Matteo, l’unico erede di Silvio [Controvento]

Berlusconi Renzidi Ettore Grassano

Che cosa capisce, un osservatore esterno, delle continue diatribe interne al Partito Democratico? Semplicemente, che da mesi il Pd non è neanche in grado di arrivare a individuare in maniera serena il proprio segretario. Problemi di regole, di procedure e altre sciocchezze: timore, in realtà, che succeda l’ineluttabile.
Eppure è l’unico partito davvero organizzato che ancora esiste nel Paese, o così amiamo ripeterci. E forse è questo il motivo delle tensioni: il timore che che salti l’organizzazione, la struttura, con ciò che ne conseguirebbe.

L’impressione dell’elettore medio, e non ideologico o post ideologico, è che ci sia un  unico esponente di quel partito, oggi, in grado di convincere la maggioranza degli italiani a votare Pd, e si chiama Matteo Renzi. Ma è anche colui che, almeno potenzialmente, se avesse le redini del partito (e del Paese: non crediamo gli interessi il primo passaggio, senza il secondo), cercherebbe di cambiarlo a fondo, e di mandare in pensione una serie di figure che rappresentano altrettanto macro e micro reti di relazioni e potere (anche qui: potere sempre più consunto, moribondo: ma comunque potere). E costoro, come naturale che sia, non intendono ‘mollare l’osso’, se non sostanzialmente costretti dagli eventi.

Attenzione: non stiamo dicendo che la ricetta Renzi (per certi versi nebulosa, piaciona, sloganistica. Diciamola tutta: berlusconiana) sia ‘er mejo’. Semplicemente che, a sinistra, genererebbe sconquasso, cambiamento vero, e crescita di consenso.

Gianni Cuperlo, persona gradevolissima e di grande preparazione, in questo gioco delle parti incarna evidentemente l’anima d’alemiana, e più in generale dell’ex Pci. L’apparato insomma: quello che teme Renzi più di uno tzunami, e preferirebbe continuare con le larghe intese, gli inciuci, e persino le sconfitte se ciò significasse mantenere ampie fette di manovra, in una logica spartitoria.

Poi c’è Beppe Civati, che la logica massmediologica ha già ridotto al ruolo di outsider, e che è coetaneo di Renzi, ma assai più raffinato e meno ‘mordace’, e quindi destinato ad un percorso èlitario.

Matteo Renzi piace al popolo che non sa di politica, signori. Questa è la verità. In ciò è assolutamente l’erede di Berlusconi, e capace di suscitare analoghi entusiasmi.
Se andasse alle elezioni contro il coetaneo Alfano (che per brio e verve sembra suo nonno, e ha il carisma di un palo della luce: un po’ come Letta jr.) non ci sarebbe partita. E questo, per l’apparato da sempre perdente (ma sempre vincente, ad altri livelli meno visibili) del principale partito del centro sinistra, sarebbe probabilmente insopportabile. Bella storia, eh?