Continuo, per quanto possibile, le riflessioni dell’intervento della settimana scorsa. Perché in parte reduce dalla lettura dei vari noir di amici e colleghi alessandrini (Marenzana, Bona, Massobrio, Guerrini) e nella parte rimanente ancora sotto l’effetto dei racconti, minimalisti e anche per questo tremendi, del torinese Alessandro Defilippi, scrittore per autentica vocazione e psicanalista junghiano di professione, le due cose che s’intersecano sulla pagina con risultati straordinari.
E dunque? Dicendola nel modo più semplice possibile (con Jung e Alessandro), più o meno da una ventina d’anni, l’Ombra si sta trasformando. In che cosa? In un grande sign planetario che fa collidere i mondi interni con quelli esterni, l’inconscio con il macrocosmo. E che ci parla, attraverso tutti i media possibili, dell’Apocalisse, ovvero di una globale Fine dei Giorni. Crepi l’astrologo, sento strepitare il grande amico Carlo Gallia (ma Carlo sa bene che il discorso, per quel che mi riguarda, è sempre filtrato da una tonnellata di sana ironia mandrogna…), ma, fra disastro economico e innegabili mutazioni climatiche in grado di provocare cataclismi a catena, qualcosa con evidenza si sta trasformando. Qualcosa si sta rivelando.
In psicanalisi il concetto di Ombra nasce neutrale, senza connotazioni negative e senza legame alcuno con la pratica dell’annunciazione di una possibile fine planetaria. E’ quella parte di noi che ci è nascosta e che, servendoci di un esempio reale e “paesaggistico”, possiamo associare all’ombra oscura visibile sul selciato quando camminiamo per strada in una bella giornata di sole. Più brillante è la luce, più l’ombra è scura, nera.
Spostandoci di qualche piano, la certezza culturale dell’Ombra deriva dalla presenza della massima luce. Il Lato Oscuro, da inconscio emergente e personale, diventa una condivisione di massa. La luce, massimo della visibilità, è soprattutto luce mediatica. Nel massimo della visibilità si possono consumare delitti perfetti come la “scomparsa del reale” descritta dal filosofo Jean Baudrillard.
Nella luce totale, abbagliante, che tutto illumina senza occultare nulla, la fascinazione per la fine globale con tanto di data di scadenza (il 21 dicembre dell’anno scorso, magari rinviabile alla bisogna e associabile, che sono, all’annunciata epifania di una cometa…) fa sì che l’Ombra sia ancora più percepibile. Più luce e più Ombra. Ombra come Apocalisse, come frantumazione e suicidio cellulare dell’inconscio collettivo, con i media che concorrono ad abolire la linea di distinzione fra reale e immaginario. Con le paure che si espandono e contagiano. Si materializzano. Si sognano. Si registrano. Si vedono. Si attendono. Nubi dalle forme nuove, strani filamenti dal cielo, un fulmine che colpisce il cupolone. Tutto è buono per l’aspettativa, per l’ansia e la paura da vendersi in scatola, in DVD o in rete.
Però di segni strani il mondo abbonda. Si vedono, ma facciamo finta di non vederli.