Altro che voltar pagina, e guardare oltre il dissesto, verso nuove forme di sviluppo, e anche di organizzazione della macchina pubblica locale.
L’intervento (duro, durissimo) di Susanna Camusso alla Camera del Lavoro di Alessandria è stato come uno schiaffo che ci ha riportati ad un presente di criticità irrisolte, e di totale incertezza. E per parlare di futuro si deve passare per forza di lì, da una via strettissima, con annessi scontri fratricidi, e contorno di jene e sciacalli.
Da sempre siamo convinti che sia sbagliata, forzata, dannosa e ingiusta l’identificazione tra comune (e sue partecipate) e città. E, in questo Rita Rossa ha ragione, il costo oggi insostenibile di quella macchina non può continuare a ricadere su tutta la comunità. Ma cosa è stato fatto fino ad oggi per migliorarne l’efficienza? Assai poco, o comunque con risultati sconfortanti. Nel week end ovunque c’erano cassonetti ricolmi di rifiuti, per dire: fòssi compresi, in periferia. Eppure noi contribuenti quel servizio lo strapaghiamo. Ossia lo paghiamo più di quel che vale, e ci viene dato. Ha senso continuare così? Un amico mi ha raccontato in questi giorni che da un anno (12 mesi) cerca di ottenere da Amag (la famosa cassaforte) un rimborso di 200 euro indebitamente pagati nel 2012. E viene ‘rimbalzato’ di stagione in stagione, perchè probabilmente non conosce personalmente e amichevolmente un addetto che gli risolva la questione. Ha senso continuare così?
Quando Susanna Camusso, dopo la stoccata ‘alessandrina’, giovedì ha continuato la sua analisi della situazione nazionale, mescolando diversi elementi condivisibili ad una difesa a spada tratta del lavoro pubblico, ci è venuto da scuotere la testa. Ma no, ma no: se l’efficienza della macchina pubblica è questa ad Alessandria, vi immaginate cosa può essere in altre parti del Paese? Se i sindacati (non solo la Cgil) si ‘infognano’ su posizioni di questo tipo, si infilano in una trincea in cui potranno resistere un altro po’, ma soltanto difendendo inefficienza e spreco. Non funzionerà. Altra questione sarebbe proporre un nuovo modello di agenzie pubbliche, misurate in termini di responsabilità, efficienza, innovazione, produzione di valore e servizi. In un contesto simile, i dipendenti pubblici potrebbero essere anche raddoppiati, se fossero vòlano dell’economia, e non zavorra. Ma ci sembra uno scenario di là da venire, francamente. E probabilmente realizzabile solo da nuove generazioni di soggetti in campo.
Poi naturalmente c’è la questione (molto alessandrina) dei dipendenti pubblici di oggi, che non possono essere scaricati (famiglie e figli agli studi compresi) in mezzo ad una strada: crediamo che si possa essere tutti, o quasi, d’accordo su questo fronte. Ma neppure è possibile rivendicare ‘il posto’ a priori e oltranza, come diritto inalienabile, a prescindere da contesto, ed efficienza. E senza neppure concepire di poterlo modificare in termini di ruolo, compiti e responsabilità.
La logica in base alla quale tutti coloro che hanno vinto un concorso (e non apriamo neanche la parentesi della trasparenza: non è questo il punto vero, oggi) quindici o vent’anni fa, oggi sono intoccabili, non regge. Semplicemente perché non è vero, e lo sarà sempre meno. Soprattutto se non si smette di difendere ‘il posto’ di lavoro in quanto tale, prescidendo dalla produttività dello stesso.
Torniamo ad Alessandria dunque. Ha ragione Rita Rossa (e il Pd, che sembra sostenerla), o hanno ragione la Cgil, i sindacati tutti, e chi più in generale sostiene (anche da destra: lì sono quasi tutti statalisti, del resto) che il problema sta altrove?
Il dramma vero, qui a casa nostra, crediamo sia stato, in questi 15-16 mesi, l’assoluta mancanza di dialogo, e di confronto concreto fra le parti.
Ed è paradossale, perchè il sostegno dei sindacati (checché si sostenga pubblicamente) fu essenziale al centro sinistra per vincere, con uno scarso consenso in termini assoluti, le elezioni di maggio 2012. Da lì in poi, ci si sarebbe aspettati magari non proprio un governo a braccetto, pappa e ciccia, ma certamente uno spirito di confronto vero che oggettivamente è mancato, o non saremmo arrivati a questo punto.
Se sia mancato perché il sindaco ha cambiato posizione, e ha preferito ascoltare altri consiglieri e ‘campane’, o per altri motivi, non è dato saperlo. Forse semplicemente si è scelto di ‘palleggiare’, in attesa che fosse Roma a toglierci le castagne dal fuoco, ma che dal governo centrale non arriveranno soluzioni ‘salvifiche’, in grado di garantire ad oltranza lo status quo, ormai pare evidente a tutti.
E allora? Avanti tutta con Rita Rossa e il centro sinistra, o commissario, come vi chiediamo nel sondaggio della settimana?
Part time per una parte dei dipendenti (ma anche qui: esistono leggi da rispettare, si devono aprire tavoli di confronto e trattativa), licenziamenti con ammortizzatori sociali adeguati, incentivi all’esodo o che altro? Sullo sfondo, rendiamocene conto, non c’è uno Stato sano e forte su cui poter contare, ma l’Italia appesa ad un filo di questa fine 2013. E, lo ribadiamo, il Paese non è fatto (per fortuna) solo di parastato e di impiego pubblico, e non va ‘paralizzato’, o davvero al precipizio non ci sarà fine.
Insomma, se Alessandria rimane quella di questi mesi, ve lo immaginate voi un imprenditore piccolo o grande che decide di investire a casa nostra?