In fila per l’iPad, nell’Italia della crisi [La coda dell’occhio]

Zoccola Paolodi Paolo Zoccola

Le consuete code degli amanti di Steve Jobs che si alzano alla cinque del mattino per acquistare i nuovi modelli iPad, dovrebbero indurre a due serie di considerazioni.

In questa Italia in cui la disoccupazione furoreggia e fa segnare nel settore giovanile percentuali spaventose; in cui aumentano in modo esponenziale le famiglie sotto il livello di povertà, in cui altri milioni di famiglie non riusciranno neppure a mettere da parta i soldi per fare il regalo di Natale ai propri figli, in cui si risparmia sulla qualità del cibo, in cui cui si risparmia anche sulla salute evitando di far visite specialistiche perché ormai troppo care; in cui si è registrato il crollo non solo delle spese di loisir a cominciare dalle vacanze, ma anche di quelle indispensabili a mantenere una decente quallità della vita. In una Italia in cui oltre al livello assurdo della tassazione la gente deve affrontare continui aumenti striscianti contro i quali non ha nessuna difesa, come le quote condominiali, i carburanti, il riscaldamento senza contare le multe comminate con scientifica crudeltà dal codice stradale per cui un autovelox ‘saltato’ finisce per mandare all’aria il bilancio di un mese di stipendio, ecco in questa Italia, ci sono isole o meglio, dorsali di popolazione, che pur non facendo parte della categoria dei ‘ricchi’ ufficiali (sempre, loro sì, in aumento), continua a concedersi consumi di lusso. Sì di lusso perché nessuno mi venga a dire che gli infiniti possessori di tablet o di smart phone li usano per migliorare le proprie prestazioni professionali utilizzando le infinite risorse di internet.

Posso sbagliarmi ma questi ultimi non credo superino la percentuale di uno scarso 10% e inCode per i-pad ogni modo possono trovare sul mercato prodotti meno glamour e meno costosi. Gli altri, tutti gli altri che spendono fior di euro per dotarsi di questi meravigliosi portati della più moderna tecnologia ne fanno un uso esclusivamente ludico sia attraverso i social network sui quali chissà perché credono sia importante pubblicare le proprie foto, o dare notizia delle loro attività quotidiane, o postare frasi spiritose – ma anche, spesso, crudeli – o magari consultare compulsivamente le previsioni del tempo, oppure ancora supire gli amici con i chilometri “da casello a casello”. Che è poi lo stesso popolo che spende i cinque euro per l’aperitivo, che affolla i ristoranti nei fine settimana, che ecc. ecc.

Non mi sono mai paludato a censore dei costumi e so benissimo che fin dai tempi dei romani ogni legge suntaria non può che andare incontro al fallimento. Dico solo che chi spende più di settecento euro per un nuovo iPad, destinato soltanto al proprio cazzeggio, potrebbe tranquillamente pagare un contributo di solidarietà di almeno altri cento euro da destinare a coloro che questi bellissimi oggetti proprio non possono permetterseli.

In linea più generale sarebbe poi il caso di fare una ampia riflessione su tutto il tema dello sviluppo digitale, delle così decantate bande larghe. Saranno davvero così indispensabili? O saranno destinate ad alimentare la già ipertrofica offerta di prodotti digitali di intrattenimento e l’immenso popolo che (escluse le industrie gli scienziati gli studiosi in genere e le banche – Ah già, le banche! – se ne servirà sopratutto per puro ed esclusivo piacere?

Non so, addentrarsi per queste strade è difficile e spesso pericoloso, ma, tanto per fare solo un esempio in un settore in cui ho qualche competenza, da quando i giornali si facevano col piombo ad oggi che che si crogiolano ai posti più avanzati dell’informazione ‘in tempo reale’, la loro qualità non ha fatto altro che rotolare sempre più in basso fino a raggiungere gli, attuali, infimi livelli.

Mah!