. Non solo dello Stato, ma anche di tutte le sue articolazioni. Non della politica, non della giustizia non della polizia, non dei carabinieri (che comunque conservano un’aura di correttezza sicuramente superiore) non della finanza, non dei forestali ormai padroni del loro ducato di Calabria.
Ma di cosa si fidano allora? Della famiglia, della struttura fondante di ogni civiltà, all’interno della quale trovano rifugio e sollievo alle amarezze del vivere. Ma, attenzione. In questi anni la famiglia si sta trasformando profondamente, non solo per il fenomeno esplosivo dei singoli, ma anche perché in tempi calamitosi come quelli in cui stiamo attraversando i suoi valori fondanti stanno venendo meno. Nella famiglia si condividevano affetti (sfera privata) ma anche valori (sfera sociale); si educavano i figli e si perfezionava la difficile arte della convivenza. Ora sempre più spesso la famiglia diventa una struttura difensiva, un ‘ridotto’ in cui ci si rifugia per meglio difendersi da un mondo sempre più incomprensibile e ostile, una capsula in cui hanno validità regole altre da quelle statali. Non è una bella cosa.