Con la coda dell’occhio ho percepito negli scorsi giorni e settimane una serie di statistiche mondiali su vari argomenti che danno della nostra Italia valutazioni assolutamente indecorose, sia che si tratti della libertà economica, del sistema scolastico e delle ‘abilità’ che in esso si dovrebbero acquisire, di quello della giustizia, delle parità tra uomini e donne e via discorrendo.
Eccelliamo soltanto nelle tasse e nei telefonini che tuttavia non si capisce come riusciamo a usare visto che nella opportuna classifica della digitalizzazione ci facciamo precedere addirittura dal Montenegro.
Presumo che questi vari – e per definizione prestigiosi – istituti che si occupano di dare le pagelle (ma chi gliele chiede e, chi le paga?) raccoglieranno i loro dati da fonti istituzionali (e le nostre saranno sicuramente attardate o almeno in disordine) e si formeranno un’opinione tenendo d’occhio il sistema di informazione locale (a proposito siamo agli ultimi posti anche per quanto riguarda la libertà di stampa). E qui casca l’asino. Figuratevi un canadese (tanto per dire) che legga quotidianamente i nostri giornali. Quale impressione può farsi di noi se non quella di un popolo tribale che ammazza le mogli come niente (ma mai che si vadano a consultare le statistiche internazionali di questo specifico crimine che mi pare raccontino una storia un po’ diversa), che dispregia ogni tipo di studio e di cultura, che dedica tutto il suo tempo a corrompere e a essere corrotto, a ladrare ovunque può? Che si ubriaca assiduamente e provoca stragi terribili?
L’ho già detto in un’altra coda, ma lo ripeto: il nostro più vero e grande difetto è quello di essere il primo nemico di noi stessi. E le cose si complicano quando questa predisposizione derivante da una storia di frammentazione antropologica e culturale si trasferisce a livello politico, trasformando il competitor in un nemico da eliminare a qualsiasi costo; un nemico che per definizione è incapace di governare e non ne combina una giusta, che racconta soltanto balle vergognose, che ha in spregio la legalità, o la usa a proprio beneficio, che fa di tutto insomma per precipitare la nazione in un baratro di decadenza e di sfacelo, impedendo che, gli altri, i buoni facciano valere le loro sacrosante ragioni.
Ci sarà anche una parte di verità in questa visione, non lo nego, ma quello che mi importa sottolineare ora è che si tratta di una concezione manichea (precristiana) del mondo nella quale non mi riconosco da sempre, fin dai tempi della lavagna divisa in buoni e cattivi. Un sistema di pensiero che spinge verso un mondo di stereotipi, verso un irrigidimento del giudizio a sua volta destinato a evolversi in esiti violenti siano essi intellettuali che, in casi finora per fortuna abbastanza limitati, fisici. E’ tutto qui il nodo della nostra vera arretratezza, questo spregio dell’altro da noi che ormai attraverso gli organi di informazione è diventato visione condivisa a livello mondiale. Non c’è da stupirsi quindi che l’immagine del nostro paese stia denunciando crepe preoccupanti.
Aggravate a livello europeo da un qualcosa che non riesco ancora a definire con esattezza ma che comunque mi dà da pensare. Mi sembra infatti di percepire una sorta di insofferenza, che facilmente sfuma in disprezzo se non dileggio. Non voglio fare della dietrologia o del complottismo a basso costo, ma qualcosa certamente non torna e francamente mi infastidisce. Vuoi vedere che dopo vent’anni (ma sono anche di più) di lotte politiche senza quartiere abbiamo perso definitivamente la faccia, tutti noi, non solo loro?