Ora che il farneticante clamore mediatico si è un po’ calmato, mi pare possibile svolgere alcune brevi considerazioni sullo ‘scandalo’ caso delle minorenni romane che si prostituivano. Se ne sono sentite di tutti i colori; una vera festa per conduttrici pomeridiane, femmes savantes, psicologi, psichiatri, giornalisti di costume, e non. Valanghe di parole, discussioni accesissime, ipotesi interpretative contrapposte: da perdere letteralmente la testa.
Quella che non si è sentita, o almeno a me non è accaduto di sentirla, è una parola di compressione o meglio di compassione per quelle povere bambine vittima di un perfido gioco più grande di loro. No, nessuna pietà, nessuna misericordia. Anche nel linguaggio, aspro e crudo, del tutto dimentico delle sfumature del politicamente corretto, delle sensibilità estreme esibite ogni qualvolta scappa un insulto, magari anche scherzoso, nei riguardi di qualcuno che rientra tra le ‘categorie protette’. No, i nomi non li hanno fatti, ma per il resto non si sono fatti mancare nulla, comprese le interviste a portinaie e condomini, a favore dell’androne d’ingresso.
E allora prima di tutto mi viene da riflettere sullo stupore, sullo ‘scandalo’ come se ci si fosse trovati davanti a una manifestazione aberrante, inaudita, impensabile in un milieau di media e alta borghesia come i Parioli romani. Francamente di fronte allo sgranare degli occhi, ai volti esterefatti, allo scrollamento incredulo delle teste, viene da chiedersi, ma dove vive questa gente? Non ha mai sentito parlare di prostituzione minorile? Di una pratica ampiamente diffusa da che mondo è mondo? Da quando, per non andare troppo indietro, i padroni delle cascine si ‘giovavano’ dei giovani virgulti sbocciati tra le famiglie dei lavoranti, magari con la complicità interessata dei genitori? Oppure non hanno mai saputo di (sicuramente minorenni) servette concupite da allupati padroni di casa? Possibile non abbiano neanche mai visto qualche filmetto di un genere che ha costituito un preciso filone della commedia scollacciata all’italiana?
Ma visto che siamo arrivati ai film, qualcuno di questi scandalizzati censori non ha mai riflettuto sul fatto che un’altissima percentuale delle dive che oggi calcano i più celebrati red carpet (chissà perché poi non si usa il termine italiano tappeto rosso?) del mondo osannate da fans in delirio, hanno incominciato la loro carriera nel settore del porno, o che comunque che nessuna attrice di alto, medio, basso livello, non abbia approfittato di qualche calendario per fare ampia mostra delle sue grazie. Oppure ancora che titolatissimi quotidiani escano quotidianamente su internet con interi settori dedicati alle foto ‘rubate’ di attrici, attricette, presentatrici che vanno ‘fuori di seno’ o mostrano maliziose il loro ‘lato b’. Chissà perché queste adolescenti non dovrebbero prenderle a modello di carriera e successo?
L’esibizione del corpo femminile fa ormai parte della nostra civiltà come ne fanno parte, che so? I surgelati. E’ quindi del tutto ipocrita stupirsi della frontatezza delle ‘imputate’ che mandano su internet le loro esibizioni in biancheria intima. Possono apparire ciniche, smaliziate, avide, ma sono soltanto la versione moderna delle loro piccole sorelle dei decenni e dei secoli scorsi. E allora un po’ di compassione, per la loro minorità, per la loro innocenza buciata sull’altare di una ricarica telefonica, se la meritavano. Invece niente nemmeno da parte di quei religiosi tanto impegnati sul sociale che fanno pubblicità in televisione per farsi versare il per mille delle nostre dichiarazioni irpef.
Ma senza andare a Roma, senza fare tanta strada. Nessuno ha visto come si vestono, come si propongono le nostre ragazzine tra la terza media e, forse, la prima superiore, quando al giovedì sera si godono l’happy hour in un bar del centro? E’ davvero possibile che si vestano e si trucchino in quel modo e i genitori non ci facciano caso, o, se ci fanno caso, non trovino nulla da dire?