Sono felice di portare in giro per il Piemonte il mio romanzo Sangue di tutti noi che racconta l’omicidio del dissidente comunista Mario Acquaviva. Qualcuno si mostra interessato e cela una vena di curiosità per saperne di più, altri (pochi per la verità) si appassionano e mostrano più che un semplice interesse.
Certo che questa storia me la tengo dentro dopo averla scritta con tanta passione e mi sorprende con altrettanta passione una storia simile a quella di Mario Acquaviva, ma ancor più ricca di avventura.
Scopro con assoluto piacere questo film documentario di Giancarlo Bocchi, Il ribelle. Narra l’avventura di un libertario che visse da protagonista la storia d’Italia e d’Europa del novecento, che si battè per l’affermazione della giustizia sociale e si opponeva con tenacia a ogni forma di totalitarismo.
Il protagonista è Guido Picelli, parmigiano, rivoluzionario, antesignano di Ernesto Che Guevara, grande teorico della guerriglia. Sconfisse con i suoi quattrocento arditi i diecimila fascisti di Italo Balbo durante i cinque giorni della battaglia di Parma.
Autore di gesti eroici e clamorosi, ridicolizzò il regime fascista innalzando la bandiera rossa sul tetto del palazzo del Parlamento italiano.
Perseguitato, sfuggì al regime fascista e si trasferì in Russia, nella patria del proletariato. Qui in dissenso con la politica di Stalin e critico verso lo stalinismo si allontanò quasi clandestinamente, raggiungendo a Parigi. In Francia contattò Julian Gorkj del POUM che lo invitò ad andare in Spagna per prendere il comando di un battaglione di miliziani.
Il 5 gennaio 1977 Picelli fu colpito a morte da una scarica di mitragliatrice in un combattimento vicino a Guadalajara, ma pare che la pallottola che ha messo fine alla sua esistenza sia partita alle sue spalle dal cosiddetto fuoco amico.
Picelli, come Acquaviva, un comunista scomodo, ma un comunista. E ciò che lo accomuna a Mario Acquaviva, il Mario Acquaviva che io racconto in “Sangue di tutti noi”, è la critica all’immobilismo delle forze di sinistra e il settarismo dei suoi dirigenti davanti all’avanzata capitalista.
Coloro che tengono divise le masse sono dei piccoli uomini che vogliono essere valorizzati per conformarsi in autorità che non hanno. Sono soltanto egoisti e speculatori che subordinano ai loro interessi personali quelli della collettività
Chissà se Picelli e Acquaviva vivessero il nostro tempo cosa direbbero?