Laura Bombonato nasce ad Alessandria nel 1972. Dopo essersi diplomata nel 1997 alla Scuola del Teatro Stabile di Torino diretta da Luca Ronconi, nell’autunno dello stesso anno debutta al Teatro Franco Parenti di Milano nello spettacolo “La mite” di Dostoevskij, interpretando il ruolo della mite. Nel 1998 fonda la Compagnia teatrale “Max Aub”, con cui mette in scena, questa volta da regista, lo spettacolo “Delitti esemplari” (di Max Aub, appunto). Da allora lavora sia come attrice che come regista in Italia e in Germania. Durante l’avventura canadese, iniziata a luglio del 2012 e conclusasi a gennaio 2013, ha creato insieme al suo compagno Gianluca Barbieri il duo canoro “i Bombieri”, che esegue a cappella canti di montagna e canti alpini. In questo periodo, oltre a insegnare teatro e tecniche della comunicazione, sta allestendo “L’avaro” di Molière. Ha fatto sua una frase del funambolo Philippe Petit: “La vita è camminare sul filo. Tutto il resto è aspettare”. Buona lettura!
1) Laura, tu sei attrice e regista. Cosa consiglieresti a chi volesse intraprendere queste attività?
Suggerirei di intraprendere un percorso di formazione professionale, indispensabile per apprendere la tecnica, affinare il proprio talento e capire quale tipo di poetica teatrale sia la propria. Una scuola professionale di teatro (in Italia ce ne sono cinque: l’Accademia d’Arte Drammatica di Roma, la Scuola del Teatro Stabile di Genova, la Scuola del Teatro Stabile di Torino, la Scuola “Paolo Grassi” e la Scuola del Piccolo di Milano) impone all’ingresso normalmente due selezioni: superarle, tra mille candidati, significa di per sé già un enorme traguardo.
L’arte del teatro non ha criteri oggettivi di valutazione delineati chiaramente come invece la musica. Superare le selezioni per entrare in una scuola professionale di teatro per me ha costituito un grande accrescimento della fiducia in me stessa e nelle mie capacità attoriali. Dopodiché, frequentare otto ore al giorno per due anni la scuola (del Teatro Stabile di Torino, all’epoca diretta da Luca Ronconi), mi ha permesso di lavorare moltissimo per sviluppare il mio talento e anche per capire quale tipo di teatro sia quello che sento più mio.
Oggi, la superficialità culturale in cui viviamo in Italia porterebbe a far pensare che per essere attori sia sufficiente avere un bel fisico e andare in televisione. Certamente è una possibilità. Ma che lascia il tempo che trova. Salire su un palco richiede una preparazione tecnica e una certa dose di coraggio che l’esperienza televisiva non darà mai.
2) Nel tuo ambiente chi ti ha insegnato di più, a livello umano e professionale? Puoi farci qualche nome?
Ho iniziato il mio percorso teatrale alla Scuola di recitazione dei Pochi. Il mio insegnante principale era Francesco Parise. Gli sarò sempre debitrice per avermi rivelata a me stessa. Io frequentavo le lezioni con entusiasmo, ma non avevo minimamente coscienza delle mie capacità. E’ stato lui, che durante il corso, a un certo punto mi ha detto: “Ma lo sai che secondo me tu dovresti provare a entrare in una scuola di teatro professionale?”. Gli ho dato retta e quello stesso anno sono stata presa a Torino.
Insegnanti di riferimento sono stati per me soprattutto Franca Nuti, grandissima attrice, e Nikolaj Karpov, docente russo di biomeccanica, con il quale ho scoperto il desiderio di fare la regista. Sulla mia strada ho avuto la fortuna di incontrare Jochen Dehn, regista e performer tedesco, che ho riconosciuto come un maestro. Con lui ho lavorato sia in Germania che in Italia. Il monologo “L’ultima notte” che Jochen ha scritto e diretto e io ho interpretato per il Giorno della Memoria del 2006 al Teatro Comunale di Alessandria, fortemente voluto dall’allora Assessore alla Cultura della Provincia di Alessandria Rita Rossa e sostenuto dal Comune di Alessandria, è uno degli spettacoli più belli che io abbia mai fatto.
3) Scorrendo il tuo curriculum sembra non esserci la televisione… è un ambito che non ti interessa, oppure non si è ancora presentata l’occasione giusta per te?
In televisione ho fatto solo delle pose per Centovetrine, anni fa. Non ho mai provato seriamente a intraprendere la carriera televisiva, un po’ per un’iniziale forma di pudore, un po’ per pigrizia. Indubbiamente il cinema mi interessa molto di più.
4) Come ti sembra il pubblico di Alessandria, per te che lo vedi e lo “senti” ogni sera dal palco? Curioso e attento, oppure ancora troppo “alessandrino”?
Non saprei dire cosa significhi “alessandrino”. La mia esperienza mi ha insegnato che quando proponi spettacoli di qualità o iniziative culturali originali c’è sempre una risposta. E aggiungo: a prezzi accessibili. Credo fortemente che la cultura debba poter essere un bene fruibile per tutti. Alessandria è una città ricca di persone con una viva curiosità artistica e culturale. Il pubblico c’è, è partecipe, accogliente.
5) Secondo te che futuro potrà avere il teatro (inteso non solo come edificio…) ad Alessandria?
Il nostro teatro è chiuso e vorrei che riaprisse, ma desidererei che fosse diverso dal passato. Vorrei che fosse diversa la politica culturale. Sogno un teatro cittadino improntato sull’innovazione e sulla promozione del territorio. Sogno un cartellone privo di spettacoli commerciali, a prezzi alti, per di più. Sogno una rassegna di spettacoli di qualità, magari interpretati da attori meno o poco conosciuti o persino sconosciuti, ma più talentuosi, in grado di creare arte. Il ruolo del teatro dovrebbe essere promuoverli, farli conoscere, dar vita a un continuo percorso di coinvolgimento dei cittadini. E valorizzare chi, sul territorio, porta avanti professionalmente e qualitativamente il proprio percorso artistico.
Il teatro cittadino dovrebbe diventare il punto di riferimento per chi, nato ad Alessandria e provincia, nella vita fa professionalmente l’attore, il regista, il drammaturgo, lo scenografo, il macchinista, il tecnico, il truccatore, il costumista. Personalmente, in passato ho avuto importanti occasioni di collaborazione con il Teatro Regionale Alessandrino, delle quali sono grata e soddisfatta. Vorrei poter abitare quotidianamente il Teatro della mia città, esserne uno dei motori culturali. Lo faccio ugualmente, anche senza quel sostegno che in altri paesi d’Europa è la normalità, per chi fa questo mestiere. Non saprei dire cosa succederà al Teatro di Alessandria. Posso solo esprimere, ed è quello che ho fatto, ciò che sognerei per il Teatro ad Alessandria.