Parto con una segnalazione più che doverosa, ovvero l’ultimo numero, speciale natalizio, della bella rivista edita dall’indomito Ugo Boccassi, avente per titolo “Alessandria citata – Immagini e destini, da Dante e Carducci ad Eco e Soldati”, ovvero uno straordinario excursus solo all’apparenza “citazionistico” di Mario Mantelli sui rimandi artistici, letterari e saggistici riguardanti il nome e la sostanza della nostra amata/odiata città.
Vi invito davvero a investire 4 miserabili euro in questa opera straordinaria che statistica è solo in apparenza e che, come ricorda l’Ugo nazionale (per noi tale è) nell’introduzione, “è un’opera che – grazie alla penna di Mario e allo stile accattivante dei suoi commenti -, pur spezzata in tessere di mosaico, ha il respiro di una storia, di un romanzo con un fil rouge che consegna ai lettori un’Alessandria ignorata e per nulla ‘da buttare’”. Di più direi: appassionante. Un percorso che si beve quasi con avidità e quel che sorprende è che si tratta dell’anima sfaccettata della nostra città, sempre accusata a torto di grigiore e inazione. Nel quale Mario, con puntigliosa precisione, ha inteso inserire un ideale gruppo di amici che, ognuno per sé in onore al tradizionale e niente affatto deprecabile individualismo mandrogno, da anni si battono sulla pagina scritta nella convinzione che Alessandria sia uno straordinario contenitore per storie de-genere, ovvero dentro i canoni del Reale (il noir, il giallo) e oltre i confini (il fantastico, il folclore antropologico e il leggendario): una città che non solo è location ma che produce in proprio i miti di cui poi si alimenta. Nomi a me cari come Giancarlo Bertolino, Gian Maria Panizza, Giorgio Bona, Franco Castelli, Angelo Marenzana, Giulio Massobrio, tralasciando ovviamente da parte mia quei “grandissimi” che non necessitano della mia attenzione.
Citato anch’io per l’opera che ancora non conosce riposo sulla trasfigurazione Alessandria/ Bassavilla, va ribadito che la città “misteriosa “ e “avvolta nella nebbia” (laddove la bruma è metafora di uno smarrimento prima esistenziale che geografico) resta a mio parere una connotazione di potente intenzione letteraria, quindi positiva sotto il profilo artistico ed estetico, niente affatto controproducente per chi non è patito dei generi popolari come fantastico, horror e thriller. Lo dimostra – ancora, lo sottolineo – la straordinaria “versione” che ne fece ai suoi tempi, prima della caduta del Ponte Cittadella, lo studio milanese Diramazioni, ragazzi che qui non sono nati e che mai vi hanno soggiornato. Giusto quel pomeriggio trascorso fra Tanaro e Bormida a scattare foto e a carpire ispirazioni.
L’anima noir di Alessandria scaturisce prepotente da questa sintesi oscura quanto magnifica che considero a tutt’oggi la mia miglior copertina, se mai ha senso una classifica del genere. Il libro era “Ritorno a Bassavilla”, un titolo che ricorda all’autore e a tutti i suoi consimili che qui, ad Alessandria, amiamo sempre tornare, perché incapaci di essere altrove con la mente e con il corpo. La terra madre e non matrigna.