Per chi avesse letto la coda dell’occhio di lunedì scorso che si occupava fra l’altro di genitore uno e due accludo due post che ho trovato sul ‘Foglio’ e più precisamente nella bella rubrica Hyde park corner:
E perché allora non “genitrice 1” e “genitrice 2”? Trovo la declinazione al maschile una discriminazione intollerabile. Scrivo subito a Strasburgo.
Monica Lughetti
Ieri ero a cena con una coppia che aspetta un bambino. Scherzavano tra di loro chiamandosi genitore uno e genitore due, all’ennesima volta che lui chiama lei genitore due, lei risponde – genitore due un cazzo, tu per dieci minuti d’attività saresti il genitore uno ed io dopo otto mesi di rotture di palle sarei il genitore due? – Urge ricorso al Tar per compilazione graduatoria genitoriale..
Andrea Pierotti
E veniamo all’argomento di oggi. Il sito inglese www.kaz-type.com (che come mission ha quella di insegnare tecniche di digitazione veloce) ha condotto un sondaggio tra 2.000 persone di nazionalità inglese che sono state interrogate sulle 20 ‘abilità’ che sarebbe indispensabile possedere nel mondo moderno e sulle 20 giudicate ormai non più utili. Non conosco la ratio statistica del campione ma volendo prenderlo per buono, i risultati lasciano perplessi. Vediamo.
Una buona parte dei giudizi appaiono scontati, altri invece sono sorprendenti. Al primo posto naturalmente si colloca l’abilità di compiere ricerche su Google, seguita da quelle di usare il cellulare (ma già lo usano anche i bambini, figuriamoci!), collegarsi al wifi e a fare banking online. Ma al quinto appaiono testualmente “Imparare a cucinare”, al sesto “chiudere le condutture dell’acqua” e al settimo “sapere quale contenitore usare per la raccolta differenziata”.
Ci troviamo di fronte a un singolare vuoto cognitivo. Ma come? Ti chiedono di elencare quelle abilità che ritieni indispensabili per muoverti nel terzo millennio e tu ci metti dentro risposte di questo tipo? Tralasciamo la cucina, ma di fronte alle altre due scelte, il buon senso, per non dire la ragione, si arrende. A meno che gli standard dell’idraulica e della raccolta differenziata in Inghilterra siano completamente diversi dai nostri e soprattutto così complicati da richiedere abilità specifiche. Mah…
E le sorprese continuano, perché scorrendo la top 20, accanto a indicazioni persuasive (usare i sistemi di privacy online, scaricare un programma, entrare in Facebook, fare un check-in online di un volo ecc.) troviamo “usare la calcolatrice”, “usare una cassa self-service”, “riscaldare il cibo nel microonde” e al conclusivo numero venti “cambiare le impostazioni del termostato”. Come a dire che se incontri qualcuno, per capire se è up to date o no gli chiedi se sa usare la calcolatrice (a meno che ci sia dietro un raffinato rimando al calculemus di Leibnitz, ma ne dubito) e il microonde?
C’è da stupirsi di fronte a questa che non so definire altrimenti che come carenza percettiva, ma le sorprese forse più grosse arrivano dalla seconda lista che è stata riservata alle ‘abilità’ che il campione statistico ha giudicato non più necessario per essere al passo con i tempi.
Che non sia più indispensabile saper rammendare e cucire, lavorare a maglia, lucidare l’argenteria, fare il pane fresco (ma sono almeno cent’anni che il pane fresco, almeno in città, si compera dal panettiere); montare una tenda (perché prima era indispensabile?), scrivere cartoline (d’accordo, ma era un’abilità?), possedere una bella calligrafia possiamo anche capirlo. Quello che non ci convince è che venga giudicato inutile ormai “conoscere una lingua straniera”. Vero è che con l’inglese si gira il mondo senza problemi, ma possibile che lo studiare un secondo idioma venga considerato soltanto una perdita di tempo? Proprio nessuna curiosità, magari per il cinese o il russo? Per capire un po’ meglio il mondo e attingere direttamente a sterminati giacimenti culturali? No, tempo perso. Come lo è, a detta del sondaggio, anche “conoscere le capitali del mondo”. E già perché perdere tempo, basta andare su Wikipedia! E per chiudere in bellezza citerò ancora l’assoluta inutilità, sancita dal sondaggio, del “conoscere il Galateo a tavola”.
Poiché, come detto sopra, il sito in oggetto si occupa di corsi di digitazione, credo probabile che il panel sia composto da persone di giovane età, diciamo dai quindici ai trent’anni. Se è così c’è da aver paura di questo primitivismo utilitaristico in cui non trova spazio neanche un barlume di interesse culturale come neppure il minimo rispetto per la storia e la tradizione. Tutto finito allora? Tutta una civiltà plurimillenaria messa in non cale? Può darsi, vista la tendenza dei giovani a trincerarsi dentro una impermeabile autoreferenzialità.
E allora mi piace chiudere questa ‘coda’ con una citazione da uno scrittore statunitense che mi riporta in un mondo in cui mi trovo maggiormente a mio agio:
“Alla lunga le ‘piccole’ virtù sono le sole che contano. La buona educazione è più importante della lacrimose virtù della compassione, della carità, della sincerità; così come il far play è più importante dell’astratta nozione di giustizia. Le grandi virtù tendono a disintegrarsi sotto le pressioni di un’adeguata razionalizzazione. Ma le buone maniere sono le buone maniere, e restano immutabili nella tempesta delle circostanze”.
Trevanian (Rodney William Whitaker), Il ritorno delle gru, 1979.