“Facci caso, in questi anni chi ha vinto le primarie del centro sinistra, ha poi sempre perso le elezioni: Prodi, Veltroni, Bersani. Al posto di Renzi drizzerei le orecchie”. Me lo ha detto l’altro giorno un attento osservatore di cose politiche, e onestamente non ci avevo mai riflettuto. Anche se, è chiaro, le primarie di domenica scorsa avevano come obiettivo la scelta del segretario del Pd, e non del candidato premier. Con tutto ciò che potrà nel caso seguirne.
Ma chi, in questi giorni, gira per negozi, mercati, uffici pubblici e sportelli bancari, si fa un’idea di quanto poco importi, all’italiano medio, di questa o quella figura politica, Renzi compreso. Nei confronti del quale, anzi, c’è ora la curiosità di vederlo alla prova con il ricambio interno al partito (di metodo e programmi, ma anche di persone), e si percepisce parecchio scettiscimo sulla convinzione che possa farcela davvero.
Gli italiani però, e gli alessandrini in particolare, in questa fine 2013 hanno ‘ben altro’ a cui pensare, come si diceva un tempo. Chi ha potuto, tasse e balzelli li ha pagati tutti fino in fondo, ancora una volta, perché in fin dei conti siamo piemontesi, e abbiamo un senso del dovere nei confronti dello Stato quasi più da sudditi ubbidienti (i Savoia, e successivamente pure gli Agnelli, sono monarchie che lasciano il segno) che da cittadini consapevoli. Quindi, finché ce n’è, si contribuisce. Magari senza entusiasmo, ma con granitico senso del dovere.
Il punto è che lo scenario percepito è devastante, e certi proclami governativi (“noi abbiamo fatto quel che dovevamo, ora tocca alle imprese investire”) fanno venire i brividi. Perché chiunque viva nel mondo reale sa che finora Monti e Letta hanno tutelato soltanto (in ordine di importanza) banche, pensionati e dipendenti pubblici. Il resto è carne da macello, o su per giù. Chiedete a qualsiasi titolare di piccola o media impresa se, rispetto all’anno scorso, quest’anno ha pagato meno oneri statali e locali (attenzione: non basta chiamare il balzello con un nome diverso: è onere tutto ciò che esce dalle tasche di un privato, o azienda, e va alla mano pubblica, in tutte le sue dichiarazioni), e vi farete un’idea della situazione.
Vogliamo essere possibilisti? Diciamo che magari esiste uno ‘scarto’ tra la visione, ottimistica e di ripresa, dei nostri governanti, e la nostra esperienza di persone comuni che vivono la realtà giorno per giorno sulla propria pelle? Ipotizziamo che la ripresa sia in arrivo davvero, e semplicemente noi, in basso, ancora non la vediamo ancora, mentre loro, dal loro osservatorio, ne hanno già la percezione?
Sperem. Intanto però le banche hanno smesso di far credito a chiunque, imprese e privati: denaro ne circola sempre meno, e l’alessandrino medio scuote la testa: “per fortuna per ora ci sono i risparmi, e le pensioni”. Aggiungiamoci pure gli stipendi pubblici, che tranne rari casi (comune di Alessandria in dissesto, ad esempio) sono passati immuni attraverso la crisi. Già: ma per quanto può reggere un Paese in cui il lavoro privato sta al palo, e un laureato 30-40 enne, se anche ha la fortuna di lavorare, guadagna meno del nonno in pensione, e ricorre all’aiuto del nonno stesso per comprarsi l’auto, o farsi pagare tasse e bollette?