Ecco l’intervento che Renato Balduzzi ha rivolto all’Assemblea di Scelta Civica riunita venerdì a Roma.
Sono consapevole che il ritrovarsi insieme in Scelta Civica, a fianco del sen. Mario Monti, sia stato per molti l’esito di percorsi e motivazioni differenziati. Ciò vale anche per quelli, come me, che hanno ispirato la loro presenza pubblica, professionale o familiare ai valori del personalismo cristiano. Senza autoqualificarsi tutti i minuti come personalista o popolare, ma cercando di vivere, di applicare e di declinare, a livello di vita personale e di vita pubblica, quegli impegnativi valori.
D’altra parte, ciò corrisponde alle esigenze di una sana laicità e alla vicenda storica del cattolicesimo politico italiano e della stessa esperienza democristiana, un’esperienza quanto mai pluralista al proprio interno. Non ci sono cattolici da una parte e liberali dall’altra, ma persone che, sulla base dei principi della propria ispirazione, incarnano responsabilmente e in modo pluralista un desiderio di partecipare al bene comune.
Proprio questa articolazione delle posizioni (ripeto, anche tra storie e percorsi affini, oltre che naturalmente tra persone e gruppi di altra provenienza politico-culturale), senza che nessuna potesse, a priori, considerarsi come prevalente, mi era parsa sin da principio un elemento caratteristico di Scelta Civica e altresì una delle ragioni principali della mia scelta di accettare la candidatura alla Camera. Non è stata l’unica ragione. La forte spinta dal mio territorio di appartenenza, perché continuassi il servizio alla cosa pubblica iniziato come Ministro della salute, è stata un’altra ragione. Una terza ragione, forse la più forte sotto il profilo psicologico, è stata il legame, consolidatosi nei diciotto mesi di Governo, con il presidente Monti. La garanzia di un percorso plurale stava, dal mio punto di vista, nella personalità stessa del presidente di SC, nella sua peculiare esperienza di governo nazionale ed europeo oltre che di studioso, nella sua terzietà quasi connaturata, che diveniva icona e bandiera della terzietà del nostro movimento politico nel confuso e insoddisfacente bipolarismo italiano.
Non ho mai nascosto a quale dei due poli principali andasse la mia preferenza, ma ho sempre valutato problematica la mia adesione piena e intera ad esso.
La stessa incertezza sull’approdo e sul posizionamento di SC mi è parsa indizio di coerenza del nostro Movimento, per la sua attitudine a privilegiare i contenuti dell’azione politica e di governo rispetto agli schieramenti precostituiti.
Sono stati mesi difficili, nei quali l’amalgama tra le diverse sensibilità si è rivelato sin dall’inizio problematico, le caratteristiche dei parlamentari si sono appalesate fortemente disomogenee, la possibilità da parte del presidente Monti di svolgere quel ruolo di garanzia preconizzato si è venuta a scontrare con una realtà di rapporti personali confusa e mobile.
Da ultimo le dimissioni di Mario Monti sono venute a sancire emblematicamente tali difficoltà e ad aprire un periodo di grandissima mobilità e nervosismo interno, che la saggezza del vicepresidente vicario Alberto Bombassei ha cercato non senza fatica di governare e orientare verso uno sbocco non distruttivo. Anch’io, modestamente, voglio dirti grazie, caro Alberto.
Credo che la domanda cui rispondere sia in buona sostanza una sola, le altre rimanendo assorbite in essa.
C’è ancora spazio e praticabilità per il progetto di un soggetto terzo rispetto a destra e sinistra (oltre che naturalmente rispetto al polo della protesta, pericoloso e inconcludente), in un momento in cui destra e sinistra sembrano, sia pure secondo modalità diverse, riarticolarsi e ripensarsi?
La mia risposta è si, se.
Nel “se” includo l’accettazione di un approccio non semplificato sul tema del rapporto tra formazioni politiche nazionali e “case” europee. Ho avuto più volte modo di sottolineare che non sono le case europee a darci identità, ma che siamo noi, oggi, che concorriamo a definirne l’identità. Ecco perché mi è sembrata saggia e assai acuta la proposta del presidente Monti di trovare casa nel Ppe, individuato come la più autorevole e affidabile tra le case europee, ma di non trarne un’automatica conseguenza interna.
Questo è il senso vero, credo, della sua proposta di andare con il nostro nome in Europa. Lo dico a quei nostri colleghi e amici che hanno scelto, nelle scorse settimane e formalizzato oggi, di dissociarsi da Scelta Civica: davvero pensiamo più facile superare la soglia di sbarramento unendoci in una pasticciata formazione “pseudopopolare” piuttosto che stare dentro a una formazione che faccia riferimento alla personalità italiana più apprezzata nel mondo?
Nel “se” includo anche la nostra capacità di stare dentro a SC, resistendo alla tentazione di “superarla” prima di averla consolidata. Per me il “leader” (nel senso di punto di riferimento programmatico e politico, oltre che personale ) rimane Mario Monti, non ve ne sono altri. Se il nostro futuro, almeno quello immediato, come io credo (e per me non ne vedrei un altro, ma il confronto tra di noi serve proprio a questo) sta nel dialogo-confronto con quella parte di sinistra o di centrosinistra a noi più omogenea, mi parrebbe incongruo perseguire operazioni di altra natura.
Infine, nel “se” inserisco anche la permanenza di un legame tra Scelta Civica con il suo fondatore e punto di riferimento. Ho avuto modo di conoscere bene il presidente Monti come capo dell’esecutivo. Le sue doti pressoché uniche (almeno per la mia esperienza) di uomo di Stato e di governo non sono facilmente replicabili nella magmatica interlocuzione del politichese italiano. Credo però che la chiarezza della linea politica interna ed europea sia la condizione perché quel legame, quel filo non venga irrimediabilmente sciolto. E’ sulla base di una chiara linea programmatica e politica e della sua coerente declinazione (di cui oggi, a differenza di qualche mese fa, avverto la necessità) che SC può “recuperare”, in forme certo diverse dall’inizio, Mario Monti dentro il suo e nostro progetto.
Nel se includo la nostra capacità di dire la verità agli italiani sui conti pubblici come sulle ragioni di un’anomala invadenza della sfera partitica nella vita pubblica italiana.(ddl Del Rio e CM, partiti politici e formazione politica). E di dirla sull’equità fiscale, contro quelli che Monti ha chiamato gli illusionisti tributari, e incalzare il Governo Letta perché sappia resistere a questi illusionisti. Dirla sul piano strategico per il lavoro giovanile, da introdurre nel Trattato di coalizione, su cui la nostra elaborazione è in stadio assai avanzato. Dire che la legge elettorale va fatta subito e bene, non un mero maquillage della legge vigente, che riuscirebbe paradossalmente e inopinatamente a peggiorarne il rendimento.
Nel “se” includo infine la necessità di un’attività costante e creativa di cultura politica. Il cattolicesimo democratico (che è la “casa” ideale nella quale sono cresciuto e vorrei continuare a vivere) da troppo tempo vive sugli allori di una tradizione certo importante e unica, ma cui non possiamo negare il nostro contributo attuale ed originale. Per questo con alcuni amici e colleghi abbiamo promosso l’Associazione “Mondi vitali”. Auspico che Scelta Civica possa esserne un interlocutore.
Chiudo con un messaggio non a noi, ma agli operatori dell’informazione: non lasciatevi fuorviare dalle letture facili, ma fallaci e del tutto fuorvianti: popolari contro liberali, governativi contro antilettiani. La lettura è semplice, ma impegnativa: l’emorragia che c’è stata è il frutto della divisione di chi vuole perseguire un progetto diverso da chi quel progetto, con fatica, vuole continuare e finalmente costruire. Che cosa questa emorragia abbia a che fare con il “popolarismo”, non ci è stato dato di sapere.
on. Renato Balduzzi
www.renatobalduzzi.com