A sentire il Pd (che sta portando in tour per il Piemonte la campagna Cota a casa: ieri tappa alessandrina), la Regione Piemonte è sfasciata a causa di 3 anni e mezzo di malgoverno del centro destra, che dovrebbe andarsene a casa subito, altro che nel 2015.
Ma se provi ad ascoltare l’altra campana, emerge che la Regione il centro destra l’ha trovata ‘a pezzi’ nel 2010, sfasciata da 5 anni di malgoverno del centrosinistra (l’era della ‘zarina’ Mercedes Bresso), anche se sotto sotto più d’uno, soprattutto fra i leghisti, è pronto a riconoscere che anche Ghigo, in precedenza, ci aveva messo del suo.
Unico punto su cui tutti convergono, insomma, sono le condizioni disastrose dell’ente Regione. Sepolta da una montagna di debiti, tanto che si fa fatica anche a capire quanti sono. Si parlava di oltre 11 miliardi di euro a fine 2010, ma ieri il capogruppo Pd in Regione, Aldo Reschigna (affiancato dal consigliere regionale novese Rocchino Muliere) ha precisato che “erano 6 miliardi e 250 milioni a fine 2012, e saranno più di 9 miliardi di euro alla fine di quest’anno, per la scelta della giunta Cota di pagare i fornitori, trasformando i debiti commerciali in debiti finanziari”. A noi però pare che, oggettivamente, i fornitori vadano pagati sempre: semmai va evitato di fare acquisti di beni o servizi se si sa di essere insolvibili, ma questo per la pubblica amministrazione sembra concetto astruso…bah….ci scommettete, però, che quando i nostri pubblici amministratori spendono i loro, di denari, sono assai più saggi ed oculati?
Qui trovate comunque un altro interessante approfondimento sulla situazione dell’ente regione, e qui un’intervista con l’ex assessore alla Sanità (Eleonora Artesio), che fa una sua analisi.
Alla fine di tutte queste letture, sfidiamo chiunque ad essere ottimista. Ma anche a pensare che basti una sana alternanza tra padella e brace, o incudine e martello, a risolvere l’emergenza. Per la Regione, come per lo Stato o per il comune di Alessandria (e tanti altri, in verità: a partire da Torino) l’impressione è di trovarci di fronte al risultato di una mala gestione di lunghissimo corso, che ha portato a gonfiare via via organici, a moltiplicare strutture, a dispensare prebende. E chiunque, oggi, volesse anche solo provare ad invertire davvero la tendenza, dovrebbe prendere decisioni talmente impopolari, da rischiare il linciaggio, quanto meno politico.
Poiché, però, la Regione Piemonte destina quasi l’80% delle proprie risorse alla voce sanità (e una parte significativa di quel che rimane ai trasporti), il rischio che a ‘saltare’, prima di certe strutture burocratiche elefantiache e di conclamata inutilità (stipendifici), siano i servizi alla cittadinanza è, più che timore, certezza. E l’unica incognita, a Torino come ad Alessandria o a Roma, è solo verificare quale sia il “punto di rottura” del sistema, e in quanto tempo ci arriveremo. Attenzione però: il ‘dopo’ sarà tutt’altro che indolore, per tutti.