«Il più delle volte la gente teme che noi medici possiamo finire per aggirarci negli ospedali e togliere così, discrezionalmente, la vita ai bambini. Si tratta ovviamente di una follia. In quanto dottori e genitori, quanto ci proponiamo è sempre di fare il massimo per prenderci cura di ogni bambino. In alcuni, rarissimi, casi non c‘è però davvero più nulla da fare: questi piccoli pazienti sono costretti a soffrire fino alla fine, senza che un mezzo legale consenta di aiutarli, con un estremo atto di umanità»
Gerlant van Berlaer, medico
«Ci sono persone che vengono da noi esprimendo la chiara intenzione di morire. Persone che dicono di non poter più tollerare una sofferenza così grande. Quando poi sperimentano le cure palliative, basta però qualche giorno perché cambino prospettiva. E questo perché ritrovano un senso da dare alla loro vita. Sta tutto qui il problema: restituire un senso alla vita»
René Stockman, attivista dei “Fratelli della carità”
In Belgio si sta discutendo – e approvando – una proposta di legge che renderà legale l’eutanasia per i minori con «sofferenze fisiche insopportabili e inguaribili, in fase terminale», se richiesta da loro stessi e «con l’accordo dei genitori».
La tesi di fondo di questa legge è che la vita, quando non è “dignitosa”, non vale la pena di essere vissuta. E’ la mentalità che tutti, chi più chi meno, respiriamo da diverso tempo. Penetrandoci nelle ossa e nel cervello, questo modo di pensare renderà via via più accettabile e desiderabile quello che le nostre nonne, meno istruite ma più umane di noi, avrebbero considerato una follia: una morte dolce, per risolvere una vita amara.
L’evidenza più grande, e più silenziata, della nostra epoca balorda è che la vita, noi da soli, non ce la siamo data. Logica vorrebbe che da soli non ce la togliessimo. Ma la logica, intesa come sottomissione della ragione all’esperienza e non come esercizio dialettico, non abita più dalle nostre parti.
Se il suicidio è sempre una tragedia singolare che riguarda l’individuo e il suo male di vivere (e quindi non c’è legge che possa regolarlo o impedirlo), l’eutanasia è uno sconvolgimento plurale, che travolge e travolgerà tutti, chi lo subisce e chi lo procura. E non lascerà in pace nemmeno tutti coloro che si ostineranno, come asini che ragliano, a chiamare “libertà” il diritto di farsi ammazzare dal Servizio Sanitario Nazionale.
Vivi e lascia morire, insomma.