‘A colpo d’occhio’, ‘mi salta all’occhio’, ‘strizzare l’occhio’, ‘dare un’occhiata’, ‘tenere gli occhi aperti’, ‘sognare a occhi aperti’. Sono molti i modi di dire che prendono origine dall’organo della vista. Ma ce n’è uno che più degli altri può aprire nuovi spazi di percezione sia fisica che mentale. Ed è ‘la coda dell’occhio’, quella che i medici definiscono come ‘visione laterale’ perché consente di cogliere quello che non rientra direttamente nel campo visivo, ma rimane ai lati, che viene percepito più che visto, che balugina per un attimo alla coscienza per poi scomparire, ma che può segnalare un pericolo, un particolare altrimenti trascurato che può aprire importati scenari su una realtà diversa, a volte sorprendente.
Ecco che allora con la coda dell’occhio ci proponiamo di raccogliere e segnalare le manifestazioni di una ‘realtà altra’, non compresa tra le correnti di narrazione, come si dice oggi, mainstream, ma capace di aprire nuovi spiragli e magari nuovi orientamenti. Quello che mi interessa è uscire dalla rigida consequenzialità, dalla logica ternaria che impone l’ormai stucchevole sequenza della tesi-antitesi-sintesi, dall’imbrigliante ricerca ufficiale (magari guidata dalle multinazionali del farmaco) che avrebbe probabilmente bocciato anche Pasteur, Fleming e Sabin.
Come si dovrebbe sapere le rivoluzioni non prendono il via dai padri, ma spesso dagli zii e il progresso della civiltà contempla spesso la mossa del cavallo che in questo discorso introduttivo assimilo alla coda dell’occhio, a sua volta assimilabile al ‘Pensiero laterale’ o ‘Pensiero divergente’, modi di approccio recentemente teorizzati per tentare di risolvere i problemi che la catena logica non riesce a dipanare cercando intuizioni, suggestioni, punti di vista alternativi all precetto sequenziale, che mai come oggi, personamente, vedo segnare il passo.
E allora chiudo facendo non facendo un esempio, ma mettendo in contatto due realtà non assimilabili che dovrebbe nell’essere accostate, provocare uno shok e cioè la liberazione di nuova energia.
Ogni mossa, ogni parola di papa Francesco viene enfatizzata dai media, qualche volta, bisogna pur dirlo, ai limiti dello stucchevole. Ebbene tra i suoi gesti e i suoi discorsi quello che ha ricevuto meno spazio mediatico e meno commenti è stata la sua condanna del ‘politicamente corretto’ di cui ha messo in luce la carica di ipocrisia nell’edulcorare la realtà e di violenza nel burocratico imporre costruzioni lessicali palliative che in ultima istanza vengono ad offendere la dignità di chi ne è oggetto. Parole davvero sante. Ma, contemporaneamente, con la coda dell’occhio, ho colto le iniziative degli assessori di Venezia e di Bologna che hanno proposto – naturalmente per evitare di ferire la sensibilità di alcune minoranze di diversi orientamenti sessuali – di sostituire, come già fanno in Francia, sui certificati di nascita e di famiglia le parole ‘padre’ e ‘madre’ con le diciture ‘genitore 1’ e ‘genitore 2’.
Così, mentre il Papa ci richiama tutti al principio di realtà, assessori e politici , privi di ogni senso del ridicolo, proseguono imperterriti nella loro opera di travisamento del reale nascondendolo sotto ripetute ‘mani’ di vernice politicamente corretta. Senza contare che così facendo, oltre a smentire la natura e il buon senso, offendono la sensibilità della maggioranza degli italiani che ad essere chiamati papà e mamma ci tengono eccome. Ma forse non siamo più in democrazia e la maggioranza non conta più niente.