“Dopo quel che è successo nelle scorse settimane, credo ci siano ormai i presupposti perché Parlamento e Governo possano lavorare fino almeno alla primavera del 2015. Il punto adesso è darci dentro davvero, con priorità chiare. E ne segnalo una di cui fino ad ora si è parlato poco: i fondi comunitari. Nei prossimi mesi si aprirà l’Agenda 2014-2020: intercettare risorse per modernizzare il Paese e rilanciare l’economia dovrà essere il nostro primo obiettivo”.
Incontriamo il senatore Daniele Borioli ad Alessandria, alla vigilia della sua partenza per la settimana ‘romana’: ed è l’occasione per fare il punto della situazione sul Paese: bisognoso di riforme istituzionali ed elettorali, certo. Ma soprattutto con la necessità di un’accelerazione vera sul fronte del lavoro e dell’occupazione: per creare, sul piano normativo e legislativo, le condizioni perché le aziende, e gli italiani in genere, possano crederci ancora, e rimboccarsi le maniche scommettendo sul futuro. Ma parliamo, naturalmente, anche del comune di Alessandria, di Terzo Valico, e del congresso del Partito Democratico.
Senatore Borioli, ora non ci sono più scuse: è il momento di fare. Quali dovrebbero essere, a questo punto, le priorità vere per il Governo Letta, e per il Parlamento?
Ne cito tre, che mi sembrano davvero le più urgenti, se vogliamo ridare fiato e gambe al mondo produttivo. Prima di tutto, allentare la pressione fiscale sui redditi da lavoro, e sulle imprese. Solo così si possono far ripartire i consumi, innescando un nuovo circolo virtuoso. E lo strumento per farlo può essere la legge di stabilità. In parallelo, bisogna aiutare i comuni: non con trasferimenti statali, che non ci sono, ma allentando i vincoli del patto di stabilità, e consentendo agli enti locali di tornare a fare investimenti, ossia opere pubbliche sul territorio. Tra l’altro assolutamente indispensabili. Terzo punto, importantissimo, il fronte sociale: e non intendo solo un rifinanziamento e ampliamento degli ammortizzatori, ma anche una politica di sostegno e finanziamenti ai ceti più deboli, a partire dalle disabilità. Il tutto dando per scontato, naturalmente, che non ci siano tagli alla scuola, anzi che si trovi il modo per sostenere sempre di più il sistema dell’istruzione pubblica.
E poi, senatore, ci sono le riforme istituzionali. Un ‘mantra’ a cui noi cittadini comuni ci siamo ormai abituati, senza che nulla di sostanziale sia mai andato in porto…
Sono un’altra gamba essenziale del progetto Italia, e dico o adesso o mai più. Anzi: secondo me prima di Natale andrebbe licenziato un testo sulla riforma elettorale, e il Pd una proposta concreta da cui partire ce l’ha, ed è quella presentata da Luciano Violante. Ossia un semiproporzionale, in cui si va al ballottaggio nel caso non si sia in presenza della vittoria netta di uno schieramento. Personalmente, mi ero già pronunciato a favore del ritorno al Mattarellum, ma parliamone. L’importante è fare presto e bene, e superare lo stallo di questo Porcellum che tutti ripudiano, ma ad oggi è in vigore. Il punto è tornare a dare voce in capitolo agli elettori. Come? Con le preferenze, a condizioni che si torni a collegi più piccoli: tornare alle preferenze in un collegio come il Piemonte 2 sarebbe assurdo. Però attenzione: la legge elettorale è solo un pezzettino della questione riforme istituzionali, anche se forse la più visibile. Bisogna fare anche altre cose.
Ossia?
Riduzione drastica del numero di parlamentari, e superamento del bicameralismo perfetto. Che il Senato sia il doppione della Camera oggi ha poco senso: gli affiderei compiti diversi, specifici. Portando i senatori da 325 a 150, ma mantenendo l’elezione diretta. Farne un organo di secondo grado, con senatori nominati direttamente da una serie di altri soggetti territoriali, in loro rappresentanza, mi convince poco.
A proposito di territori, senatore: la telenovela delle Province come finirà?
Continuo a ritenere la loro cancellazione un errore, ma vedremo cosa si deciderà di fare. Francamente all’interno delle riforme io inserirei anche il riordino complessivo del governo territoriale: a partire dalle Regioni, che potrebbero anche essere superate da una riorganizzazione per aree vaste, di cui si parlò nei prossimi mesi. Insomma, è l’articolo 5 della Costituzione, quello che regolamenta il sistema delle autonomie locali, a dover essere profondamente rivisitato. Avendo ben chiaro che l’obiettivo è dare miglior rappresentanza ai territori, e non isolarli sempre di più. Penso a realtà come la nostra provincia, in particolare, che hanno un numero vastissimo di piccoli comuni. Oggi, con la semplice cancellazione delle Province, ma senza una riforma complessiva, si ritroverebbero sostanzialmente senza riferimenti.
Però, senatore Borioli, secondo lei un percorso così complesso è realizzabile in poco più di un anno? Dire ‘bisogna ripensare tutto’ non sarà poi, nei fatti, un modo per non fare nulla?
Speriamo di no, questo dipende essenzialmente da noi.
Parliamo del Pd, e delle primarie dell’8 dicembre, legate al congresso nazionale: lei sta con Cuperlo?
Sì, io sostengo la candidatura di Cuperlo, perché lo sento il più vicino, tra i diversi candidati, alle mie posizioni personali. E poi, diciamocelo, anche per difendere un po’ di dialettica e democrazia interna. Nel senso che, con primarie aperte come saranno quelle di dicembre, non ho dubbi che ci sia un candidato stra-favorito, che si chiama Matteo Renzi: da cui arriva una scelta coraggiosa, perché si candida alla segreteria nazionale del partito pur sapendo che questo non sarà, almeno nel breve, il trampolino di lancio per Palazzo Chigi. Renzi ha certamente grandi qualità, e piace agli elettori, che è una dote essenziale in democrazia. Non so se abbia le qualità per essere anche un buon segretario di partito: se sarà eletto, lo scopriremo. Se si ricorda, già Veltroni infiammò la piazza e gli elettori, ai tempi del discorso del Lingotto: poi è finita come è finita…
Non teme che Renzi possa fare ‘piazza pulita’ della burocrazia del partito?
Francamente no: siamo naturalmente tutti pronti a metterci in discussione, ma la questione è semmai innescare un meccanismo di ricambio di classe dirigente, nel Pd come nel Paese, che possa essere funzionale ad essere competitivi, al passo coi tempi. Non credo che Renzi, se vincesse, farebbe rivoluzioni: semmai trasformazioni più che necessarie. La questione vera però è che il Partito Democratico diventi un partito nuovo, e con una posizione chiara e condivisa su una serie di temi: in cui va bene avere ognuno un proprio personale punto di vista. Ma si deve poi definire, attraverso una serie di meccanismi democratici interni, qual è la posizione, unitaria del partito. Penso ai temi legati all’etica, ad esempio: dalle unioni civili, ai diritti degli omosessuali, alla procreazione assistita. E’ lì che oggi il Pd mostra tutta la sua fragilità. Ed è lì che il nuovo segretario, chiunque sarà, dovrà farci fare un salto di qualità.
E il Pd di casa nostra, Borioli? C’è chi dice: ‘sono l’unico partito organizzato, ma senza idee: non sanno fare proposte utili al rilancio del territorio’. Cosa risponde?
Che i partiti oggi abbiano una grande difficoltà a svolgere un ruolo di cerniera tra gli elettori e i leader, e a porsi come ‘intellettuale collettivo’, per dirla con Gramsci, è verissimo. Del resto è cambiato il mondo attorno a noi, e questa è una delle conseguenze. Che il Pd alessandrino, però, sia inoperoso è falso. A partire dalla vicenda del comune di Alessandria, che ha visto e vede il sottoscritto, Fornaro e Bargero impegnati in prima linea, a Roma, alla ricerca di soluzioni. Che significa essenzialmente più tempo per raggiungere il pareggio di bilancio, e la possibilità di ‘sfilare’ Alessandria dalle sanzioni connesse al mancato rispetto, negli anni scorsi, del patto di stabilità. Sono due meccanismi ai quali stiamo lavorando, e speriamo che trovino riscontro e applicazione all’interno della legge di stabilità.
Sul tema del dissesto, però, tra Pd e Cgil si è consumata una rottura storica: è stato ed è scontro vero…
Davvero credo che lì Susanna Camusso abbia parlato essendo disinformata sui contenuti della normativa. Rita Rossa e la sua giunta non avevano alternative: o si dichiarava il dissesto, o si rinviava tutto al Prefetto, con conseguente commissariamento. E oggi saremmo già di fronte a centinaia di licenziamenti, che invece finora sono stati scongiurati, e che dobbiamo fare in modo di riuscire ad evitare ad ogni costo. Però se tu hai un infarto in corso, non basta negare di averlo, per cancellarlo. Se non lo curi, rischi di morire. E così è per i debiti del comune di Alessandria: per un po’ puoi nascondere la polvere sotto il tappeto, poi ne vieni sommerso, come è successo.
Ma alcuni dicono: bastava fare un ricorso al Tar, e nel frattempo sarebbe andata in porto la nuova normativa ‘salva comuni’ del governo Monti. E poi i sindacati lamentano il fatto che la polvere sotto il tappeto loro volevano e vogliono eliminarla, ma entrando nel merito del come: e il centro sinistra da un anno si sottrarrebbe ad ogni confronto concreto…
La normativa Monti è entrata in vigore mesi dopo e, ripeto, all’epoca per Alessandria l’unica alternativa al dissesto sarebbe stata un doloroso commissariamento. Peraltro i comuni che hanno beneficiato della la procedura pre-dissesto hanno avuto accesso al fondo rotativo, a cui successivamente, grazie al nostro intervento, ha potuto accedere anche Alessandria. Ma si tratta in fin dei conti di prestiti, che vanno restituiti. E se il debito c’è, va comunque affrontato alla radice, per evitare che si incrementi ancora. Per quanto riguarda il confronto con i sindacati: per diverse settimane, ogni lunedì mattina, i parlamentari del centro sinistra si sono incontrati con il sindaco e i sindacati, per fare il punto della situazione e muoversi in maniera coordinata. Poi quel tipo di confronto diretto è stato sospeso, e forse è stato un errore, ma da qui a sostenere che il Pd non ha a cuore la sorte dei lavoratori comunali e delle partecipate decisamente ce ne corre. Non è così: noi stiamo facendo davvero tutto il possibile, e Silvana Tiberti lo sa bene.
Però, senatore, Alessandria non è solo il comune: c’è tutto un territorio che sta boccheggiando, e una comunità di lavoratori privati, autonomi, piccoli imprenditori. Come se ne esce?
Bisogna sfruttare alcune opportunità, che ci sono. Anche qui, faccio elenco puntuale. 1) I tribunali di tutta la provincia (a parte Casale che graviterà su Vercelli) saranno trasferiti ad Alessandria. Questo significa che la riforma della giustizia, se ben gestita, potrà essere un grande motore di sviluppo, edilizio e professionale. Si tratta di dare corpo, coinvolgendo l’Università, a quel progetto di costruzione di un network della giustizia, alla ex caserma Valfrè, che vada dai tribunali al campun universitari, a spazi magari per studi di avvocati. Insomma, davvero un progetto di alto profilo. 2) Il polo sanitario alessandrino conta già oggi su tre realtà di eccellenza come l’Ospedale Civile, l’Infantile, il centro riabilitativo Borsalino. Uno straordinario bagaglio di competenze, su cui investire. Penso all’esigenza di un nuovo ospedale, ossia di una struttura moderna, evoluta, funzionale, in grado di ospitare tutte e tre le realtà citate. E penso a tutto l’indotto, a partire ad esempio dalla produzione delle protesi, in connessione con l’evoluto polo dell’industria della plastica presente sul nostro territorio. 3) La logistica, a cui francamente ho cercato di dare impulso anche in passato, come assessore regionale, creando le condizioni per il suo sviluppo. Oggi molte cose sono cambiate, ma l’alessandrino rimane uno snodo dalle grandi potenzialità. Penso al Terzo Valico (naturalmente a fronte delle massime garanzie sul fronte della sicurezza ambientale, che sono priorità assoluta: ma non mi pare che esistano rischi tali per cui si debba giustificare l’interruzione dell’opera), ma anche allo scalo merci di Alessandria, e a come potrebbe e dovrebbe evolvere, diventando un punto di riferimento del trasporto merci su rotaia. Serve un progetto serio, di rilancio complessivo della logistica del territorio, che vada naturalmente a legarsi in maniera stretta con le infrastrutture di connessione tecnologica, a partire dalla banda larga.
Grandi progetti senatore, che riportano però alla necessità di un coordinamento, di una cabina di regia. Chi deve e può farla, questa regia?
Non ho dubbi: il Comune di Alessandria. Naturalmente coinvolgendo un ampio fronte di soggetti pubblici e privati, e valorizzando le competenze di ognuno. Ma le redini, superata la logica dell’emergenza di questi mesi, deve tenerle saldamente in mano il sindaco di Alessandria. E rimettere in moto la speranza di un intero territorio che ha tutte le carte in regola per tornare ad essere attrattivo, in termini di investimenti, se riesce a mettere in campo progetti di ampio respiro. Abbiamo le carte in regola per provarci: dobbiamo soltanto crederci.
Ettore Grassano