E’ finita come era ampiamente previsto che finisse: con il trionfo personale di Matteo Renzi. La girino pure come vogliono, i politologi: ma molti degli italiani che ieri hanno partecipato alle primarie del Pd, lo hanno fatto per chiedere ai sindaco di Firenze di imporre al Partito Democratico un cambiamento netto: di passo, di metodo, e anche di persone.
La vera sfida, naturalmente, per Renzi comincia ora: trasformare il suo partito, e proporsi al contempo come credibile premier, capace di perseguire una serie precisa di obiettivi concreti, condivisi dalla maggioranza dei cittadini italiani.
Sul fatto che avrebbe vinto le primarie, dubbi ne avevamo pochi, e lo abbiamo scritto. Nelle scorse settimane abbiamo parlato con diverse persone (per lo più quarantenni, per ragioni di vicinanza anagrafica) da sempre di centro destra, nel ventennio berlusconiano, che aspettavano le primarie Pd per andare a sostenere Renzi. E questo, chiariamo, non lo diciamo per sminuire il risultato di ieri, anzi: Renzi sa parlare ‘oltre il recinto’, muovendosi in sintonia con gli italiani ‘normali’. Quello che un tempo la sinistra amava chiamare popolo, e che oggi evidentemente vede in lui una speranza di cambiamento.
E questa è la differenza essenziale tra lui e rispettabili burocrati alla Bersani, alla Letta o alla Cuperlo. Renzi è un leader popolare, loro no.
Ci scappava da ridere, ieri, leggendo on line qualche esponente del Pd che già metteva le mani avanti: “queste sono state primarie per la segreteria di partito, mica per il candidato premier del centro sinistra!”. Ebbravi loro: sta a vedere che ora qualcuno avrà pure il coraggio di proporre Letta, Cuperlo o magari Barca come prossimi leader di governo.
Pura sindrome Tafazzi.
Peraltro, come Renzi intenda muoversi per tradurre la propria leadership carismatica in progetto politico che rianimi il ‘cadavere Italia”, lo vedremo. Sempre parlando con un altro amico (questo di sinistra liberal, diciamo) nei giorni scorsi, mi è scappata la domanda: “Ma non è che questo Paese ha bisogno di una Thatcher, per uscire dal baratro?”. E lui: “Ma è chiaro che è così: 10 anni almeno”. E’ vero? E sarà Matteo Renzi la nostra Thatcher?
In altri termini: ci si può illudere di innescare una nuova fase di sviluppo senza un risanamento che passi attraverso il rigore, con annessi morti e feriti?
Sulla tenuta unitaria del Pd, peraltro, si accettano scommesse: non pochi suoi esponenti (e non persone sprovvedute) in privato fino a ieri riconoscevano: “sui progetti concreti, dall’economia al welfare, siamo già due partiti diversi”. Oggi, probabilmente, lo sono un po’ di più, anche se i tentativi di conversione/illuminazione della burocrazia del partito sulla strada di Firenze si moltiplicheranno, statene certi.
Quel che a noi pare oggi comunque certo è che, mentre il Paese reale ‘sbanda’ e annaspa, ci si sta preparando ad una corsa verso l’election day del prossimo maggio. D’accordo, in diversi avrebbero interesse a posticipare le elezioni politiche al 2015, per cercare di organizzarsi, e di recuperare consenso.
Però il tempo è davvero scaduto, e abbiamo un Parlamento eletto con una legge incostituzionale, con un premier ‘incolore’ (della categoria dei burocrati di cui sopra) imposto dai soliti giochetti di Palazzo. A sostenerlo c’è una maggioranza barcollante ed eterogenea. O Letta domani mattina parte col turbo, e fa riforme vere (ma è assai improbabile) o meglio tutti a casa, prima possibile. Per girare finalmente pagina, o almeno si spera.
Un po’ tutti sembrano attrezzarsi all’eventualità elezioni anticipate e, attenzione, le politiche si affiancherebbero alle europee e a molte comunali: con due bei punti interrogativi, ad oggi, su regionali piemontesi e persino sulle elezioni per le Province, che nessuno ha ancora cancellato: potremmo avere, a maggio, un election day epocale. Che a noi italiani mette sempre entusiasmo, e che forse davvero stavolta potrebbe, a livello simbolico, assumere il senso di una rinascita, di un passo deciso verso il futuro, oltre le sabbie mobili in cui galleggiamo da anni (sprofondando sempre più: ormai la melma è a livello bocca-naso, col collo proteso in alto per respirare).