I giornaloni hanno fatto festa e così anche le tv, con il venire alla luce dell’uso assolutamente spensierato e mariuolesco dei fondi a disposizione dei gruppi politici regionali. La fantasia e la destrezza dimostrata dai consiglieri, oltre a essere politicamente trasversale, è ormai leggendaria e certo le generazioni future, racconteranno ancora di ‘Batman’ e di quell’altro che si faceva rimborsare 50 centesimi ogni volta che andava al cesso.
Bene, indigniamoci, ma la ‘retata’ regionale della magistratura mentre mantiene una rilevanza etica dovrà poi passare attraverso i tribunali e allora l’acribia degli avvocati difensori avrà modo di dare prova di sè nei tre gradi di giudizio. Anche perché tutto quello scialare magari potrà trovare giustificazione magari nelle spese di rappresentanza, nelle spese forzose, in quelle culturali, in quelle per l’incentivazione del turismo. E per altro quale associazione culturale, quale pro loco, quale sindaco o assessore, non ha seguito la trafila di chiedere i finanziamenti regionali magnificando la portata delle proprie iniziative e affidandosi alle amicizie politiche? Vedremo, ma il pistolotto iniziale mi serve per aprire un discorso sul vero scandalo delle Regioni e degli Enti locali, che è un altro. E consiste non in qualche milionata di Euro mal spesi o frodati, ma nella straordinaria cifra di 140 miliardi di lire.
Il totale di costi annuali per il mantenimento delle venti regioni delle province e dei comuni in cui è frazionata l’italia ammonta a 240 milardi di Euro. La capacità impositiva prevista dalla legge fa si che esse incassino direttamente dai contribuenti 100 miliardi annui (Irap, addizionale Irpef, compartecipazione all’IVA e altri tributi minori, tenendo presente che dal 1997 a oggi i cittadini hanno subito in questo settore aumenti del 200%). E il resto? il resto lo mette lo Stato, che generosamente ripiana 140 miliardi anche se probabilmente con la nuova Imu questa cifra si potrebbe ridurre di qualcosa. Roba da far venire i brividi quando si pensa alla assurda manfrina del Governo Letta a proposito della copertura per l’esenzione sulla prima casa.
A determinare questo enorme sbilancio hanno contribuito tutte le articolazioni locali dello Stato ma, ritornando a parlare delle Regioni, si è assistito alla progressiva crescita degli apparati burocratici (che come conseguenza hanno determinato politiche edilizie relative alla costruzione di sempre più capienti, e faraoniche sedi). Come pure, con qualche relativa e limitata eccezione, nel retribuire molto più che generosamente, il proprio personale politico, fino al punto che oggi, in alcune regioni, i consigliere godono di emolumenti che superano i 12.000 euro al mese.
Ma come è potuto accadere tutto questo? Come si sono venuti determinando questi enormi capitoli di spesa pubblica? E molto semplice, Negli enti minori si è festeggiato a lungo con le politiche di assunzioni di favore, mentre le Regioni, almeno fin da quando gli allora Presidenti, si fecero chiamare Governatori, hanno né più ne meno copiato l’ipertrofismo statale circondandosi di apparati ridondanti e autoreferenziali.
Così il modello romano si è moltiplicato per venti. Ma mentre si discute molto della riforma della burocrazia (anche se con risultati uguali a zero) della riforma del sistema regionale nessuno fa cenno.