Con la frase “Alfano mi pare che oggi abbia assunto una leadership molto forte e molto marcata. E’ stato sfidato e ha vinto la partita”, Enrico Letta mostra di avere un inaspettato senso dell’umorismo, insieme ad una perfidia democristiana d’antan, di quelle pesanti. Ma, a parte questo dettaglio, cosa è emerso ieri, nel corso della video intervista del premier su Sky?
Al di là dell’ansia di dichiarare concluso il berlusconismo per via politica (menzogna colossale: senza la guerra con la magistratura, che lo ha annientato, vi pare che burocrati ‘mai giovani’ come Letta e Alfano avrebbero potuto non diciamo sconfiggere, ma anche solo affrontare politicamente il Berlusca, e batterlo sul piano del consenso democratico? eddai…), quel che interessa a noi italiani che viviamo fuori dai Palazzi della politica, nell’Italia reale, è soltanto la nostra sorte di cittadini, di lavoratori, di persone ‘fiaccate’ e scoraggiate da uno Stato che siamo noi solo nelle canzoni. Nei fatti, lo Stato sono loro: che ce la suonano, ce la cantano, e soprattutto ce la raccontano come gli pare.
A noi, dunque, poco interessa se tecnicamente la terza repubblica parta ora, o alle prossime elezioni politiche (che a quanto pare non saranno prima del 2015). E ci frega anche pochissimo del ‘morboso’ desiderio di don Mazzi di fare lavare a Berlusconi piatti e cessi comuni della sua comunità, o fargli coltivare pomodori per redimerlo dalla sua solitudine di uomo e via discorrendo. Perchè, tra l’altro, appena in Italia scatta una condanna giudiziaria si debba aprire la corsa alla redenzione spirituale ed esistenziale (magari a prescindere dalle esigenze del condannato, anzi contro la sua volontà) è un altro bel mistero, e pittoresco elemento su cui riflettere.
Comunque: a noi preme invece che il governo in carica ci dica, con chiarezza, che ne sarà dell’aumento dell’Iva e della benzina di pochi giorni fa (che vuol dire: “lavoreremo per mettere ordine nelle aliquote”, mister Letta?), se a dicembre pagheremo o no l’Imu, e se la Tares sarà la ‘cannonata’ che tanti temono, e che rischia di far passare un Natale penoso a milioni di italiani. E poi ci piacerebbe capire se, nel 2014, le piccole-medie imprese continueranno a chiudere e a trasferirsi in Svizzera, Carinzia e Croazia (fenomeno in crescita dilagante), e quelle grandi a passare in mano straniera. Se si faranno, e a quali costi, le grandi opere, se la spesa pubblica sarà ridotta e in che modo, e se per avere una prospettiva di vita e lavoro gli italiani (soprattutto quelli più capaci, e dinamici) dovranno sempre più trasformarsi in emigranti, come già sta succedendo.
Questo ci interessa sapere, mister Letta: e non che continuiate a ripeterci, come un mantra salvifico e liberatorio, che il berlusconismo è finito. Noi stiamo tutti quanti parcheggiati sull’orlo del burrone, con il fiato sospeso: altro che berlusconismo!