Ancora pochi giorni, e su Valenza Gioielli 2013 si alzerà il sipario. All’interno della struttura del centro espositivo Expo Piemonte fervono i preparativi, e il presidente di AOV, Francesco Barberis, non nasconde le aspettative, e anche un po’ di emozione, per questo che potrebbe davvero essere, per la manifestazione, una sorta di anno zero, di nuovo inizio e apertura verso il futuro. “Abbiamo deciso di sdoppiare l’evento in due percorsi distinti, anche fisicamente: qui, in Expo Piemonte, da sabato 26 a lunedì 28 ottobre ci sarà Valenza Prestige, un grande appuntamento espositivo di qualità, aperto sia agli operatori che al pubblico, ossia alla clientela finale, con un’importante novità: non più soltanto oreficeria e gioielleria, ma anche orologi, collezionismo, arredamento e design per la casa, prodotti per la cura della persona e per il tempo libero. Il trait d’union naturalmente rimane la qualità, la proposta di brand di livello, e di alta gamma. In parallelo, nella splendida cornice di Villa Scalcabarozzi A Valenza (vecchia sede dell’AOV, ndr) si terrà Istinto prezioso, evento destinato agli operatori del settore orafo, che per tre giorni potranno incontrare le aziende del nostro distretto, e avranno a disposizione il meglio dell’offerta in termini di gioielleria, oreficeria, pietre preziose. Sono in arrivo operatori da 23 diversi Paesi, tra cui Giappone, Australia, Stati Uniti”. Una formula innovativa dunque, a cui l’Associazione Orafa Valenzana sembra credere molto, e su cui punta per rilanciare l’immagine del settore, alla ricerca di una nuova stagione di rilancio dopo anni certamente non facili. Proviamo allora, con il presidente Barberis, a fare il punto della situazione, per capire quali sono, al di là dell’importante appuntamento con la Fiera, obiettivi, scenari e attese del comparto orafo per il 2014, e per tutto il decennio a venire.
Presidente Barberis, emozionato alla vigilia di Valenza Gioielli?
Emozionato no, ma certamente con forti aspettative. E’ in questi momenti non facili, anzi di oggettiva difficoltà, che occorre saper ripensare il futuro, e rilanciare. E noi lo stiamo facendo.
Lei è presidente dell’Associazione Orafa da un anno e mezzo, ormai. Un primo bilancio di tappa?
Stiamo lavorando con impegno, tutti quanti. In un contesto macroeconomico che, per l’Italia e non solo per noi, è quello che tutti conosciamo. Credo che ai suoi circa 300 soci l’Associazione, in questo momento, debba offrire concretezza, pragmatismo, e quell’effettiva attività di rappresentanza che è nello statuto, e nel nostro dna. Per cui abbiamo cercato, negli ultimi 18 mesi, di rinsaldare i rapporti con le associazioni di categoria, e con le istituzioni. A partire dal rapporto più forte che ora abbiamo con FederOrafi, e dal nostro ingresso ufficiale in Confindustria Alessandria. Il che significa, per i nostri iscritti, la possibilità di accedere a costi convenzionati ad una serie di servizi consulenziali di livello. Poi ci siamo mossi, e ci stiamo ancora muovendo, in direzione dell’Unione Europea: la difesa del made in Italy, a livello anche normativo, è questione per noi essenziale, imprescindibile.
Ma perché iscriversi all’Aov, e chi sono i vostri associati?
Abbiamo una rappresentanza davvero eterogenea: si va dalle aziende famigliari, con due o tre dipendenti, fino a grandi marchi della nostra oreficeria, come Crivelli, Giorgio Visconti, Pasquale Bruni, Bulgari Manifatture. Ma ne cito sono alcuni. Iscriversi non è obbligatorio, e credo debba farlo chi lo vede come un’opportunità di tutela, di consolidamento e di crescita del nostro distretto. Noi questo sappiamo e vogliamo fare: e francamente, se dovessi scegliere tra avere più iscritti, o sapere che i miei attuali iscritti sono soddisfatti e ben rappresentati, sceglierei la seconda opzione.
Lo stato di salute del mercato qual è?
Quello che sappiamo tutti: anche perché l’oreficeria non vive sotto una campana di vetro, ma è inserita nel contesto economico generale. Il mercato italiano è in enorme difficoltà, ‘tira’ solo l’export. E ci confrontiamo con una realtà a doppia velocità: chi riesce a proporre qualche tipo di eccellenza, anche ‘di nicchia’, si ritaglia un proprio spazio. Per gli altri è sempre più complicato resistere. Non c’è dubbio che siamo di fronte ad una trasformazione strutturale, non ad una crisi congiunturale: niente tornerà più come prima insomma. Il nostro distretto, in particolare, sta facendo i conti un’emorragia di addetti: è in corso una selezione naturale, di fronte alla quale dobbiamo batterci per la salvaguardia della nostra identità, ma senza illuderci che Valenza possa rimanere un distretto produttivo monoculturale: non credo che sarà così.
Ma fare l’orafo ha ancora un senso, presidente Barberis? Lei tra l’altro è un imprenditore del settore non ancora quarantenne, e con un’azienda con un’importante tradizione famigliare alle spalle…
Quello dell’orafo è un mestiere bellissimo, che ha sempre più senso fare, se si intende puntare su una specializzazione vera, e si ha entusiasmo e voglia di progettare. Semplicemente credo che dobbiamo saper leggere la realtà, e capire cosa sta succedendo, e succederà. Credo che, per il nostro comparto e territorio, possiamo immaginarci uno scenario duplice: da un lato ci sarà un consolidamento delle attività in ‘contoterzismo’, dall’altro cresceranno le aziende ‘di nicchia’, capaci di portare Valenza nel mondo, attraverso le loro creazioni. E, in entrambi i filoni, sarà essenziale l’elemento innovazione tecnologica. Che pure, naturalmente, non va equivocata: nessun programma, nessun computer può sostituire la creatività di un orafo capace. Però sono strumenti di lavoro ormai essenziali.
Presidente, come va il progetto di ‘conquista dell’Asia’ da parte del marchio DiValenza?
Chiarisco che il consorzio DiValenza (a cui peraltro la mia azienda aderisce) e l’Aov sono due realtà diverse, non facciamo confusione. Il progetto legato all’apertura di punti vendita asiatici credo sia in fase di stallo, perché si stanno definendo una serie di punti dirimenti con il socio cinese: ripeto però, deciderà il consorzio stesso, Aov non c’entra. In generale, però, quel che va ribadito è che non è il mondo ad essere in crisi, ma l’Italia, e sia in misura diversa anche l’Europa. Ma la ricchezza globale, planetaria, in questi anni sta crescendo: e ci sono per chi fa oreficeria di qualità ampie fette di mercato, e di consumatori, che stanno crescendo. Occorre saperle intercettare, affermando il valore del made in Italy (che nel mondo è un brand di assoluto richiamo), e guardano appunto a mercati internazionali.
Parliamo di formazione: come si impara, oggi, a fare l’orafo?
Premetto: secondo me le professioni artigiane in genere, legate ad una manifattura specializzata, sono quelle che hanno più futuro, e su cui investire. Per un lungo periodo il benessere prima, e la crisi poi, hanno indotto per versi opposti le famiglie ad orientare altrove i loro figli, e in tanti credo si stiano rendendo ora conto dell’errore. Chi vuole fare l’orafo a Valenza e dintorni può rivolgersi al ForAl, che propone alcuni corsi specialistici interessanti. Mentre il Cellini è oggi un normale liceo artistico, ha perso la sua connotazione in senso orafo. Ma soprattutto il mestiere si impara ‘a bottega’, come naturale che sia. E, da questo punto di vista, segnalo con orgoglio che il progetto con il quale come Aov abbiamo aderito al banco ministeriale La Bottega dei Mestieri sta ottenendo riscontri concreti notevoli, oltre ad essersi collocati ai primissimi posti a livello nazionale, nella valutazione del Ministero. Ci sono 3 cicli di tirocinio semestrale, retribuito con borse di studi, che consentono di inserire nelle aziende complessivamente 30 ragazzi: in arrivo da tutta Italia, e motivatissimi. Soprattutto, diciamolo, quelli che vengono da fuori provincia, e dal sud in particolare. Ci sono già state due assunzioni (con gli sgravi fiscali previsti dal progetto stesso), e altre speriamo ce ne possano essere. E’ la strada giusta, su cui continuare ad insistere.
E il Museo Orafo? Resterà un sogno?
Speriamo di no: uno dei motivi per i quali abbiamo venduto Villa Scalcabarozzi al Fondo Ream (Fondazione CrAl) è proprio quello di veder concretizzato, nel tempo, l’ambizioso ma realistico progetto del Museo Orafo. Il dossier è al momento nelle mani del Comune, a cui spetta il compito di sottoporci un’ipotesi di lavoro. Certo, un Museo necessita di un investimento significativo, sia in fase di allestimento, che di gestione. Ma sarebbe anche, per la città e per tutto il territorio, una straordinaria opportunità. Noi non ci tiriamo indietro, e siamo pronti a fare la nostra parte.
Ettore Grassano